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mercoledì 30 marzo 2011

Scuola calcio Ac Milan Intervista a Filippo Galli





" L'Inter non ci fa paura "
di Francesco Altavista


Potenza - E’ la festa dell’Asd Culturale Lucania. In un teatro “ Stabile” strapieno di gente e di bambini allievi della scuola calcio affiliata all’ac Milan, il calcio torna protagonista in una Potenza delusa dalle troppo note vicende giudiziarie. Torna in una serata presentata dalla bellissima giornalista Annamaria Sodano e con la presenza di Filippo Galli ex giocatore e allenatore ora responsabile del settore giovanile del Milan e Edgardo Zanoli responsabile area tecnica Accademy Milan. Incontriamo entrambi per una breve intervista per “ Il quotidiano della Basilicata”.

Mister Zanoli, lei incontra tanti allenatori. Come le sono sembrati i tecnici lucani?

Difetti no. Sono molto contento perché seguono i corsi, ci mettono grande entusiasmo, abbiamo riscontrato anche grandi qualità. Stiamo facendo un lavoro importante, che conta soprattutto la voglia di aderire al nostro progetto da questo punto di vista la Culturale Lucania è eccezionale.

Nel sud e in Basilicata ci si lamenta molto della carenza di strutture. Quale è il suo parere?

Spesso le strutture sono un alibi perché comunque quando si vuole lavorare bene con attenzione si può fare. Noi facciamo tante scuole calcio al sud, le strutture effettivamente non sono eccezionali. Con entusiasmo e competenza si sopperisce sempre.

Quale è la cosa più importate da insegnare agli allenatori che hanno a che fare con dei bambini ?

E’capire che è un modo di comportarsi completamente diverso del’agonistica, ci vuole dedizione grande attenzione perché con i bambini si fa subito a fare dei danni irreparabili.

I piccoli vogliono divertirsi e noi questo non dobbiamo mai dimenticarlo. Le pressioni le mettono le società e i genitori, i bambini vogliono divertirsi e se si divertono giocano anche bene a calcio.

Mister Galli,il Milan squadra in cui lei ha militano per 14 anni è una squadra che ha la media di età dei giocatori molto alta. Si sta puntando ora finalmente sui settori giovanili? Perché in Italia e nel Milan questo settore ha delle difficoltà, a differenza per esempio di club come Arsenal e il Barcellona ?

Siamo una squadra con molto esperienza con un’età media molto alta, però è intenzione della società svecchiare la squadra e quindi passare per risorse del settore giovanile.. La realtà del Barcellona credo sia non riproponibile in Italia. Per quanto riguarda l’Arsenal, sta facendo molto bene ma sono ormai anni che non vince nulla sia a livello nazionale che internazionale e non so se questo sia gradito alla tifoseria. L’ideale sarebbe riuscire a trovare un quadratura di bilancio riuscendo comunque ad ottenere risultati importanti e quindi passare alla risorse del settore giovanile, credo ci voglia tempo per riuscire a raggiungere questo risultato.

Quanto è importate per il Milan il progetto delle scuole calcio e perché collaborate con la Culturale Lucania ?

È un progetto al quale teniamo molto,ci crediamo molto sia dal punto di vista tecnico ma in particolar modo dal punto di vista sociale e dell’educazione dei giovani. Il Milan sta spendendo molto in termini di risorse umane perché vuole lanciare un messaggio che vuole spiegare alle famiglie che si può diventare campioni, si può diventare protagonisti ma innanzitutto bisogna passare per la crescita personale e umana. I bambini hanno il diritto prima di tutto di diventare uomini. Sappiamo che la Culturale Lucania da questo punto di vista ha fatto delle cose bellissime infatti c’è stato un matrimonio che ha visto due entità con gli stessi valori.

Mister, come è avvenuto il suo incontro con il mondo del calcio dei professionisti ?

Io prima di giocare a calcio ho fatto ginnastica artistica, ma mi ricordo che da bambino avevo la grande passione di ritrovarmi con gli amici nei campi. Poi ho avuto la fortuna di intraprendere questa carriera. Ricordo un osservatore del Milan Brambilla che venne a vedermi nella squadra nella quale giocavo il Villa Santa, poi Galbiati, Zagatti mi hanno portato al Milan.In un torneo mi hanno selezionato sia loro che Capello e Braga . Queste sono le mie figure di riferimento.

Nel suo futuro c’è la panchina di una squadra di livello, magari proprio il Milan e chi è secondo lei il miglior allenatore del momento?

Mourinho è sicuramente l’allenatore che più ha dato l’impronta alla sua squadra, un carattere forte, una capacità di direzione del gruppo, molto sicuro di se anche con la stampa. Se devo dire un nome oggi dico Mourinho. Non so cosa mi riserverà il futuro, certo io mi sento allenatore e spero che lo sarò e quando verrà il momento, spero di essere pronto.

Una riflessione sul momento del Milan in campionato ?

