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lunedì 26 novembre 2012

La mafia come metodo: Intervista Prof Tranfaglia

da " Il quotidiano della Basilicata"

Tranfaglia analizza la mafia come metodo



di Francesco Altavista 






Torino –  Le organizzazioni mafiose occupano un posto importante nella storia italiana , hanno un ruolo centrale  nell’Italia post –unitaria , ma le origini arrivano da prima, alla fine delle grandi rivoluzioni del settecento.  Radici così forti e cambiamenti così radicali nel tempo che hanno consentito alla mafia di  condizionare le scelte dello Stato, ne ha impregnato alcuni meccanismi e deve   quindi occupare uno spazio rilevante  nella discussione storica e politica della democrazia italiana. Chiunque voglia fare su  questo tema di  coabitazione tra mafia e Stato, una discussione sensata fuori da qualsivoglia banalità e populismo spicciolo, deve per forza confrontarsi con gli scritti del professor Tranfaglia, un vero esperto, un lucido osservatore  e scrupoloso ricercatore storico della mafia. Da questo mese  è in libreria  proprio un suo saggio per “ Mondadori Scuola” una riedizione de “ La mafia come metodo” pubblicato la prima volta nel 1991 per “ Laterza”  ed oggi completamente rivisto ed aggiornato. E’ un lavoro davvero interessante che va ad analizzare  la storia delle organizzazioni  mafiose,evidenziandone  gli sviluppi e la dinamicità rispetto al cambiare dei punti di riferimento sociali, politici  ed economici. Un lavoro multidisciplinare che guarda  anche alla  storia del sud  in un analisi anche antropologica e politica in senso lato, si parla di “ questione meridionale”  e si guarda ai profili di personaggi da sempre controversi  come Sindona e Andreotti, il tutto  trattato con elegante distacco emotivo, senza romanticismi romanzati  e con lucida analisi volta alla ricerca di una verità storica. E’ un testo fondamentale per chi vuole capire il fenomeno mafioso ma anche per farsi possessore di elementi necessari per leggere la realtà, perché questo lavoro è anche un esempio di come certi fenomeni dalla doppia faccia vanno trattati per non cadere nell’involgarimento.  Il professore di origini lucane Nicola  Tranfaglia,  preside della facoltà di “ Lettere e filosofia “ di Torino, docente di storia contemporanea, editorialista per importanti quotidiani  e con alle spalle una intensa attività storica, scientifica e politica (  stato deputato per più legislature) oltre che  condirettore della rivista "Studi Storici" e membro del comitato  scientifico della “Fondazione Nazionale Antonio Gramsci”, si concede per ad un’intervista  per “ Il quotidiano della Basilicata”. 


Professore,alla luce delle scoperte di infiltrazioni  nella giunta della Regione Lombardia, cosa nel fenomeno mafioso  è cambiato in questi anni ?
«Quello che io le posso dire che a mio avviso il fenomeno più importante che è avvenuto negli ultimi decenni è in qualche modo il trasferimento, il passaggio dei metodi mafiosi dai clan alla società italiana. Dalle commissioni parlamentari d’inchiesta sulla mafia che sono state create nella nostra repubblica solo a partire  dal 1963, ed abbiamo avuto relazioni importanti solo in quella del democristiano Cattanei  nel 1972, si comprende che  queste società mafiose  sono riuscite a poco a poco a trasferire i loro metodi alla società italiana stessa, a non dividere più in modo netto la legalità dall’illegalità. In questo paese oggi  la cosa più difficile è affermare la legalità. C’è la necessità di considerare la mafia come un fenomeno centrale e  non collaterale.»
Nel suo saggio “ La mafia come metodo” parlando dell’operato del fascismo e di Cesare Mori il  prefetto  di Ferro,  lei ha  ravvisato delle criticità, la repressione anche violenta  non basta anzi addirittura in qualche modo consente alla mafia di “conservarsi”. Come si deve combattere la mafia?
«Io sono convinto che combattere la mafia si può fare soltanto nella misura in cui si riesce ad accompagnare alla necessaria repressione della polizia e della magistratura, un’educazione civile delle nuove generazioni perché soltanto se alle nuove generazioni si fa in modo di dare gli strumenti di obbedienza alla costituzione e alla legge possiamo essere più tranquilli su quello che sarà l’avvenire, se invece questo non si ha, diventa molto difficile stroncare un fenomeno così interno e profondo del nostro paese. Solo se si fanno insieme queste cose si riesce: repressione ed educazione civile.  D’altra parte chiunque legga dei libri specializzati su questo fenomeno, sa che non esiste un metodo facile per eliminarla, si tratta di fare un lungo lavoro.»


