Erica Mou, la voce delle emozioni
di Francesco Altavista
Tito – Capita a
volte che qualcosa di meraviglioso entri in un auditorium come quello del
centro per la creatività “ Cecilia” di Tito, sabato scorso nell’ultimo
appuntamento del festival “ If 6 was 9”
. Capita che i propri pensieri si intreccino uno con l’altro solo per creare
una corda abbastanza resistente per
legare quell’esistenza a se stessi, per portarla sempre con sé per
impregnarsi di odori, di profumo unico e d’essenza. In queste situazioni si
cerca sempre un’armonia giusta in testa, se poi la musica viene dal palco dove c’è Erica Mou allora si è all’apoteosi
della passione artistica, dove ogni secondo, ogni istante è da incastonare per
sempre nella memoria. L’ultimo concerto
della rassegna organizzata dall’associazione “ Multietnica”, è polvere preziosa
dalla luminosità illimitata che l’ottimo gusto degli organizzatori ha offerto
al suo pubblico. Poco importa se poi troppe sedie dell’auditorium erano vuote,
la pochezza emozionale della scelta giovanile, di quelli che hanno preferito
fare altro, ha reso lo spettacolo molto intimo , con un rapporto quasi
affettuoso con l’artista sul
palcoscenico. Erica parte come
previsto, alle dieci e mezza , con lei
sul palco c’è un musicista di livello
internazionale Majiker anche
arrangiatore dell’album della cantatrice di Bisceglie in vendita tra l’altro
all’ingresso della sala. Un pianoforte a
mezza coda , la loop macine , la chitarra e una cassa nera adibita a tavolino
con sopra diversi oggetti, così si presenta l’intima scena , quando Erica parte con la bellissima "Harem". Il pezzo, come diversi nella scaletta,
è praticamente arrangiato dal
vivo con l’ausilio della “Loop”, con il maestro Majiker che trasforma gli
oggetti del tavolino in portatori di suono ed emozione e con le escursioni melodiche della voce di Erica . Il tempo di un brano e la cantautrice
pugliese, ha già bruciato i pensieri del pubblico, con il quale scherza, parla,
racconta la sua arte sempre con una
dolcezza che si stenta a definire umana e più vicina a quella di un angelo di
un paradiso terreno e aulico allo stesso tempo. Il secondo pezzo è la
straordinaria “ Oltre” , metafore di
matrice quasi “rimbaudiana “ , che ti trasportano come avrebbe detto il poeta
francese “altrove”. “ Vorrei dirti un
sacco di cose” provoca un applauso che
crea un dolcissimo imbarazzo in Erica e il suo grazie diventa un suono
celestiale. Il sound della cantautrice è davvero poco italiano, si ha la
consapevolezza che si sta assistendo non solo a qualcosa di unico ma anche alla nascita di una stella.
Mescolare insieme vicende apparentemente
banali come per esempio i “ talloni screpolati” a versi dell’Iliade è qualcosa
di prodigiosamente idilliaco; Erica dimostra al pubblico sì ingenuità ma anche
una consapevolezza intellettuale che affascina più della sua dolcezza. Dopo “ Epica” arriva la surrealista “ Vivere sul tuo collo” , ironia e sensuale
Erica crea il suo quadro del mondo e lo fa con sangue e cuore. Sembra di vivere
una sogno, un romanzo , come essere
nella rete dorata di “Remedios la Bella” che il genio Marquez scrive nel suo “ Cento anni di solitudine”.
Erica guarda il suo pubblico, i suo occhi riconoscono l’intimo di ciascuno. “
Nella vasca da bagno del tempo” pezzo sanremese, incanta come fa una dea che
balla sulle nuvole. “ La neve sul mare” e “ E’”
e “ Torniamo a casa” chiudono
dopo appena un’ora il concerto. Poi Erica torna due volte, stacca prima la
chitarra poi il pianoforte dall’amplificazione e si siede sul bordo del
palcoscenico. Canta due cover con un’umiltà colta :“ L’edera” e “ Una furtiva lacrima”. Regala al pubblico
un inedito indimenticabile “ Sincronia” , poi saluta tutti con “Tè”. Un concerto che indistruttibile avvelena la cute,
che dolce , passionale, ingenuo e aulico
come Erica accarezza catturando
le dita come si fa tra innamorati e trascende
in un atto d’amore vero e
proprio, uno di quell’agire che da soli
a casa, prima di assopirsi fa inondare i visi di lacrime di Bellezza.
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