Certamente è un momento particolare ma c’è piena fiducia nel recuperare la condizione che avevamo fino a qualche settimana fa e che ci ha concesso di stare in cima al campionato. L’Inter certo non ci fa paura.

mercoledì 23 marzo 2011

Dina Scelzo in arte Anid e l'arte delle emozioni



da " Il quotidiano della Basilicata "

Anid e l'arte delle emozioni


di Francesco Altavista

Brienza – L’arte è un po’ come un velo costruito di speranze e sogni sulla realtà, l’artista decide se sollevarne un po’ per ricordare le emozioni sulla globalità della vita. La bellezza di tutto ciò è sorprendente. L’energia, la quasi perfezione dell’emozione che ti arriva addosso e ti pregna i vestiti, e poi il cuore e poi l’anima, è il caso delle opere di Anid, un’artista nata a Brienza che con estrema umiltà che scontra fortemente con la forza e la perfezione

che nasce dai suoi quadri, si pone agli occhi di chi ammira le sue opere in mostre di fortuna allestite nei vicoli in qualche festa estiva. E’ un po’ come trovare un pepita d’oro luminoso tra le erbacce di un campo abbandonato. Nella vita è una moglie e mamma di due bambini, nata nel 1978 a Potenza vive nel centro burgentino fino al 2000 quando si trasferisce in un vicino paese, Marsiconuovo. Il suo nome è Dina Scelzo, una donna bellissima che trasmette la sua forza sulle tele che diventano leggerissime eppure così gravide di novità, di sogno. Comincia a dipingere da piccolissima e a soli otto anni realizza il suo primo quadro che stupisce già tutti in famiglia e nella cerchia degli amichetti. La tecnica , ci confessa ,con le famose Bic: “ A otto anni ero interessate e stupita della forma degli oggetti, mi interessava esternare dal mio punto di vista la bellezza delle cose “ continua “ delle cose mi interessava e mi interessa tutto nulla è privo di importanza.” L’importanza delle cose del mondo legate inevitabilmente all’esperienza umana, all’agire dell’uomo che come un fiume si muove tra i suoi argini, con la natura decide il suo fine in un costante equilibrio con tutto ciò che lo circonda. Dina in arte Anid mette su tela la sua esperienza di vita, giorno per giorno cerca di isolare i rapporti che la legano alle cose, ai rapporti anche tra esseri umani, ne da una visione che va molto aldilà della pura immagine, i suoi colori sono particolari e studiati, a volte confondono per portare il discorso su vette sempre più alte .Il dipingere di Anid però si sposta continuamente, l’ammirazione giovanile e lo studio amatoriale dell’olandese Vincent Willem Van Gogh porta la pittrice burgentina ad attraversare, se pur in modo critico e personale, prima la visione che dalla natura passava all’esperienza soggettiva dell’artista, tra le caratteristiche dell’impressionismo francese; poi dalla propria visione e coscienza, direttamente alla realtà, elementi che si possono attribuire all’Espressionismo. Ma il suo modo di dipingere è molto personale. La bellissima ( fu più volte corteggiata da Gabriele D’annunzio senza successo)pittrice polacca Tamara Łempicka è l’artista che in questo momento Dina ama di più. Cura dell’estetica e del moderno, ricerca delle forme strane, la precisione nei dettagli e nelle sfumature sono anche elementi che si ritrovano nei quadri di Anid A tutti questi elementi Anid aggiunge una storia, i suoi quadri racconta simboli e metafore, nessun elemento in queste opere è messo lì a caso. Oltre alla natura , i suoi soggetti sono le donne, tra le sue opere c’è anche un autoritratto, ci spiega :“è la rappresentazione di un cambiamento un’Anid e una Dina che si guardano fisso negli occhi e si lasciano osservare nell'anima. Uno sguardo pieno di rispetto e sincerità che penetra nelle emozioni passate presenti e future” –continua-“ Anid mi regala la leggerezza dell'immaginazione e la pura libertà di esprimermi è come specchiarsi nell'acqua, al di fuori c'è dina che si esprime attraverso l'immagine”. Le opere di Dina Scelzo non si fermano all’apparenza:il suo dipingere è una magia che si trasforma nel moto del vivere;le direzioni casuali della pioggia non sono poi così lontane dalle rotte che l’uomo per muoversi e vivere è costretto a prendere. Ogni volta che Anid dipinge è come se scrivesse una poesia con i colori, sulla Bellezza, “siamo circondati dalla purezza, dalla genuinità, dalla bellezza della vita che spesso lasciamo scorrere senza soffermarci sulla straordinaria semplicità delle cose che ci circondano” ci spiega “Bellezza è sinonimo di commozione,di turbamento. In due parole la Bellezza è lasciarsi trasportare dal fascino dell'emozioni”. Emozioni che dalle opere di Dina Scelzo in arte Anid certo non mancano ed è davvero bello lasciarsi inondare e trasportare da questi quadri.

venerdì 18 marzo 2011

L'elogio dei Terroni:Pino Aprile e l'altro Risorgimento


da "Il quotidiano della Basilicata"

L'elogio dei Borboni, Aprile e l'altro Risorgimento


di Francesco Altavista

Tutto quello che è stato fatto perché gli italiani del sud diventassero meridionali”: così recita il sotto titolo del libro scritto dal giornalista Pino Aprile “ Terroni”. Lo scrittore pugliese dà voce ai fatti storici del sud, non è un caso che sia tra i libri più venduti. Tra la retorica risorgimentale, le celebrazioni, le bandiere e le romanticherie sull’inno di Mameli, il giornalista non solo mostra una voce fuori dal coro ma urla in faccia agli storici i fatti di un sud diverso da quello da loro descritto probabilmente in malafede. In occasione delle celebrazioni del 150esimo dell’unità d’Italia, contattiamo Pino Aprile per un’intervista.

Pino, da cosa sei partito per scrivere un libro che rivaluta il “Risorgimento” ?

Tutti i miei libri sono nati perché mi ponevo delle domande che volevano delle risposte. Le domande sono animali pericolosi, perché quando credi di aver trovato le risposte trovi un tappo su altre domande. Così vai avanti finché non ti sazi. Poi decidi di fermarti quando il materiale è tanto non vuoi che si perda e lo scrivi. Se davvero eravamo degli oppressi e ci hanno liberato, perché li abbiamo accolti a fucilate e ci siamo fatti sterminare? Perché altri hanno deciso di scappare?Da queste domande è venuto tutto il resto.

