La Pescespada, il clandestino e Laura
di Francesco Altavista
Roma – Una
storia che diventa il non luogo di uno scontro tra fantasia e realtà, è l’ultimo lavoro della scrittrice Laura Masielli dal
titolo :Il Pescespada, il clandestino”. L’opera nata come racconto sarà
messa in scena, dall’associazione “ I 7 Raccogli Fiabe” questa sera, al “Cinema
Palazzo” nel quartiere San Lorenzo a Roma. In anteprima l’autrice di
origini pugliesi Laura Masielli si intrattiene con “ Il quotidiano della
Basilicata” per un’
intervista.
Prima di cominciare l’intervista le chiedo una battuta sul suo amore per la
Basilicata…
Io ho scoperto la Basilicata da non molto tempo, sono venuta una prima volta l’ anno scorso. Non immaginavo che mi piacesse così tanto, che mi piacesse San Fele così tanto. Io abito in campagna sono appassionata, mi piace isolarmi. Avevo sentito parlare delle dolomiti lucane e della Basilicata ma non ci avevo mai messo piede pur avendo origini pugliesi. Quando sono giunta per la prima
volta in Basilicata sono rimasta senza parole, l’ho trovata spettacolare. Questo paese in cima al picco della montagna dal quale si domina la vallate che sembra un mare, è qualcosa di unico. Ho pensato di prendere casa, un rudere a
San Fele che costa anche pochissimo.
Questa sera il debutto del suo spettacolo: “ La pescespada, il clandestino”. Tutto nasce come al solito da un suo racconto. A quali emozioni si è ispirata per realizzare quest’opera?
Io sono abbastanza emotiva di mio e questo un po’ mi fa gioco nel momento in cui scrivo, io non ho fatto altro che raccontare quello che percepisco. Muoiono ragazzi, donne bambini nel attraversare questo maledetto mar di Sicilia, cercando una libertà; una possibilità di ricostruire un destino, di riscattare una vita che certamente non è facile. Cambiare il proprio destino è
la lotta vera che ha l’uomo durante il percorso della sua vita, non se ne rende conto ma la grande sfida che ha l’essere umano è il cambiamento. Noi italiani sapendo che questo è il nostro mare, sapendo che la popolazione di Lampedusa è anche accogliente non lì abbiamo mai ricordati, mai commemorati, mai l’onore
della morte. Ho avuto la necessità di comunicarlo, è nato per dare una giornata, un nome , a questi giovani e donne che sono senza patria, in fondo al mare, in un non luogo. E’ una storia fiabesca ma molto reale.
Cosa può anticipare della messa in scena di questo racconto?
C’è la sagoma di un barcone che sa di lercio, di muffa che si avventura in mare; c’è questo ragazzo che sta con le braccia attaccato al bordo della nave e cerca di intravedere l’orizzonte, la terra. C’è il coro, formato dai benpensanti, dai comuni mortali che, ad un certo punto, mostrano la loro disapprovazione verso i migranti. Il fatto che questi benpensanti sperano che
questa gente non arrivi a riva, che sperano in un brutto sogno, non è un’offesa ai lampedusani che sono accoglienti ma la storia è contraddizione, io con coraggio ho dato parola a questi borghesi che stano sulla roccaforte della loro sola e dicono queste cose perché non sanno come aiutare. C’è poi la figura
di una donna, colei che tiene i fili della storia dell’incontro tra questa Pescespada che sta per morire, perché vittima delle spadare e questo clandestino che si è gettato in mare per raccogliere le monetine scintillanti che poi alla fine erano illusioni, non erano altro che il suo popolo che lo richiamava a sé, nel fondo del mare. Di fatti il palcoscenico si divide in due piani: sopra gli uomini con la pesca illegale e il barcone, sotto i pesci, il
non luogo.
Nella prefazione c’è una poesia molto bella che poi è anche nel racconto del ragazzo che si abbandona al mare. Quale è il rapporto del suo racconto con la poesia?
