Potenza – “ La vita è talmente ingorda che non si riesce a goderne mai totalmente”: questa la sintesi dell’inno tragicomico alla vita che Lombardi nei panni dell’uomo dal fiore in bocca, regala al numeroso pubblico del teatro “ F. Stabile” di Potenza nell’ambito della rassega organizzata da “ Cose di teatro e musica” “ Voglia di teatro- teatri in rete”. Questo spettacolo ha la peculiare qualità di farti uscire per strada senza avere domande nella testa, come se quelle parole pirandelliane avessero detto tutto ed ora meritassero silenzioso rispetto o magari perché si è scoperto che anche il sollievo e la delusione sono una costruzione fallace di una speranza tradita. Sandro Lombardi e Roberto Latini mettono sulle tradizionali tavole dello “Stabile”, una rappresentazione straordinaria dell’atto unico del genio di Agrigento.Ci si alza dalle rosse sedie con il desiderio impellente di guardarsi patologicamente attorno; la storica via Pretoria di Potenza diventa il regno dell’assurdo della vita, le maschere viste sul palcoscenico ti perseguitano, mentre a passo lento immagini e fantasmi giocano nei tuoi occhi. Sulla sinistra un portone pieno di fiori, d’altra parte ragazzi appoggiati ai marmi dei negozi chiusi, altri in coppia mentre si regalano un sorriso che è terribilmente triste. La stessa risata della pièce quella fatta ripetere da un cinico eco mostrato da un sistema audio perfetto. Il sipario non è mai chiuso, al centro una gabbia ottagonale ornata qui e là con delle piume bianche e al centro un’altalena da prima ferma e poi in movimento; tutto subito visibile dal pubblico appena arriva in teatro. La scena quindi invade la platea, sul palco c’è la vita; sul palco c’è la realtà. Un esempio di teatro sperimentale al limite della perfezione, un teatro che prende vita, parla per simboli e metafore; parla per costruzioni quasi “Nietzschiane”, forse più nichiliste e pungenti. Gli studenti che prima dello spettacolo giochicchiano con i loro cellulari facendo fare qualche smorfia perbenista a qualche “borghesotto” potentino, a fine spettacolo sono estasiati, in piedi per l’inchino finale ad applaudire. Lombardi è un maestro assoluto, tiene la scena con straordinaria eleganza e potenza, cattura l’attenzione, ammalia ed affascina con la sua voce mai in totale e scialbo equilibrio. Arriva con i guanti,scarpe esagerate e il viso tinto di bianco, è lui l’uomo con l’epitelioma, il fiore che gli ha prestato la morte e che lei tornerà per riprenderselo. E’ un clown amaro, triste, saggio e conoscitore. Parla con parole taglienti e “felliniane”, ben incastonate con i fendenti della tromba e delle altre colonne sonore incredibili di Gianluca Misiti. Già la musica tra il jazz sperimentale, il grunge, allo space rock e all’Ambient music, sempre presente a volte interrotta da uno sparo di pistola. La regia è perfetta, emozionante, stracolma di simboli e di genialità, affidata ad un’eccezionale Roberto Latini. Quest’ultimo è un misto tra Marcel Marceau, un efebo bunueliano e Charlie Chaplin quando si muove, quando le parole che vengono espresse durate la pièce prendono forma con il corpo degli attori. Il suo recitare è eccitante, non solo è il corpo a muoversi ma anche la voce che da flebile e bambinesca si trasforma fino a diventare nella stessa frase, profonda, passionale, rabbiosa ricordando un po’ un Carmelo Bene dei bei tempi. Un teatro straordinario quello del maestro Lombardi e di un emozionante e bravissimo Latini,un pièce che è durata solo un’ora ma che è riuscita a mettere in fila tutti i sogni e le speranze, in fila verso la vita oppure verso la morte.
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