Tra gli studiosi che tu nomini nel libro c’è il lucano Giustino Fortunato. Quale riflessione si può fare su Fortunato?

Giustino Fortunato aveva una capacità straordinaria nell’usare le parole di una bellezza estrema. Di fatti lo rimproveravano di scrivere troppo bene, per essere un tecnico. Ora se una persona come lui capace di usare parole auliche e un linguaggio forbito disse:” Sono dei porci più porci dei maggiori porci nostri”. Questo ti fa capire la rabbia che aveva nel cuore. Rionero in Vulture è la sintesi del tutto. Nello stesso paese l’unitarismo mistico ad ogni costo, quello colto che istaura dialogo di politica ed economia con il resto dell’Italia e Carmine Crocco Donatelli, intelligente di suo senza aver studiato, con un’incredibile capacità militare. Fortunato e il brigante Crocco sono i due estremi e Rionero è sintesi e simbolo della risposta del sud al Risorgimento.

Quando si parla del sud , si discute di ferrovie,industria e la cultura arretrata. Era davvero così?

In qualsiasi testo ignorante e in malafede sulla condizione del sud prima dell’unità d’Italia si trova questa insopportabile questione delle ferrovie. Non si può paragonare i mezzi di trasporto del Piemonte che non ha sbocco sul mare con il Regno delle due Sicilie.. Il sud manteneva i rapporti commerciali con l’Europa e il mondo tramite mare. Il Regno delle Due Sicilie è stato il primo Stato a fare le ferrovie, cioè l’industria ferroviaria l’unica auto-sufficiente dell’epoca; pensa che il Piemonte ha comprato binari e le locomotive dai Borboni. Il sud investi sulla costa e sul commercio marittimo, in brevissimo tempo costruì la seconda flotta mercantile del mondo, avendo anche una fiorente industria navale. L’emigrazione degli operai siderurgici c’era, ma da Brescia alla Calabria. L’emigrazione dal sud c’è stata quando hanno chiuso le industrie calabresi. La percentuale di addetti all’industria del sud era enormemente maggiore rispetto a quella del nord. Questo è un dato. A sud devono coltivar l’insalata peccato che le pianure siano a nord come l’acqua per irrigare. A sud si era sviluppata un’agricoltura specializzata nei prodotti mediterranei. Le arance siciliane si vendevano più di quelle che si coltivavano alle porte di Parigi.Hanno distrutto anche questo con l’accordo Italia –Francia per favorire l’industria del nord.

Per quanto riguarda la cultura e i sovrani illuminati del nord?

Forse illuminato è riferito ai lumini del cimitero. Torino non avrebbe mai avuto la cattedra di Economia politica, se due napoletani non avessero litigato con i Borboni. E’ una disciplina creata al sud. La moderna storiografia è un’invenzione del sud. Il controllo delle montagne , la vulcanologia è un’altra invenzione napoletana e così via. Se questo è essere arretrati, io voglio una laurea in “arretratologia”.

Cosa ci dici invece dei tre protagonisti su tutti dell’Unità. Vittorio Emanuele II, Cavour e Garibaldi?

Partiamo dal più pulito dei tre, Garibaldi. Ovviamente ne hanno fatto una figurina in tutto il mondo. L’Italia ha bisogno di miti fondanti ed hanno scelto lui. E si sa gli eroi sono giovani e belli. Gli uomini un po’ meno. Il grande “Libertador” in sud America combatteva pagato dai proprietari terrieri contro i contadini ed era solito usare schiavi cinesi. Cavour è un giocatore d’azzardo, in tutti i sensi. Da giovane ha sperperato guadagni al gioco delle carte e così amministrava anche il Paese. E’stato abile a portare dalla sua il lavoro di Garibaldi. Vittorio Emanuele era rozzo, ambiguo, cinico e cafone, aveva ragione solo su una cosa: la pericolosità di Cavour.

Mafia, Fascismo e Cassa del mezzogiorno,come poni questi tre elementi nella riflessione meridionalista?

La mafia prima dell’Unità d’Italia non esisteva. I “picciotti” hanno aiutato Garibaldi nella sua marcia a sud. Si può dire che la mafia è stato il braccio presentabile a sud del potere del nord. Il sud ha dimostrato la sua ribellione anche al fascismo, pensa che il primo parlamentare ucciso dai fascisti è Giuseppe Di Vagno, pugliese. Questo lo sanno in pochi. Senza parlare dei sindacalisti del sud con Giuseppe Di Vittorio. La cassa del mezzogiorno è stata utile nella sua prima parte e poi una presa in giro. Una truffa necessaria per il senso di colpa del nord e per i disonesti del sud.

Ti chiedo una breve riflessione sulla storia di Gaeta ?

Gaeta rappresenta la vergogna d’Italia. Enrico Cialdini e Persano , due assoluti incompetenti, due macellai , bombardarono Gaeta mentre trattava la resa, bombardavano l’ospedale e i soccorsi. Cialdini prima di diventare il “grande comandante” faceva il killer a pagamento, lavorava all’estero. Noi questa gente la veneriamo come eroi. Persano bombardò Gaeta dal mare, senza pietà Quando poi venne il giorno della guerra vera, non verso gli inermi a Custoza e a Lissa persero terribilmente contro l’ammiraglio austriaco von Tegetthoff di fatti si disse “ uomini di ferro su navi di legno sconfissero, uomini di legno su barche di ferro”

Quel prospettive per il futuro vuole dare il tuo libro ?