La poesia per me è l’elemento trainante delle mie storie. Dalla poesia non si può prescindere, è il ritmo della nostra vita. Quando il clandestino accetta la morte dopo il dialogo con la Pescespada che racchiude tutte le figure femminili, lascia questo testamento, questa poesia. Voleva lasciare qualcosa. La Pescespada nella sua irrazionalità aveva lasciato le uova, da qualche parte che poi il pesce maschio andrà a fecondare. Lui cosa lascia che non ha niente ? Non rimarrà praticamente nulla nella storia.
Il suo racconto è uno scontro tra fantasia e realtà che fa nascere delle contraddizioni vere. Ricorda un po’ il grande Kafka e il suo assurdo. L’assurdo
spiega la realtà nel suo scrivere, si è ispirata ai racconti kafkiani ? Sì! Sono dei classici che mi appartengono che mi hanno accompagnato in questi anni. Io trovo che nell’assurdo e nel caos ci sia l’unica spiegazione possibile di tante cose che appartengono alla realtà, nella quale alla fine si è distratti. Il fatto di aver fatto questa associazione che si chiama “ I 7 raccogli fiabe” è proprio la sintesi di questo concetto dell’assurdo. I Raccogli fiabe sono quelli che vanno in giro a piedi più che in macchina, vanno
in giro la notte per vedere la realtà, difficile da accettare e la trasformano in fiabe. Per cui, quando si entra in contatto con la scrittura e la visione, si può anche scegliere che quella realtà esista veramente come raccontata. E’ uno sradicamento difficile da accettare perché abbiamo tutto per poter stare
meglio ma stiamo sempre peggio.
Nella sua opera tra le tante c’è una trasformazione, un terribile paradosso. In che momento il viaggio di libertà diventa una prigione ?
Per questi ragazzi rimanere in patria significa morire, mettersi in viaggio significa avere un’illusione di speranza. Approdare ad una terra dovrebbe essere liberazione e rinnovamento, molto spesso sanno che non è così. E’ come se iniziassero una trama di un viaggio del falso, in un rapporto mendace con al realtà, diventa quindi anche questa una meschina prigione. Io non voglio
dire che non esiste speranza, ma c’è per pochi allo stato attuale.
Tra i protagonisti della pièce c’è sicuramente il mediterraneo. Dai racconti
di Omero questo mare è cambiato molto, cosa è diventato?
Lo ha già detto una giornalista, Laura Sirignano che lo ha definito una bara liquida. Ci saranno duemila morti nel mediterraneo ma solo di questi ultimi anni. Il mediterraneo è una culla di culture ha una storia unica ma se pensiamo cosa siamo riusciti a fare sia dal punto di vista della salute ma anche dal far crescere le culture, capiamo che è un’altra di quelle cose che solo l’uomo riesce a distruggere.
Il progresso, la voglia di cambiare il proprio destino fa venire in mente Giovanni Verga con “ I Malavoglia” e il ciclo dei vinti. Per lei cosa è il progresso ?
Dovremmo essere più critici verso il progresso come lo intendiamo noi, se intendiamo l’effetto finale. Noi essere umani abbiamo bisogno di poco per portare avanti la nostra vita però il capitalismo cammina proprio su questa creazione di falsi bisogni dell’uomo, fa marciare un’economia, questo è un fatto meccanico. Il pensiero del progresso però è l’istinto naturale dell’uomo a migliorare la propria vita guardando altrove e non importa se va bene o va
male. Le devo dire questa cosa importante: noi facciamo lo spettacolo al “ Cinema palazzo”. Pochi giorni fa quando stavamo vedendo di sistemare le ultime cose della giornata di domenica dedicata al migrante, sono venuti a mettere dei
sigilli a questo luogo all’interno del centro storico di San Lorenzo. Vogliono farci un bingo, ma lei si rende conto! Poi sono intervenuti Dario Fo, la Guzzanti, Veltroni li hanno tolti. Questi volevamo farci un bingo, è incredibile , in un luogo splendido. Siamo alla follia.
