mercoledì 21 dicembre 2011

La pescespada e il clandestino, intervista a Laura Masielli

da " Il quotidiano della Basilicata"

La Pescespada, il clandestino e Laura 

di Francesco Altavista



Roma – Una storia che diventa il non luogo di uno scontro tra fantasia e realtà, è l’ultimo lavoro della scrittrice Laura Masielli dal titolo :Il Pescespada, il clandestino”. L’opera nata come racconto sarà messa in scena, dall’associazione “ I 7 Raccogli Fiabe” questa sera, al “Cinema Palazzo” nel quartiere San Lorenzo a Roma. In anteprima l’autrice  di origini pugliesi Laura Masielli  si intrattiene con “ Il quotidiano della Basilicata” per un’
intervista.
Prima di cominciare l’intervista le chiedo una battuta sul suo amore per la 

Basilicata…
 
Io ho scoperto la Basilicata da non molto tempo, sono venuta una prima volta l’
anno scorso. Non immaginavo che mi piacesse così tanto, che mi piacesse San  Fele così tanto. Io abito in campagna sono appassionata, mi piace isolarmi.   Avevo sentito parlare delle dolomiti lucane e della Basilicata ma non ci avevo  mai messo piede pur avendo origini pugliesi. Quando sono giunta per la prima 
volta in Basilicata sono rimasta senza parole, l’ho trovata spettacolare. 
Questo paese in cima al picco della montagna dal quale si domina la vallate che  sembra un mare, è qualcosa di unico.  Ho pensato di prendere casa, un rudere a 
San Fele  che costa anche pochissimo. 

Questa sera il debutto del suo spettacolo: “ La pescespada, il clandestino”.
  Tutto nasce come al solito da un suo racconto. A quali emozioni si è ispirata  per realizzare quest’opera?
Io sono abbastanza emotiva di mio e questo un po’ mi fa gioco nel momento in 
cui scrivo, io non ho fatto altro che raccontare quello che percepisco.  Muoiono  ragazzi, donne bambini nel attraversare questo maledetto mar di  Sicilia, cercando una libertà; una possibilità di ricostruire un destino, di  riscattare una vita che certamente non è facile. Cambiare il proprio destino è 
la lotta vera che ha l’uomo durante il percorso della sua vita, non se ne rende 
conto ma la grande sfida che ha l’essere umano è il cambiamento. Noi italiani  sapendo che questo è il nostro mare, sapendo che la popolazione di Lampedusa è  anche accogliente non lì abbiamo mai ricordati, mai commemorati, mai l’onore 
della morte. Ho avuto la necessità di comunicarlo, è nato  per dare una 
giornata, un nome , a questi giovani e donne che sono senza patria, in fondo al  mare, in un non luogo. E’ una storia fiabesca ma molto reale.
Cosa può anticipare  della messa in scena di questo racconto?

C’è la sagoma di un barcone che sa di lercio, di muffa che si avventura in 
mare; c’è questo ragazzo che sta con le braccia attaccato al bordo della nave e  cerca di intravedere l’orizzonte, la terra. C’è il coro, formato dai  benpensanti, dai comuni mortali che, ad un certo punto, mostrano la loro  disapprovazione verso i migranti.  Il fatto che questi benpensanti sperano che 
questa gente non arrivi a riva, che sperano in un brutto sogno, non è un’offesa 
ai lampedusani che sono accoglienti ma la storia è contraddizione, io con  coraggio ho dato parola a questi borghesi che stano sulla roccaforte della loro  sola e dicono queste cose perché non sanno come aiutare.  C’è  poi la figura 
di una donna,  colei che tiene i fili della storia dell’incontro tra questa 
Pescespada che sta per morire, perché vittima delle spadare e questo  clandestino che si è gettato in mare per raccogliere le monetine scintillanti   che poi alla fine erano illusioni, non erano altro che il suo popolo che lo  richiamava a sé, nel fondo del mare. Di fatti il palcoscenico si divide in due  piani: sopra  gli uomini con la pesca illegale e il barcone, sotto i pesci, il 
non luogo. 

