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lunedì 23 maggio 2011

Eni e il modello lucano: Quarta forma del nichilismo assoluto


Che bello! L’Eni ha sospeso le sue attività d’estrazione per effettuare manutenzione e ammodernamento delle apparecchiature, operazione stabilita dalla legge, il tutto da fare in 25 giorni. Che bello, l’Eni potenzia i suoi impianti. Che bello, le aziende che dovranno effettuare i lavori cercano personale o meglio cercano dei servi, da assumere ogni tre mesi, eterni precari perché questa continua ad essere una regione maledetta che dimentica il suo popolo e in pompa magna rilancia le estrazioni di petrolio: sostituiamoci alla Libia, che bello! Eppure il governo di questa regione non sarà mai in grado di guadagnare sul petrolio quanto il paese del dittatore arabo. Ma non è di questo che voglio parlare. Non sono più un agguerrito sostenitore del no oil in Basilicata, che vengano pure a tirare tutto quello che vogliono. Siamo un popolo di vigliacchi, di maledetti vigliacchi. Siamo cani senza istinto alla vita. E non perchè le aziende che lavorano attorno al petrolio assumono i giovani per la manutenzione a termine, perché avere un lavoro a termine in Basilicata è come per una mosca avere la merda di vacca fresca. Questa regione è una vecchia puttana che non riesce nemmeno più a gemere quando viene sventrata dal vigliacco di passaggio. Dopo tre rinnovi, l’azienda è costretta ad assumere a tempo indeterminato, si forse in un mondo normale, no nel regno dei fantasmi. Passati dieci giorni di licenziamento, si torna tutto da capo nella terribile giostra del termine, della frantumazione dei sogni. Ma poi chi sogna più in Basilicata? Solo qualche faccendiere della val d’agri che si garantisce il potere intascando anime e soldi, di chi avendo dei figli scambia il tumore con la dignità Nella terra maledetta non c’è posto per un no alle estrazioni, perché per questa terra il progresso è un’entità che non va indirizzata dall’uomo , perché l’uomo è superato, l’uomo ha delle emozioni , l’uomo è vita. E allora per la manutenzione del gioiello della tecnica maledetta, del capitalismo immortale e sempre meno umano, si assumono giovani disperati pronti a sacrificarsi. Devono scendere nei pozzi, pulirli con contratti a termine al minimo sindacale , per dodici ore al giorno (ogni mezz'ora li fanno risalire) e se non torni fuori dal pozzo, poco importa una vittima del progresso. Proprio così le aziende addette alla manutenzione , non garantiscono la vita , la sicurezza dei propri operai. Ma no, in questa regione maledetta tutto cambia, ma dai, un giovane può morire, per la ricchezza dell’Eni e di questa entità senza anima che si chiama Basilicata, il progresso ha bisogno di sangue per far girare i suoi ingranaggi. Non garantiscono la vita dei propri operai:queste sono le parole che dicono a tutti quelli che arrivano disperati ai cancelli a chiedere dignità e lavoro. Non c’è posto per lacrime , affetti, rapporti umani, solo morte: la vita, già è scappata. Scegli o la vita o il lavoro, che bello! Il superamento dell’umano teorizzato dai filosofi , l’Eni con il suo capitalismo insieme a queste quattro aziende parassitarie l’ha raggiunto con l’annientamento della vita. Fanno naturalmente le visite mediche della morte, che bello! I medici cercano, ex muratori o altri che abbiamo respirato materiale dannoso, il massimo per loro i fumatori. Perché in caso di indagine su qualche morte o magari tumore o altre malattie ( capiterà sicuramente , questo è dato per certo) si dovrà dire che i polmoni erano già danneggiati, ai figli in lacrime, alle moglie , alle madri dovranno dire che è colpa loro, della sigaretta, in sostanza che è colpa della vita. Hanno mangiato troppo, hanno fumato troppo, il traffico, la polvere della legna, hanno amato troppo, sono stati troppo liberi, forse qualche volta da bambini hanno avuto la dignità e quella fa male, e poi quei pianti a teatro proprio non fanno bene!Sì,queste sono le cose che fanno male, che bello! Ma si continuate così, cosa serve la vita, cosa serve essere umani, cosa servono le lacrime se non a riempire il vuoto degli sciocchi che non credono al progresso del capitalismo senza spirito, al capitalismo dell’impulso tecnologico, al capitalismo del post umano. E si la morte ha superato la vita ed è colpa dell’uomo che è essere finito, essere che muore. E perché votare contro il nucleare, quella è tecnologia post umana, direi anche più nobile del petrolio. Perché non riempire i pozzi di scorie nucleari? Per il bene del capitalismo post umano. Perché insieme alle scorie nei pozzi non mettiamo anche i cadaveri specie di quelli più giovani per ingrassare questa terra nera? Metti che scopriamo che anche i cadaveri possono fare energia, anche quelli dei bambini malformati. Riempiamo i nostri boschi di pannelli solari, anche se non sono collegati alla linea elettrica come per le pale eoliche, tanto il post umano non ha bisogno d’aria , né del profumo della Bellezza. Poveri i nichilisti del passato, in questa regione siamo arrivati al quarto tipo di nichilismo assoluto: il primo era uccidere l’altro ma non era abbastanza, il secondo uccidere se stessi ma non era possibile goderne, il terzo lo teorizzò Anders sulla bomba atomica, ma anche questa non era abbastanza. Il post umano del modello lucano va oltre, uccide non solo uomini, cancella la vita, ma anche la storia di un territorio con i suoi profumi, distrugge la bellezza, il tutto con la consapevolezza di un popolo, una sorta di suicidio collettivo. Il massimo del nichilismo, che bello!. Andare a braccetto con il nulla, con la fine di tutto, siamo protagonisti e vittime del gesto di morte collettivo, che bello! Viva il petrolio!viva il capitalismo post umano! Siamo alla fine dello slancio filosofico del nichilismo assoluto che coincide come sempre con la fine del godimento.