Il suo prossimo libro?
Sto scrivendo una storia sulla
dentiera, è un omaggio a Marco Ferreri, ad un film stupendo che si intitolava “ La casa del sorriso” , un
film sugli anziani, sull’amore che può nascere alla terza età e sul sorriso. intervista.
Prima di cominciare l’intervista le chiedo una battuta sul suo amore per la
Basilicata…
Io ho scoperto la Basilicata da non molto tempo, sono venuta una prima volta l’ anno scorso. Non immaginavo che mi piacesse così tanto, che mi piacesse San Fele così tanto. Io abito in campagna sono appassionata, mi piace isolarmi. Avevo sentito parlare delle dolomiti lucane e della Basilicata ma non ci avevo mai messo piede pur avendo origini pugliesi. Quando sono giunta per la prima
volta in Basilicata sono rimasta senza parole, l’ho trovata spettacolare. Questo paese in cima al picco della montagna dal quale si domina la vallate che sembra un mare, è qualcosa di unico. Ho pensato di prendere casa, un rudere a
San Fele che costa anche pochissimo.
Questa sera il debutto del suo spettacolo: “ La pescespada, il clandestino”. Tutto nasce come al solito da un suo racconto. A quali emozioni si è ispirata per realizzare quest’opera?
Io sono abbastanza emotiva di mio e questo un po’ mi fa gioco nel momento in cui scrivo, io non ho fatto altro che raccontare quello che percepisco. Muoiono ragazzi, donne bambini nel attraversare questo maledetto mar di Sicilia, cercando una libertà; una possibilità di ricostruire un destino, di riscattare una vita che certamente non è facile. Cambiare il proprio destino è
la lotta vera che ha l’uomo durante il percorso della sua vita, non se ne rende conto ma la grande sfida che ha l’essere umano è il cambiamento. Noi italiani sapendo che questo è il nostro mare, sapendo che la popolazione di Lampedusa è anche accogliente non lì abbiamo mai ricordati, mai commemorati, mai l’onore
della morte. Ho avuto la necessità di comunicarlo, è nato per dare una giornata, un nome , a questi giovani e donne che sono senza patria, in fondo al mare, in un non luogo. E’ una storia fiabesca ma molto reale.
Cosa può anticipare della messa in scena di questo racconto?
C’è la sagoma di un barcone che sa di lercio, di muffa che si avventura in mare; c’è questo ragazzo che sta con le braccia attaccato al bordo della nave e cerca di intravedere l’orizzonte, la terra. C’è il coro, formato dai benpensanti, dai comuni mortali che, ad un certo punto, mostrano la loro disapprovazione verso i migranti. Il fatto che questi benpensanti sperano che
questa gente non arrivi a riva, che sperano in un brutto sogno, non è un’offesa ai lampedusani che sono accoglienti ma la storia è contraddizione, io con coraggio ho dato parola a questi borghesi che stano sulla roccaforte della loro sola e dicono queste cose perché non sanno come aiutare. C’è poi la figura
di una donna, colei che tiene i fili della storia dell’incontro tra questa Pescespada che sta per morire, perché vittima delle spadare e questo clandestino che si è gettato in mare per raccogliere le monetine scintillanti che poi alla fine erano illusioni, non erano altro che il suo popolo che lo richiamava a sé, nel fondo del mare. Di fatti il palcoscenico si divide in due piani: sopra gli uomini con la pesca illegale e il barcone, sotto i pesci, il
non luogo.
Nella prefazione c’è una poesia molto bella che poi è anche nel racconto del ragazzo che si abbandona al mare. Quale è il rapporto del suo racconto con la poesia?
