da " Il quotidiano della Basilicata"
"Brigante se more "di Eugenio Bennato
I FIGLI DIMENTICATI
di Francesco Altavista
---“ Nun ce ne fotte d’o Rre Burbone ma a terra è a nosta e nun s’adda tucca’. Questi sono due versi tra i più famosi e manipolati della famosa ballata “ Brigante se more “ scritta nel marzo del 1979 da Eugenio Bennato e Carlo D’angiò. “Brigante Se more” è anche il titolo del libro di Bennato, con prefazione di D’Angiò in tutte le librerie dal sette ottobre ( coniglio editore), un lavoro che parte proprio dalla consapevolezza che la ballata sui brigati è stata scritta dai due cantautori napoletani. Tante le leggende e le accuse che volevano far risalire “ Brigante se more” ad un secolo prima. Questo indica l’importanza di questo canto che è diventato inno per la Basilicata. Bennato e D’angiò scrivono questo e altri pezzi per le colonne sonore dello sceneggiato Rai del regista Majano sul libro di Carlo Alianello: “ L’eredità della Priora”.Il cantautore ripercorre nel libro la storia e l’ambiente che lo ha portato a scrivere queste ballate e incredibilmente le esperienze personali si intrecciano alla storia dimenticata del sud usando come pretesto ora i racconti di Carlo Alianello , ora le analisi anche stilistiche delle sue ballate. Bennato contrappone la sua visione a quella ufficiale, quella raccontata da chi le guerre le ha vinte. Il libro racconta l’anima degli sconfitti, i figli maledetti degli avvenimenti. Un discorso che si presta bene a rovinare i festeggiamenti per il 150esimo anniversario dell’Unità D’Italia, si presta bene per fare una riflessione su vicende volutamente infangate e dimenticate dal potere dominante: prima dei Savoia e ora da chi probabilmente fa piacere nascondere questa realtà e non vuole chiedere scusa come invece ha fatto il congresso americano nel 2000 nei confronti dei Pelle Rossa, ci spiega l’autore nel capitolo 28.Bennato scava nei suoi ricordi, parte dalla nascita del pezzo “Brigante se more “ e con capitoli brevi ci racconta i timori di un giovane innamorato della musica popolare. Il discorso si evolve passando alle vicende del sud, della Basilicata e dei delitti piemontesi. Parla di musica e di testimonianze che non vengono dalla storia ufficiale, parla di : Carmine Crocco, Ninco Nanco e un capitolo splendido sulla bella brigantessa Michelina De cesare: la sua storia d’amore con il brigante Francesco Guerra e le appassionanti riflessioni sul tentativo di distruggere la dignità dei briganti dopo averli fotografati e poi scannati . Ai capitoli Bennato aggiunge le sue ballate correlate da parte degli spartiti, l’ultima in ordine di tempo proprio quella su Michelina De Cesare : “ Il sorriso di Michela”. Lo scrittore di questo libro è un cantautore e studioso della cultura popolare, parla per conoscenza dei fatti e anche se non è della Basilicata, traspare dal libro l’odore della terra lucana con le su vibrazioni, come nella splendida ballata, “Basilicata” usata nello sceneggiato solo in versione strumentale . Interessante la sua critica agli autori troppo superficiali, (a volte hanno scritto che “Brigate se more “ era un canto sanfedista del 1799) che scrivono sui briganti per moda o perché legati ad uno strano partito filo-borbonico. “ Nun ce ne fotte d’o Rre Burbone” questo il verso esatto e originale della ballata sui briganti, scritto da Bennato ad indicare che nella sua visione i briganti non avevano padroni, lottavano per la propria terra; a suffragare questa visione secondo l’autore, il fatto storico del disarmo del generale borbonico da parte di Carmine Crocco.Bennato fa un viaggio nel passato si sofferma su musica e tradizione, ripercorre i suoi anni ribelli del 1979 poi il travaglio artistico e le piccole delusioni originate dalla chiusura mentale dei grossi discografici ma soprattutto le ballate sui Brigati per gridare a suon di taranta la storia dimenticata del meridione. Il tutto senza essere uno storico ma con le emozioni di un uomo del sud. Il Cantautore partenopeo consegna uno spunto e tanti strumenti di indagine al lettore interessato che vuole andare avanti verso una storia ancora per lunghi tratti sconosciuta. Sono i briganti fuori dalla dicotomia giusto o sbagliato, una visione alternativa e quasi sconosciuta per i più realisti ma affascinate per i più romantici che per una volta leggono una storia dove il popolo lucano non abbassa la testa al padrone, il tutto unito ad una bella bibliografia sulla storia del meridione come i riferimenti al libro “ Piemontisi, Briganti e Maccaroni” di Ludovico Greco del 1975 e fuori commercio. Questo è il grande merito di Bennato. Contattiamo quest’ultimo a telefono e gentilmente si presta per un’ intervista esclusiva per “Il quotidiano” .