domenica 15 maggio 2011

Gianfranco Vissani e la cucina di Maratea



da " Il quotidiano della Basilicata"

Vissani nella perla del Tirreno
"Che posti, che sapori"


di Francesco Altavista

Maratea – Il 29 Aprile scorso le telecamere hanno fatto ritorno nella cittadina di Maratea. Questa volta non si tratta di un film, come lo era stato per “ Basilicata coast to coast” ma per la Rai e il programma “Linea verde” di Gianfranco Vissani. Il grande cuoco internazionale , grande conoscitore anche di usi e tradizioni ha fatto capolino tra le viuzze marateote, alla ricerca dei sapori. La puntata sarà trasmessa il prossimo 5 giugno alle 10:30 su Rai Uno, in anteprima il maestro chef Vissani si concede per un’intervista esclusiva a “ Il quotidiano della Basilicata”.

Maestro Vissani, lei un po’ per passione e curiosità, un po’ per il programma “ Linea verde” ha girato tante città italiane. Come le è sembrata la cittadina lucana di Maratea ?

Non ero mai stato a Maratea, è un posto straordinario, una chicca, un gioiello. Un qualcosa che tutti dovrebbero vedere e conoscere. Con quel Cristo immenso alto che guarda tutti che domina il mare; quelle frastagliatura della costa, sembra un paesaggio incontaminato, la vita, il tempo, la storia , Cristo si è fermato a Maratea. Pensa che ho trovato una pasticceria che prende le paste da un cassetto, è un qualcosa di meravigliosamente nobile e antico.

Lei è notoriamente molto curioso e uno scopritore di sapori e di piatti, ha trovato piatti nuovi o interessanti a Maratea?

Non ho trovato piatti nuovi ma ho trovato la semplicità, la genuinità, quel borgo , quella piazzetta; queste cose ti prendono dentro. Ci sono piatti conosciuti ma dai sapori tipici e nuovi: un incredibile caciocavallo, un piatto buonissimo che fate con le viscere, ho provato una cernia meravigliosa da un sapore avvolgente e poi sono incredibili quelle mozzarella a treccia. Avete uno stimolo diverso , un piglio artistico culinario molto particolare ,una visione della vita totalmente diversa e straordinaria.

Maratea rappresenta sicuramente un fiore all’occhiello per il turismo lucano, gode da tanto tempo dell’attenzione artistica e turistica. Il film di Rocco Papaleo che parte proprio dalla cittadina marateota, mostra diversi prodotti tipici lucani con l’obiettivo del turismo. Come la cucina e la ristorazione può veramente diventare d’aiuto al turismo?

Certamente curare i locali che non siano freddi ma simpatici. Accogliere i clienti con i prodotti del luogo, dando un significato ai piatti che si fanno, raccontare una storia con quello che si cucina, avere il coraggio di spingersi oltre. Certamente un problema di Maratea non è l’ospitalità che è molto sviluppata ne avete tantissima. Le case che si trovano in questa natura incontaminata, sono in un certo senso aperte, rappresentano la porta verso un mondo meraviglioso di sapori e saperi. La ristorazione si deve fare ma la cosa importante è il cibo che deve essere sano. Penso alla vostra “pollo imbottito con i fusilli”, si può fare anche in una costruzione ridotta, meno grassa, meno strutturata, più veloce e leggera. Ci vuole coraggio in cucina. Questi luoghi magari difficili da raggiungere, ma che ti fanno sognare, rappresentano la vita . E’ proprio in questi luoghi che si fa un paese , un popolo, un’identità

Se dovesse costruire un menù marateota in un ristorante magari di lusso aperto ad un pubblico dal palato fine , quale piatto secondo lei non deve mancare?