Secondo lei oggi, esiste la volontà culturale  di combatterla?
«Non la vedo anche perché non abbiamo a livello di stampa, dei  mezzi di comunicazione, un informazione tale che permetta  alla grande   maggioranza dei cittadini di essere informati su questo fenomeno. Soltanto se ci sarà  una informazione adeguata del fenomeno mafioso e io non lo vedo ancora nel nostro paese,sarà possibile un movimento culturale.»
Nella lotta alla mafia, come giudica  le scelte della politica  ?
«Il sistema politico italiano mi sembra abbastanza lontano dalla società italiana. A me è accaduto di recente di leggere il disegno di legge sulla corruzione  e di costatare l’assenza di cose come  il falso in bilancio e di altri aspetti di lotta alla corruzione che sono necessari. Rimaniamo nell’incertezza di dire :  approviamo comunque una legge perché non c’è nessuna legge.  Sarebbe forse meglio cercare di codificare affondo questa norma.»
Professore passiamo alla parte storica. Perchè la mafia nasce dopo le rivoluzioni ?Hanno avuto un ruolo nel  fallimento di queste ultime come quella partenopea del 1799?
«Le grandi rivoluzioni hanno il ruolo nell’Europa del tempo di modificare i rapporti tra le classi, di far nascere un attivismo che prima non c’era stato da parte di una parte della borghesia e di quello  che veniva chiamato il proletariato. Questa modifica del ruolo delle classi è alla base della creazione di nuove società segrete. Certo allora nel 1799 ci fu un grande massacro da parte dei Borboni, gli intellettuali non seguono in maniera precisa quello che dicono le singole forze politiche e quindi sono difficili e scomodi per il potere,  tuttavia non credo che la mafia in questo fallimento  sia intervenuta, dobbiamo dire che in quel periodo le organizzazioni mafiose erano all’inizio , si sono sviluppate nel periodo delle grandi rivoluzioni dell’Unità. Successivamente hanno avuto un ruolo sempre importante  e credo che lo abbiano anche ora.»
A proposito di “ Unità”. In molti dicono che per la conquista del sud la mafia abbia avuto un ruolo importante. E’ dello stesso avviso ?
«Io non credo che abbiano avuto un’importanza decisiva. Credo che le organizzazioni ci fossero e cercassero di portare accanto alle rivolte  i propri interessi. L’Unità non credo sia stata influenzata in maniera decisiva dalla presenza delle associazioni mafiose. Certo quando Garibaldi arrivò tantissimi che pure facevano parte dell’associazioni mafiose lo seguirono ma era il vento del cambiamento, non hanno avuto un ruolo decisivo per quello che posso dire come storico.»
In questo libro lei parla di un rapporto certificato  tra  Sindona ed Andreotti. Tenendo conto di questa vicenda che vede il potere mafioso, quello finanziario e quello politico alleati,quanto secondo lei la mafia  entra in questa crisi finanziaria?
«Il caso di Sindona è il caso di un uomo di finanza che è cresciuto in collaborazione con Cosa Nostra ed ha avuto anche rapporti vicini con il senatore Andreotti, l’avevo già scritto nel 2003  nel libro “ La sentenza Andreotti”. In questo libro ho detto che c’è stata una vicinanza per molto tempo tra Sindona e Andreotti. Questo è l’elemento che storicamente possiamo valutare. D’altra parte Andreotti è stato ritenuto colpevole fino al 1980, copre tutta la sua amicizia con Sindona, io non credo che dopo non ci sia stato nessun rapporto ma mi rifaccio ai documenti ed effettivamente la sentenza riconosce questa vicinanza. La mafia è presente in ogni parte della società, è presente anche nelle società finanziarie. Esistono però poche indagini recenti sulla presenza delle mafie in queste società, perché sono molto difficili da fare eppure possiamo dire che sicuramente ci sono delle presenze mafiose. Basta pensare  alla speculazione che è uno degli aspetti di cui  la mafia si serve per ottenere lucro in modo parassitario  sulla produzione reale. E’ molto facile che ci sia questa presenza e tuttavia non esistono indagini storiche serie a parte il caso Sindona di cui appunto c’è un alta bibliografia,sulle  successive vicende finanziarie non ci sono libri recenti che abbiano perseguito la stessa indagine»