Acquisire consapevolezza della propria storia. La storia del sud deve diventare parte di quella di tutta l’Italia. Sono contro gli autonomismi, contro le regioni a statuto speciale. Regioni che per una scusa o per un’altra, tutte terribilmente anacronistiche, hanno una legge speciale, così si crea un doppio binario. Una paese veramente unito deve dare le stesse opportunità di poter sviluppare i talenti a tutti.

Cosa è la Bellezza?

La Bellezza è l’armonia di diversi elementi, ognuno dotato a sua volta di propria bellezza.

Rocco Potenza da Satriano di Lucania alle olimpiadi Londra 2012

da "il quotidiano della Basilicata"

Rocco Potenza respira l'aria di Londra 2012


nella foto il podio 800 sl
da sinistra Potenza (2°)
Pizzetti (1°),Corbeltaldo (3°)

di Francesco Altavista

Satriano di Lucania - Il sogno continua, ormai è una realtà. Rocco Potenza giovanissimo atleta del CNL Savigi di Satriano di Lucania è stato inserito nel progetto Londra 2012 ed ha tutte le possibilità di gareggiare alle prossime olimpiadi nella città inglese. Per la prima volta nella storia un ragazzo lucano fa parte della squadra nazionale; attualmente in allenamento nella piscina olimpica di Cremona . Caparbietà, passione e sogno per il nuotatore plasmato da due mister vincenti Gianni e Vito Santarsiero, due profeti dell’impossibile, due conoscitori assoluti della faticosa disciplina sportiva del nuoto; I due mister che da tempo seguono il giovane Rocco nella piscina di Satriano di Lucania gestita dalla cooperativa Delfy, hanno capovolto le prospettive lucane, ponendo uno sguardo professionale e non mediocre verso uno sport che grazie ai tanti risultati raggiunti si pone in un’ideale classifica, in cima mettendo in un’ombra legittima le altre discipline che portano vergogna e non allori alla regione lucana. Il nuoto e il Cnl Savigi hanno bisogno dell’attenzione della politica, sia economica che morale ma probabilmente si preferisce la morte alla vita di risultati e passione messa in campo dagli atleti dei Santarsiero. Nell’ottica becera degli amministratori, non importa che Rocco Potenza nel trofeo di Milano lo scorso 11- 12 Marzo abbia fatto registrare il tempo di 8’02’’67 negli 800 sl mettendo alle sue spalle il campione affermato Federico Corbertaldo e dietro allo specialista Samuel Pizzetti. L’atleta della piscina di Satriano non solo gareggia con i migliori ma riesce anche a batterli sonoramente. Peccato che il suono del ciò che funziona non arriva a chi le cose preferisce romperle, perché il malfunzionamento fa sembrare ciò che è stortura, qualcosa di bello. Gianni Santarsiero non si ferma mai, nonostante le autotassazioni e le incompetenze nel migliore dei casi gestionali ma che ha volte nascondono mala fede della politica , è riuscito a dare vita al sogno di un ragazzo che ora tocca i cinque cerchi olimpici. Rocco specialista delle gare lunghe e massacrati fa registrare a Milano, un ottimo tempo anche nei 400 sl : 3’56’’98, quarto tempo assoluto. L’atleta lucano è in via di miglioramento per avere finalmente a disposizione una piscina olimpica di 50 metri, ancora mancanza ignobile della sia regione natale, dove i soldi si sprecano in conche d’acqua inutili a livello sportivo. Il Cnl Savigi come detto non si ferma mai, è l’unica squadra della regione Basilicata a portare cinque atleti ( i soli della provincia di Potenza) ai giovanili nazionali, segno della grande scuola e filosofia Santarsiero. Gli atleti arrivati con i tempi ai nazionali sono : Marco Potenza, Dario Mangieri, Domenico Acerenza, Vincenzo D’Egidio e Mattia Sangiacomo. Gianni, Vito e Rocco insieme agli altri giovani atleti sono simbolo di speranza per questa regione martoriata, il plauso è d’obbligo anche se a volte non basta, questi eroi meritano molto di più.

mercoledì 16 marzo 2011

Pippo Franco molto " Svalutescion"


da " il quotidiano della Basilicata"
La comicità di Pippo molto " Svalutescion"