Nella prefazione c’è una poesia molto bella che poi è anche nel racconto del
  ragazzo che si abbandona al mare. Quale è il rapporto del suo racconto con la  poesia?
La poesia per me è l’elemento trainante delle mie storie. Dalla poesia non si 
può prescindere, è il ritmo della nostra vita.  Quando il clandestino accetta  la morte dopo il dialogo con la Pescespada che racchiude tutte le figure  femminili, lascia questo testamento, questa poesia. Voleva lasciare qualcosa.  La Pescespada nella sua irrazionalità aveva lasciato le uova, da qualche parte  che poi il pesce maschio andrà a fecondare. Lui cosa lascia che non ha niente ?  Non rimarrà praticamente nulla nella storia.
Il suo racconto è uno scontro tra fantasia e realtà che fa nascere delle
  contraddizioni vere. Ricorda un po’ il grande Kafka e il suo assurdo. L’assurdo 
spiega la realtà nel suo scrivere, si è ispirata ai racconti kafkiani ?
  Sì! Sono dei classici che mi appartengono che mi hanno accompagnato in questi anni. Io trovo che nell’assurdo e nel caos ci sia l’unica spiegazione  possibile di tante cose che appartengono alla realtà, nella quale alla fine si  è distratti. Il fatto di aver fatto questa associazione che si chiama “ I raccogli fiabe” è proprio la sintesi di questo concetto dell’assurdo. I  Raccogli fiabe sono quelli che vanno in giro a piedi più che in macchina, vanno 
in giro la notte per vedere la realtà, difficile da accettare e la trasformano 
in fiabe. Per cui, quando si entra in contatto con la scrittura e la visione, si può anche scegliere che quella realtà esista veramente come raccontata. E’  uno sradicamento difficile da accettare perché abbiamo tutto per poter stare 
meglio ma stiamo sempre peggio.

Nella sua opera tra le tante c’è una trasformazione, un terribile paradosso.
  In che momento il viaggio di libertà  diventa una prigione ?
Per questi ragazzi rimanere in patria significa morire, mettersi in viaggio 
significa avere un’illusione di speranza. Approdare ad una terra dovrebbe  essere liberazione e rinnovamento, molto spesso sanno che non è così. E’ come  se iniziassero una trama di un viaggio del falso, in un  rapporto  mendace  con  al realtà, diventa quindi anche questa una meschina prigione. Io non voglio 
dire che non esiste speranza, ma c’è per  pochi allo stato attuale. 

Tra i protagonisti della pièce c’è sicuramente il mediterraneo. Dai racconti
 
di Omero questo mare è cambiato molto, cosa è diventato?

Lo ha già detto una giornalista, Laura Sirignano che lo ha definito una bara 
liquida. Ci saranno duemila morti  nel mediterraneo ma solo di questi ultimi  anni. Il mediterraneo è una culla di culture ha una storia unica ma  se  pensiamo cosa siamo riusciti a fare sia dal punto di vista della salute ma  anche dal far crescere le culture, capiamo che è un’altra di quelle cose che  solo l’uomo riesce a distruggere. 
Il progresso, la voglia di cambiare il proprio destino  fa venire in mente   
  Giovanni Verga con “ I Malavoglia” e il  ciclo dei vinti. Per lei cosa è il progresso ?
Dovremmo essere più critici verso il progresso come lo intendiamo noi, se 
intendiamo l’effetto finale. Noi essere umani abbiamo bisogno di poco per  portare avanti la nostra vita però il capitalismo cammina proprio su questa  creazione di falsi bisogni dell’uomo, fa marciare un’economia, questo è un  fatto meccanico. Il pensiero del progresso però è l’istinto naturale dell’uomo  a migliorare la propria vita guardando altrove e non importa se va bene o va 
male.  Le devo dire questa cosa importante: noi facciamo lo spettacolo al “
Cinema palazzo”. Pochi giorni fa quando stavamo vedendo di sistemare le ultime  cose della giornata di domenica dedicata al migrante, sono venuti a mettere dei 
sigilli a questo luogo all’interno del centro storico di San Lorenzo. Vogliono 
farci un bingo, ma lei si rende conto!  Poi sono intervenuti Dario Fo, la  Guzzanti, Veltroni  li hanno tolti. Questi volevamo farci un bingo, è  incredibile , in un luogo splendido. Siamo alla follia.  
Il suo prossimo libro? 
Sto scrivendo una storia sulla dentiera, è un omaggio a Marco Ferreri, ad un film stupendo che si intitolava “ La casa del sorriso” , un film sugli anziani, sull’amore che può nascere alla terza età e sul sorriso. 
Cosa è la Bellezza?
La Bellezza è un’illusione, una delle tante che circolano nell’area. Ognuno si fa interprete di questa astrazione.

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