Lei fa una puntuale analisi anche in questo libro sulle vicende del senatore Andreotti. Come si può spiegare ad un profano perché un personaggio del genere è senatore a vita?
«Andreotti è stato nominato senatore a vita da Francesco Cossiga altro personaggio piuttosto controverso su cui esiste un buon libro dal mio amico Nando Dalla Chiesa figlio del generale. In cui si vede come Cossiga abbai avuto dei rapporti con servizi segreti non italiani. Da questo punto di vista c’è un filo che mostra questo tipo di legami che hanno caratterizzato sempre la storia italiana  specie repubblicana ma non solo quella.»        
In questo  saggio lei mostra come le organizzazioni mafiose si leghino al modello economico e viceversa. Esiste un  legame tra mafia e sviluppo del capitalismo ?
«E’ difficile dire questo, il capitalismo è il fenomeno economico che ha vinto a livello mondiale, dopo la caduta del comunismo. Se  vediamo anche il fenomeno cinese, uno dei paesi più forti, ci accorgiamo di avere  un capitalismo curioso, iconografia del comunismo ma che non ha nulla a che fare con il comunismo. Ci sono vari tipi di capitalismo: il capitalismo che favorisce di più la mafia è il capitalismo che non ha regole, capitalismo che serve lo stato moderno. In Italia abbiamo un capitalismo egemone nel paese, anche perché abbiamo un’informazione che come è noto fa riferimento alle grandi imprese capitaliste. Queste ultime  usano in qualche modo le associazioni mafiose e metodo mafioso per affermare l’egemonia di gruppi vincenti rispetto a quelli perdenti In questo senso c’è una rivincita della mafia sul capitalismo. Si tratta di un capitalismo non paragonabile a quelli del nord Europa. Certo oggi le associazioni mafiose ci sono in tutti i paesi europei, la mafia ha una capacità di penetrazione maggiore di quella dell’800 e primo 900, la capacità è molto forte e pericolosa.»
Lei ne parla in questo saggio , perché la “ Questione Meridionale” è ancora irrisolta?
«Io sono convinto che la “Questione Meridionale” non sia stata affrontata come divario tra nord e sud, non è stata mai risolta da nessun governo in tutta la nostra storia, né il governo tecnico ha messo in campo azioni adeguate questo problema. Per ora non abbiamo nessuna sicurezza che il fenomeno sia affrontato, per chi come me , vive al nord e si sente  sempre meridionale è una questione di angoscia molto forte.»
 In conclusione. La mafia ha interpretato i tempi meglio della politica? E’ finito secondo lei il tempo delle stragi?
«Secondo me non l’ha interpretata meglio ma si muove con una velocità che il nostro Stato non ha. L’elemento a vantaggio della mafia, possiamo dire, è il fatto che  ha cercato di creare un mondo che sarebbe ancora peggiore di quello in cui viviamo. Si è mossa in maniera rapita ed efficace per affermare il dominio, ed è una gravissima ingiustizia sociale ed economica nei confronti degli italiani. La mafia è riuscita meglio dello stato nel suo sviluppo, nella sua crescita. Noi non possiamo mai dire che le stragi sono finite. Quando ci furono c’era una difficoltà delle associazioni mafiose e la presenza di magistrati che in parte ci sono ancora in alcuni tribunali molto decisi a lottare. Questo fenomeno delle stragi è tipico delle crisi politiche e morali e quello che poso dire è che ora siamo in un periodo di grave crisi morale e politica del paese. Su questo mi pare che non ci siano dubbi.»
Il suo prossimo libro?
«Il mio prossimo libro è un progetto che ho già cominciato a scrivere. Una breve storia dell’Italia unita dal 1861 ad oggi. E’ un’impresa difficile che mi appassiona molto. Dal 1848 fino ad oggi, uscirà nel maggio 2013, all’indomani delle prossime elezioni politiche.»
Cosa è la Bellezza?
« La Bellezza è la capacità di realizzare la partecipazione di tutti al bene comune. Partecipare di vita alla vita di tutti.»