di Francesco Altavista

Potenza - Divertente? Si ,il dibattito, un’ora prima dello spettacolo, abbastanza accesso tra Pippo Franco e il fonico al Don Bosco di Potenza che a quanto pare aveva delle decise difficoltà sul mixer; per il resto c’è davvero poco da ridere. Non perché il comico romano parla di realtà ma proprio perché se usi il gioco dell’ironia poi non la devi spiegare la pubblico. Professor Pippo Franco spiega le contraddizioni della vita alla platea del Don Bosco, ai fedelissimi della rassegna organizzata da Cose di teatro e musica: “ Voglia di teatro-teatro in rete”. Sul palco solo un leggio con sopra il libro scritto da lui e Antonio Distefano qualche anno fa, dal titolo “ Qui chiavi subito” e un copione sbirciato più volte durante la confusa perfomance. “Cosa è diventato l’uomo?” e in “Quale realtà viviamo ?” sono le domande dalle quali il comico parte con il suo spettacolo durato due ore circa. Due domande filosofiche che vengono introdotte da un prologo di 25 minuti, parlando di Platone, Aristotele, Freud e altri maestri del pensiero. Se fosse stata una lezione di storia e di filosofia sarebbe stata mediocre e superficiale, per uno spettacolo di cabaret sarebbe andata anche bene peccato che a far ridere il pubblico sono le barzellette che ogni tanto spuntano nel suo racconto. Pippo Franco è un musicista, sarebbe stato più divertente vederlo cantare le sue famose canzoni ironiche, invece no diventa uno scialbo spacciatore di ironia costruita in modo posticcio. Nel tentativo di mostrare l’insegnamento, una morale nella pièce scade a volte nel bigottismo e in battute senza sorriso che a qualcuno con un po’ di coscienza pubblica sembrano fastidiose. Pippo Franco è come lo si vede in televisione, nell’ormai estinto “Bagaglino”, le battute più interessanti sono alla fine quando legge negli ultimi minuti le frasi trovate in giro per l’Italia e raccolte nel libro. L’umorismo del comico romano si sapeva sarebbe arrivato alla fine, è come un chador cristallino sui racconti ma questo velo è stato davvero troppo trasparente. Davvero incomprensibile l’uso delle luci che creano un ombra sul viso dell’attore cancellando uno dei punti di forza della comicità, quest’ultima scade continuamente, non riesce a decollare, per fortuna ogni tanto qualche barzelletta a sfondo erotico, specialità dell’attore, a mettere di buon umore e a far torcere il anso a qualche signora impellicciata. In fondo i racconti sono anche interessanti, tentano di disegnare la nostra realtà, ma alcune delle parole e qualche battuta, sembrano cose già ascoltate e in parte retoriche, alla fine ne esce un disegno dell’uomo e della realtà abbastanza confuso e incomprensibile. A tratti un po’ di tristezza nel vedere un professionista , con quaranta anni di carriera alla spalle usare barzellette sentite dai nonni qualche tempo prima. Del grande showman, dell’attore delle commedie sexy all’Italiana, del barzellettiere e del cabarettista si vede davvero poco. Manca di spontaneità, di ordine, di tempi comici: in sostanza a far ridere è solo la performance di Pippo Franco.



martedì 8 marzo 2011

Santoro primo con lo spot anti- stalking



da " Il quotidiano della Basilicata"

Santoro primo con lo spot anti- stalking



di Francesco Altavista


Muro Lucano – “Mi stavo accorgendo che non producevo niente di visibilmente attraente per me, quindi ho deciso di guardarmi un po' attorno, la città nuova, i portici le luci della sera .” A parlare è Dino Santoro, giovane studente universitario a Bologna, al corso di laurea magistrale di cinema, televisione e produzione multimediale, che tra l’insegnamento teorico vuole creare il suo spazio per

imbracciare la videocamera . Il bando di un comune della sua terra, Muro Lucano è l’occasione per farlo. Partecipa con uno spot di circa tre minuti e vince il premio della quarta sezione “ Oltre la Lavagna con Muro ComunicAzione”. Un progetto lodevole quello del comune lucano, con l’obiettivo di sensibilizzare la gente, attraverso la comunicazione, alle tematiche di disagio dei più deboli. Il giovane Santoro prende la sua videocamera e con le sue visioni, con le quali ha condiviso i primi corti giovanili e poi quelli più seri ed emozionanti tra cui “J La storia di nessuno ” ( in visione sul suo indirizzo my space www.myspace.com/dinosantoro84), costruisce con sensibilità e intelligenza uno spot sullo Stalking. “La quotidianità riguarda la vita di un essere umano che vive la sua giornata tipo compiendo azioni quasi involontarie che gli sono naturali,azioni che scandiscono la sua giornata :risvegliarsi, fare colazione uscire per una camminata”- ci spiega Santoro “ io ho voluto mostrare come una situazione di violenza dello Stalking vada ad intaccare proprio quella sfera privata, a condizionare la malcapitata vittima nell’intimità della propria giornata”. Lo Stalking, quindi non semplicemente come una forma di violenza anche fisica verso le donne ma come violenza alla vita. Santoro mostra nel video questa faccia del problema , lo fa con efficacia avendo mezzi molto semplici: audio in presa diretta e senza attori professionisti ma tre amici e in mente la sua visione. Sul set, nella sua stanza nello studentato a Bologna e poi in via delle Belle Arti sotto i portici : Daniela Morano, Francesco Labriola, Francesco Santoro e Loredana Distefano. Tutti giovani lucani come l’autore della colonna sonora Dino Lopardo, musica che nasconde una curiosità : è stata realizzata sulla base di un pezzo “iDoser”, le cosiddette droghe musicali. Un buon lavoro per il filmaker Dino Santoro che non vuole essere chiamato regista perché a suo dire ha tanto da imparare, certo la musica e le immagini in movimento sono uno strumento eccezionale che il giovane burgentino sta imparando ad usare davvero bene specie su tematiche sociali forti. Santoro è un giovane sognatore e ci spiega: “mi piacerebbe farne un video su Brienza, la mia città e i suoi personaggi. Ho in mente una miriade di storie quasi tutte reali che noi burgentini abbiamo vissuto direttamente e indirettamente”- confessa” non credo sia realizzabile dato che non potrei inserire la dicitura: ogni riferimento a persona o cosa è puramente casuale”.Le opere di Santoro fanno pensare , attirando a volte critiche e a volte elogi come si fa sempre per ogni opera che entri nel grande mondo dell’arte. Questo premio deve essere d’augurio affinché Dino Santoro riesca ad affinare la tecnica e a tornare nella sua terra, per raccontarci storie con le sue immagini e visioni.


domenica 6 marzo 2011

Edipo Re:Una Giocasta da urlo


da " Il quotidiano della Basilicata"