Non deve mancare niente, tutta la cucina di Maratea è qualcosa di meraviglioso. Bisogna fare più attenzione ai piatti e dare un senso a quello che il pubblico ha davanti: magari meno conditi,più signorili, il piatto è come una bella donna. E’ bella di nascita ma magari è grassottella, non curata, se dopo un po’ di tempo la vedi più magra,più curata, più elegante,più accattivante non la riconosci più, perché è divenuta straordinariametne bella eppure è sempre la stessa.. La cucina è questo: calore, umanità e bellezza.

Ricerca della tradizione e ristorazione di lusso, sono due elementi che la contraddistinguono a livello mondiale. Come è riuscito a coniugarli ?quale è il segreto?

Ho dato la mia vita per questo mestiere , per conoscere per sapere, ho ricercato la nostra territorialità. La voglia di fare, di conquistare, di strabiliare ma non per andare sui rotocalchi, sui nostri giornali, sui media. Strabiliare per se stessi, per darsi forza.

Io una sua famosa frase lei dice che la cucina è cuore ed emozione, questa idea di cuoco va molto aldilà del mero lavoro. Quando la cucina diventa emozione e quando il cuoco diventa un artista?

Le emozioni sono parte ineluttabile di noi stessi. L’emozione è quando facciamo un piatto, quando la creazione di una cosa bella proviene dalle nostre mani e dalla nostra anima. Le emozioni sono la materia dell’uomo. La cucina è l’espressione di questa materia come lo sono le arti in genere, porta meraviglia,riso, pianto, paura. Così si deve vivere la cucina per trasmettere emozione, in un certo senso darsi agli altri ed è ciò che deve fare un artista

Lei ha studiato da aiuto-cuoco a Spoleto nel 1967, poi però ha fermato i suoi studi, non ha frequentato il biennio di specializzazione per capo-cuoco,per girare il mondo e fare ricerca. Alla luce della sua esperienza che valore da : talento, studio e sacrificio?

Il talento uno lo ha è basta, non si costruisce. Sacrificio è elemento costante che collega il talento e lo studio, serve e ne serve tanto: sono necessarie le scottature, il sudore anche i momenti tristi . Lo studio serve per cominciare il cammino come il bambino che pian piano comincia a camminare, magari cade, soffre e continua e poi impara a scrivere perché qualcosa della sua vita deve rimanere. Il talento si dà, si mostra mentre si scrive. Sono tre cose inscindibili.

Una parola per descrivere cosa deve avere un piatto e cosa un cuoco?

Sono due cose correlate direi: l’umanità di un cuoco e la dolcezza di un piatto.

Lei è stato un pioniere della cucina in televisione negli anni 90 ( dal 1997 a Uno mattina). Oggi il cucinare in tv è diffusissimo. Quale è il suo parere sulle ricette tv?

Io penso che non sia stato un male o peggio un snaturarsi. Certo la televisione mostra quello che è il divertimento, un piacere vederla e se non piace si cambia. E’ chiaro che possiamo dire che in tv le ricette sono incomplete, difficilmente la gente a casa capisce bene come procedere nelle ricette, ma danno uno spunto da completare con la propria fantasia . Per quanto riguarda i cuochi, cucinare vuol dire altro, non di certo il facile guadagno della televisione.

Cosa è la Bellezza?

La Bellezza è vita , è noi stessi. La Bellezza è e si esprime in se stessa

martedì 3 maggio 2011

Mezzo uomo e mezzo istrione:Intervista a Massimo Ranieri

da " Il quotidiano della Basilicata"