La poesia per me è l’elemento trainante delle mie storie. Dalla poesia non si può prescindere, è il ritmo della nostra vita. Quando il clandestino accetta la morte dopo il dialogo con la Pescespada che racchiude tutte le figure femminili, lascia questo testamento, questa poesia. Voleva lasciare qualcosa. La Pescespada nella sua irrazionalità aveva lasciato le uova, da qualche parte che poi il pesce maschio andrà a fecondare. Lui cosa lascia che non ha niente ? Non rimarrà praticamente nulla nella storia.
Il suo racconto è uno scontro tra fantasia e realtà che fa nascere delle contraddizioni vere. Ricorda un po’ il grande Kafka e il suo assurdo. L’assurdo
spiega la realtà nel suo scrivere, si è ispirata ai racconti kafkiani ? Sì! Sono dei classici che mi appartengono che mi hanno accompagnato in questi anni. Io trovo che nell’assurdo e nel caos ci sia l’unica spiegazione possibile di tante cose che appartengono alla realtà, nella quale alla fine si è distratti. Il fatto di aver fatto questa associazione che si chiama “ I 7 raccogli fiabe” è proprio la sintesi di questo concetto dell’assurdo. I Raccogli fiabe sono quelli che vanno in giro a piedi più che in macchina, vanno
in giro la notte per vedere la realtà, difficile da accettare e la trasformano in fiabe. Per cui, quando si entra in contatto con la scrittura e la visione, si può anche scegliere che quella realtà esista veramente come raccontata. E’ uno sradicamento difficile da accettare perché abbiamo tutto per poter stare
meglio ma stiamo sempre peggio.
Nella sua opera tra le tante c’è una trasformazione, un terribile paradosso. In che momento il viaggio di libertà diventa una prigione ?
Per questi ragazzi rimanere in patria significa morire, mettersi in viaggio significa avere un’illusione di speranza. Approdare ad una terra dovrebbe essere liberazione e rinnovamento, molto spesso sanno che non è così. E’ come se iniziassero una trama di un viaggio del falso, in un rapporto mendace con al realtà, diventa quindi anche questa una meschina prigione. Io non voglio
dire che non esiste speranza, ma c’è per pochi allo stato attuale.
Tra i protagonisti della pièce c’è sicuramente il mediterraneo. Dai racconti
di Omero questo mare è cambiato molto, cosa è diventato?
Lo ha già detto una giornalista, Laura Sirignano che lo ha definito una bara liquida. Ci saranno duemila morti nel mediterraneo ma solo di questi ultimi anni. Il mediterraneo è una culla di culture ha una storia unica ma se pensiamo cosa siamo riusciti a fare sia dal punto di vista della salute ma anche dal far crescere le culture, capiamo che è un’altra di quelle cose che solo l’uomo riesce a distruggere.
Il progresso, la voglia di cambiare il proprio destino fa venire in mente Giovanni Verga con “ I Malavoglia” e il ciclo dei vinti. Per lei cosa è il progresso ?
Dovremmo essere più critici verso il progresso come lo intendiamo noi, se intendiamo l’effetto finale. Noi essere umani abbiamo bisogno di poco per portare avanti la nostra vita però il capitalismo cammina proprio su questa creazione di falsi bisogni dell’uomo, fa marciare un’economia, questo è un fatto meccanico. Il pensiero del progresso però è l’istinto naturale dell’uomo a migliorare la propria vita guardando altrove e non importa se va bene o va
male. Le devo dire questa cosa importante: noi facciamo lo spettacolo al “ Cinema palazzo”. Pochi giorni fa quando stavamo vedendo di sistemare le ultime cose della giornata di domenica dedicata al migrante, sono venuti a mettere dei
sigilli a questo luogo all’interno del centro storico di San Lorenzo. Vogliono farci un bingo, ma lei si rende conto! Poi sono intervenuti Dario Fo, la Guzzanti, Veltroni li hanno tolti. Questi volevamo farci un bingo, è incredibile , in un luogo splendido. Siamo alla follia.
Il suo prossimo libro?
Cosa è la Bellezza?
La Bellezza è un’illusione, una delle tante che circolano nell’area. Ognuno si fa interprete di questa astrazione.
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