Una Giocasta da urlo
eccezionale interpretazione di Maria Letizia Gorga



di Francesco Altavista

Satriano di LucaniaQuanto è bella Maria Letizia Gorga? E’ lei ad interpretare “Giocasta” nello spettacolo di Ulderico Pesce “ Edipo Re”. Lei con la sua voce, la sua grazia, la sua violenza scenica, la sua profondità, la sua bellezza, rende lo spettacolo degno di essere visto. E così è stato in un teatro “Anzani” di Satriano di Lucania, non pienissimo ma partecipe, nell’ambito della rassegna teatrale “ Le valli del teatro”. Non ci si mette molto a capire che Pesce porta la tragedia di Sofocle tra le tradizioni lucane: nella scenografia abbastanza minimalista compaiono infatti 13 campanacci enormi della tradizione di San Mauro Forte e Tricarico e a fare da colonna sonora i musicisti Pasquale Laino e Stefano De Meo con le musiche della tradizione Arberesche di Barile,San Costantino albanese e Grecanica del Salento. Quella presentata per la regia di Ulderico Pesce , è una rappresentazione digeribile e leggera della splendida tragedia di Sofocle, durata circa un’ora e un quarto, nella quale il pubblico segue attentamente e nei piccoli stacchi più paesanotti di Ulderico Pesce si lascia scappare qualche risatina. Ma l’attenzione che conta è tutta per Maria Letizia Gorga, straordinaria amante e poi madre di Edipo interpretato da un’altrettanto bravissimo Max Nisi. La tragedia viene presentata in modo moderno e spregiudicato, tutti gli attori in scena e in mezzo al palcoscenico una bara di legno circondata dai campanacci. Lì il buon re di Tebe, Laio. Su quell’oggetto di morte Edipo concupirà con la bella Giocasta; sempre lì scoprirà pian piano la sua identità e lì Giocasta sarà posseduta più volte. Addirittura una regia irriverente mostra in scena il racconto di Giocasta sulla nascita del suo primo figlio, un momento di teatro straordinario. Edipo scopre di aver concepito due figli con suo madre, figli incestuosi e quindi maledetti, di aver scannato il suo vero padre Laio; scopre tutto dai racconti di un pastore e dimostra tutta la sua fragilità. Guai a colui che dice di essere il primo fra gli uomini ;Edipo, prima osannato dal popolo, è la causa della miseria e della pestilenza, qui la terribile fragilità dell’esperienza umana. Da brividi i canti di Giocasta che secondo i racconti del pastore in scena, era capace di dar forza ai fili d’erba che si erigevano verso il sole: Maria Letizia Gorga ha una voce capace di dar vita e in effetti quella voce quasi magica solleva spirito e anima del pubblico. La quarta parete che separa pubblico dalla scena si rompe più volte, non per le incursioni di Ulderico Pesce che ricordano nostalgiche tecniche anni 70 , ma per la bravura di Nisi e della Gorga che scioccano lo spettatore. Le parole si Sofocle parlano all’uomo moderno, parlano di responsabilità del proprio agire. Nonostante Edipo abbia fatto di tutto per non far avverare la profezia di morte che di fatti prevedeva sia l’uccisone di Laio che il rapporto carnale con la madre, non può fare nulla contro un fato ceco e cinico. Il protagonista paga per le colpe che non ha commesso volontariamente, in un conflitto tra la responsabilità individuale e volontà divina. La tragedia greca arriva in modo chiaro, forse mai così chiaro. Ci mostra un altro elemento: la tragicità del conoscere. Un po’ come l’Ulisse dantesco, Edipo nonostante tutti gli dicano di fermarsi decide di andare avanti e come Ulisse cade. Una rappresentazione degna di nota, con la prestazione da dieci in pagella per Nisi, davvero bravo nel rappresentare un Edipo rabbioso, affascinante ma mai volgare e una straordinaria Maria Letizia Gorga che da sola vale il prezzo del biglietto.

sabato 5 marzo 2011

Etno Folk: Intervista alla bella Sonia Totaro




da " Il quotidiano della Basilicata"

A tu per tu con Sonia Totaro, vocalist con il sogno del Cinema

Tito – E’ incredibile come in Basilicata la parte più interessante delle audizioni per festival musicale, per di più di musica folk- etnica,

è nell’esibizione del direttore artistico. E’ il caso del “Lucania Etno Folk” e del’esibizione di Eugenio Bennato, mostrata al pubblico

prima e durante la presentazione del primo libro del cantautore partenopeo “Brigante se More” nei tre giorni del festival : 26 a Tito, 27 a Satriano e 28 a Rivello. Bennato ha portato con sé due membri del suo gruppo: il cuore della sua musica con il maestro Lambiase e l’anima delle sue canzoni la bellissima Sonia Totaro. Quest’ultima ormai è la più attesa, a volte più dello stesso Bennato, per i suoi movimenti mentre balla, per la sua voce sempre più protagonista nei pezzi e per la sua bellezza davvero unica e particolare. Sonia Totaro nata il 5 ottobre del 1986 , viene da un piccolo paese del Gargano in Puglia, da quattro anni collabora con il cantautore partenopeo; arrivata tra gli allori dei titoli dei giornali nel “Festival di Sanremo” del 2008 : Bennato partecipò con“ Grande sud” e sulle ultime note lei improvvisò una danza ”tarantata” mozza fiato e rubò la scena ad attrici e starlette, tanto da essere stata definita la mora del festival. La bella Sonia prima dell’esibizione di Tito, nonostante una timidezza che quasi contrasta con la sua sensualità disarmante si concede per un’intervista veloce per “ Il Quotidinao della Basilicata “.