L'istrione Ranieri con il suo recital a Policoro




di Francesco Altavista

Policoro – “Io sono un istrione”; forse solo con questo verso della canzone “ L’istrione “ di Charles Aznavour si può definire in modo sintetico ma straordinariamente completo il grande Massimo Ranieri. Il prossimo primo maggio sarà a Policoro nell’impianto sportivo “Pala Ercole” con il recital da cinquecento repliche “ Canto perché non so nuotare… da 40 anni”. Un appuntamento imperdibile con un mito dell’arte italiana, uno di quei miti che se si fosse nella gloriosa epoca dei filosofi e teorici dell’ ” Homo Sapiens” meriterebbe un poema epico: l’essere mezzo uomo e mezzo istrione. Il recital che presenterà a Policoro, in contemporanea con la manifestazione di Telethon, è costruito su aneddoti e ricordi d’infanzia dell’artista napoletano che porteranno il pubblico a riassaporare l’aria dell’”Italia povera con el scarpe lucide”. Particolarità della pièce è sicuramente la composizione dell’orchestra e del corpo di ballo, tutto composto da donne. Per firmare la scenografia e regia, Massimo Ranieri ha chiamato i migliori collaboratori artistici del panorama teatrale italiano. Gualtiero Peirce, co-autore dello spettacolo Maurizio Fabretti light designer, Franco Miseria coreografo e Giovanni Ciacci costumista. Giovanni Calone questo il nome di Ranieri quando nasceva il 3 maggio del 1951 in via Palonetto 41 a Napoli, quinto di otto figli. Ha vissuto i momenti più duri di una famiglia numerosa e povera, cantava per guadagnare e perché a differenza degli altri non sapeva nuotare ( da qui il titolo della pièce), poi ad appena 16 anni accompagna Sergio Bruni in una tournèe negli Stati Uniti con lo pseudonimo di Gianni Rock. Solo nel 1968 comincerà a chiamarsi Massimo Ranieri cantando: “ L’amore è una cosa meravigliosa”.Nel 1970 comincia a vincere premi come attore e nel film “ La Sciantosa” è sulla scena con la grandissima Anna Magnani. La sua carriera artistica ha una svolta nel 1980 incontra il suo grande maestro Giorgio Strehler. Il grande regista triestino completa la perfezione artistica di Ranieri che dopo aver saggiato la vita dura della povertà ora vede la fatica del teatro e del lavoro sul corpo e diventa esperto di arti circensi, mimo e ballerino di tip tap.Nel 1988 vince il festival di Sanremo con “ Perdere l’amore” , il suo pezzo più conosciuto. Un carriera incredibile, cinema , teatro , musica e tanto altro: a poche ore dal concerto Massimo Ranieri si concede per per una breve intervista per “Il quotidiano della Basilicata”
Maestro con questo spettacolo ha voluto fare un omaggio alla sfera femminile. Secondo lei quale è la figura della donna oggi e di risposta quale è quella dell’uomo?
La figura della donna è molto più presente ed ha riscoperto quel ruolo che in tempi passati l’era stato sottratto anche violentemente. L’uomo in questo ha sicuramente perso posizioni. Questo spettacolo mette in luce una figura della donna protagonista nella vita in genere ma in modo particolare nella mia. Il futuro è donna.
Lei continua a ricercare sempre nuove fatiche nel teatro e nello spettacolo. Dopo la fama perchè continuare a mettersi in discussione? Cosa è il successo?
Nella mia vita non ho mai comprato pantofole ma solo scarpe da ginnastica. Il successo per me quindi è quasi un grido che ti scuote, ti porta sempre a correre e perfezionarti e che non ti permette di fermarti.
Giorgio Strehler è uno dei suoi maestri. Ha certamente familiarità con il concetto di “corpo senza organi. Quel è il suo rapporto quando si parla di teatro con il suo corpo? Quando un uomo diventa artista?
Io personalmente alla corpo ho sempre anteposto lo spirito, l’anima , l’emozione. Gli insegnamenti di Giorgio Strehler e di altri autori mi hanno accompagnato e sostenuto per anni. Artista non si diventa. Si è sempre operai dello spettacolo e io mi reputo tale.
Ha portato il grande teatro di Eduardo in prima serata su Rai Uno, il 4 maggio ci sarà “ Napoli milionaria”.




Dopo la prima sera cosa secondo lei ha funzionato bene nell’esperimento in italiano e cosa invece non è stato capito?Una curiosità : E’ vero che al primo incontro con Eduardo lei è stato sgridato?
La fortuna ed il successo di Eduardo De Filippo aldilà del grande maestro che è , è che dalle alpi alla Sicilia tutti sono potuti entrare nell’animo di Filumena, una Medea al contrario. Qualcuno ha parlato di tradimento ma Luca, mi ha detto che la Rai , nel 1962, registrò una versione di Filumena, chiedendogli di italianizzarla un po’. Lui accettò senza problemi. Quindi nessun tradimento. Si è vero mi sgridò. Era 1981 , al Piccolo Teatro stavo provando con Giorgio Strehler. Eduardo mi disse “Perché lei non vuole lavorare con me?”. Io dopo che trovai la forza di rispondere dissi “Non è vero Maestro. Io sogno di lavorare con voi notte e giorno”. “Vabbuò” replicò lui. E se ne andò”.
Maestro, per lei cosa è la Bellezza?
La Bellezza è la Bellezza, non si può definire in altro modo. Ognuno di noi deve avere una sua idea di Bellezza.