Sonia come è avvenuto il tuo contatto con la musica etnica e poi con il mondo di Eugenio Bennato

Io sono pugliese, vengo da Monte Sant’Angelo che è un paesino del Gargano e quindi quello che canto e che ballo un po’ viene dalla mia terra. Ricordo mio nonno che cantava, non in modo professionale, mentre mi accompagnava per le vie del mio paese. Questo tipo di musica fa parte di me, della mia educazione, del mio vivere. Nella mia terra ci sono tante brave ballerine di questo tipo di musica, io sono stata fortunata. Con Eugenio è stato un’esperienza casuale. Io ero andata a Napoli per assistere ad un concerto di un gruppo del Gargano. C’era Eugenio che mi vide ballare e mi incitò a salire sul palco. Gli lasciai il mio contatto telefonico ma la cosa finì lì. Dopo qualche mese, incontrai di nuovo Eugenio a Bologna, dove vivevo all’epoca per l’università e mi disse di partecipare ad un suo concerto che si doveva tenere il girono dopo a Parma. Io sono andata e da allora sono quattro anni. Ho cominciato come ballerina, poi naturalmente sono migliorata, ascoltando musica da grandi musicisti e Eugenio decise di farmi cantare, dimostrando ancora una volta il suo occhio lungo. Il primo pezzo fu “Taranta Power” e poi “L’anima persa” da allora cerco di migliorarmi sempre.

Oltre che cantare con Eugenio Bennato quali sono i tuoi progetti? Cosa vuoi fare da grande ?

Mi sono laureata in Sociologia ma mi interessa per il mio futuro la recitazione. Diciamo che da grande mi piacerebbe fare l’attrice. Ora vivo a Roma è sto facendo dei laboratori e dei corsi teatrali per migliorare, anche nella dizione e su tutto quello che è necessario per recitare. Questo so che è un percorso durissimo ma il mio sogno è quello di fare cinema.

Sei pugliese, quale è il tuo parere sulla “ Notte della taranta” e sul fatto che lo spettacolo sia votato troppo alla tradizione ?

Ti confesso che non ho mai stata alla “ Notte della taranta”, quindi non posso esprimere giudizi in merito. Certo io vivo la tradizione della musica per divertirmi con grande rispetto. Con Eugenio noi andiamo un po’ oltre la tradizione. In Salento forse da questo punto di vista sono un po’ chiusi, loro amano molto la loro tradizione e fanno bene però proteggendosi non si contaminano come per esempio succede a Napoli.

Sei stata definita la mora di Sanremo, sei dotata di una bellezza unica. Quale è il tuo parere sul mondo delle veline e delle starlette, tu che potresti anche intraprendere questa carriera?

La cultura italiana è in balia del tempo, alla deriva della propria storia. In giro gli italiani sono conosciuti un po’ come persone poco serie. Sono italiana e mi sento trascinata da questa infernale macchina della volgarità. Il fatto di Sanremo mi ha divertito molto, ma non amo la televisione, non guardo praticamente niente a parte qualche programma che pian paino stanno cancellando. Non farei mai la velina, perché non voglio fare l’idiota in televisione.

Cosa è la Bellezza?

La Bellezza è la spontaneità. La naturalezza delle cose pure e semplici e non una cosa costruita.

martedì 1 marzo 2011

" Voi complici dei nostri dittatori" , intervista al dissidente Juan Tòmas


da " Il quotidiano della Basilicata"


Intervista allo scrittore della Guinea equatoriale Juan Tòmas

"Voi complici dei nostri dittatori"

di Francesco Altavista

La Guinea Equatoriale è uno di quei Paesi dell’Africa di cui non si sente mai parlare. Un territorio, a sud del Camerun, da circa 40 anni sotto una terribile dittatura, dopo l’indipendenza dalla Spagna di Franco nel 1968. Sui libri di geografia si legge “Repubblica della Guinea Equatoriale “ ma di fatto non è mai stata democrazia. Dopo le terribili esperienze del colonialismo che ha tracciato i confini africani con riga e sangue, il potere della Guinea Equatoriale passò nel 1972 al primo presidente eletto Francisco Macías Nguema che non tardò ad auto-proclamarsi presidente a vita. Lo è stato fino al 1979, dispensando morte e miseria nel Paese poi una breve ed effimera speranza di democrazia nel colpo di stato del nipote del presidente Teodoro Obiang Nguema Mbasogo, ma da allora governa come un dittatore facendo continui passi indietro. Nel 1995 vengono scoperti nella Guinea Equatoriale considerevoli giacimenti di petrolio, tanto importanti da fare del Paese quarto produttore di petrolio dell’Africa sub sahariana. La scoperta di questa risorsa ha portato al consolidamento delle disparità, al rafforzamento del potere assoluto di Obiang, alla distruzione dell’ambiente e conseguente aumento della violenza verso il popolo: fucilazioni e centinaia di omicidi. Nella Guinea Equatoriale mancano ospedali e scuole; qualsiasi forma di cultura è soppressa per dar vita al rafforzamento delle divisione etniche, secondo il detto latino: “ divide et impera”. Ad uno stato corrotto, violento e completamente votato al genocidio legalizzato si oppone l’indifferenza e a volte convivenza dei Paesi cosiddetti democratici. Infatti la società “ Sinergie Italiane” qualche tempo fa si vantava di aver raggiunto un vantaggioso accordo di approvvigionamento di gas proprio dalla Guinea Equatoriale e lo scorso 10 febbraio Josè Bono presidente del “Congreso de los diputados”( camera) spagnolo fa una visita ufficiale al dittatore. Proprio da quel giorno il più grande scrittore del Paese africano, Juan Tomàs Avila Laurel inizia lo sciopero della fame, contro il governo spagnolo che anziché combattere il regime preferisce trovare accordi. Juan Tomas che da anni con i suoi libri, poesie e opere teatrali racconta questa realtà, approfitta di questo evento per richiamare l’attenzione sul suo Paese, per sensibilizzare i popoli, per auspicare una rivoluzione democratica come nel nord Africa. Dal 10 febbraio continua il suo sciopero, ma ha dovuto lasciare,temporaneamente per motivi organizzativi, la sua amata Malabo (capitale della Giunea Equatoriale) per la Spagna. A suo sostegno è stato scritto un manifesto (diffuso anche su facebook) firmato da ricercatori, scrittori, poeti, filosofi e intellettuali in genere: tra i sostenitori il grande Noam Chomsky. In esclusiva grazie all’interessamento e alla collaborazione della dottoressa Selena Nobile esperta mondiale di letteratura e lingua Ispano- africana e docente all’Università di Basilicata, Lecce e Cosenza, riusciamo, per “ Il Quotidiano della Basilicata”, a contattare tra i suoi numerosi impegni tra Barcellona e Madrid, Juan Tomas per un’intervista, la prima concessa ad un giornale italiano.

Lei è senza dubbio uno degli scrittori e intellettuali più rappresentativi della Guinea Equatoriale. Perché uno scrittore deve iniziare uno sciopero della fame? Perché il potere ha paura delle parole di uno scrittore?

Lo sciopero della fame è uno modo, eclatante, perfino drastico, per richiamare l’attenzione. Queste forme si scelgono quando colui che inizia l’azione è solo e vuole che, il suo gesto, sia efficace. È chiaro anche che è molto pericoloso. I mezzi di comunicazione in Guinea Equatoriale non permettono il contatto necessario per informarsi e prendere delle decisioni corrette. Questo significa che siamo isolati. Il potere ha paura quando ci sono delle parole di uno scrittore, poiché le sue parole ne denunciano vizi e debolezze e poiché le sue parole possono giungere a tante persone. Nella lettera al Presidente del Camera Spagnola José Bono, lei tra le altre cose, denunciava l’appropriazione e l’esportazione delle ricchezze del suo Paese da parte del dittatore Teodoro Obiang Nguema e della sua famiglia. Perché la comunità internazionale tace? Perché continua a collaborare, nonostante tutto con il regime?

Perché ne ottiene dei vantaggi, è evidente. E perché il sistema politico mondiale è basato sull’ipocrisia. Inoltre, è risaputo che non permetterebbe mai che un’emergenza economica mettesse a rischio l’egemonia politica delle potenze mondiali.

Come si vive nel suo paese? Qual è la situazione contingente in Guinea Equatoriale? Pensa inoltre che gli intellettuali possano svolgere un ruolo decisivo in questo processo di cambiamento in corso?

Lo straniero che si trovasse in Guinea forse a prima vista non si renderebbe conto della situazione. Nelle città guineane non c’è acqua potabile e l’elettricità è scarsa. Moltissima gente vive in case nelle quali potrebbero vivere solo dei primitivi. La gente ha paura di parlare o di denunciare e soffre arbitri e maltrattamenti da parte di coloro che comandano e dai loro seguaci. Gli intellettuali, tutti, devono agire.

Sempre nella sua lettera rivendica il diritto del popolo guineoequatoriano a vivere con dignità, a salvaguardare l’ambiente e le risorse naturali. Perché è così forte la richiesta di difesa e di salvaguardia dell’ambiente in un paese così ricco di petrolio?

Perché tutto si può distruggere soprattutto se non si adottano le misure necessarie per controllare e prendersi cura dell’ambiente. I residui urbani, la deforestazione, assieme all’urbanizzazione selvaggia, distrugge l’ecosistema e quindi noi stessi.

Come ha intenzione di proseguire nella protesta?

Le azioni da compiere devono essere ripensate continuamente. Dobbiamo cercare sempre nuove strategie per ristabilire l’uguaglianza, la giustizia e l’umanità

Qual’è la sua idea di democrazie e di libertà?

Nel mondo ci deve essere, a parte tutto questo, prima di tutto uguaglianza. Se pochi hanno troppo e tanti non hanno nulla c’è una grande falla nel sistema

Perché si ha paura a confrontarsi con il male? Come si sente un uomo come lei, quando, superata la paura lo sfida con forza e determinazione?

Il male esiste in varie forme e cambia in continuazione oppure annulla la natura dell’uomo. Colui che non agisce come ci si aspetta che faccia un essere umano vuol dire che è contaminato,colpito dal male. Colui che supera la paura molte volte è solo, nel mondo abbiamo bisogno che molte persone superino la paura. Colui che ci riesce, agisce con determinazione ed efficacia.

Diceva Brecht: “Infelice quel popolo che ha bisogno di eroi”. Si sente un eroe?

Felice il popolo che trova il suo eroe, se lo salva dal pericolo. Oggi il mondo ha bisogno di una comunità, di una collettività. Non possono più nulla oramai eroi isolati, come nelle fiabe.

Concludiamo. A proposito di eroi: Peppino Impastato eroe ucciso dalla mafia siciliana ha lasciato tra le tante,una frase: “Insegniamo alla gente a riconoscere la Bellezza e a difenderla prima che venga distrutta”. Cos’è la Bellezza per lei?

La Bellezza è tutto ciò che mi spinge a dire le cose così come stanno.