Maestro Bennato, è stato necessario scrivere un libro per spiegare che “ Brigate se more” è nato dalla sua fantasia artistica insieme a Carlo D’Angiò?
Le leggende che sono nate attorno a questo pezzo, sono interessanti e se vuoi sottolineano la singolarità del pezzo. Avevo, però il dovere di raccontare come è nato il brano e quindi sfatare la leggenda che questo pezzo fosse stato scritto nell’800. Abbiamo scritto una ballata sui briganti ma con i modi anche melodici e strutturali e le consapevolezze di gente del 1970 , forse anche per questo ha avuto questo successo.
Il fatto che sia entrata nella tradizione lucana e del sud, può indicare anche la mancanza di veri canti sui briganti in Basilicata e nel sud?
Secondo me se ci sono stati canti dei brigati sono stati cancellati insieme ai loro volti e alla loro storia. Infatti quando abbiamo accettato di scrivere le colonne sonore per lo sceneggiato ci siamo presi una grande responsabilità, parlare di una storia tagliata e che era stata messa a tacere per sempre.
Ma la storia della nascita del pezzo è solo un pretesto?
Lo spunto è stata quella di raccontare la genesi di un canto poi sono passato a ripercorrere il cammino, il clima , dell’epoca nella quale ho scritto questo ed altri brani sui briganti, andare quindi alla scoperta di una musica e di una storia dimenticata. Diciamo che da una parte la storia dei briganti e d’altra la storia dei briganti della musica popolare.
Per te maestro chi sono i Briganti e perché cantarli?
I Briganti storicamente sono dei personaggi che non sono stati mai nominati ufficialmente e sono finiti dell’anonimato. Ballate come “ Brigante se more” , oppure con la ballata di “ Ninco Nanco” e “ Il sorriso di Michela” hanno il potere di farli venire fuori perché migliaia di ragazzi adesso conoscono i loro nomi e le loro facce. I briganti sono quelli che hanno combattuto per difendere un’etnia , una cultura o meglio per difendere una storia. I briganti della musica poi sono i tanti giovani che imbracciano una chitarra battente o un tamburello, devono avere per forza un pizzico di brigante dentro.
Briganti della storia come la bella Michelina De cesare, donna brigante un’anomalia nella Lucania maschilista ?
Michelina era molto di più che la donna di un brigante. Michelina era un elemento di spicco della banda, uno dei capi riconosciuti. Dalle fotografie traspare però una donna forte, tutta la bellezza di una donna del sud, fiera ritratta con il suo fucile. Una donna che lottò sul serio.
Si Michelina non era semplicemente la donna del capo banda, ma una vera e propria capo brigante.
Un brigante della musica può essere il lucano Antonio Infantino a cui sei legato molto?
Antonio Infantino per me è stato straordinariamente importate, ho avuto tanti maestri ma lui è stato fondamentale. Infantino è un maestro , nella sua stravaganza per non dire follia è un vero artista. Quando ero ragazzo mi ha colpito la sua personalità, fui colpito in un concerto , andai insieme a Carlo D’Angiò anche lui affascinato, prima di scrivere “ Brigante se more” . Infantino apri il concerto con un pezzo che durò un’ora , poi una pausa e poi un altro pezzo di cinque minuti e chiuse il concerto. Rimanemmo rapiti da Infantino che era riuscito a far sentire le vibrazioni della sua terra arida e sconosciuta, la terra lucana.
Questo libro può essere inteso anche come un manifesto per un partito del sud ?
Questo lo dovrà dire il lettore .Ho raccontato la storia come l’ho percepita e appresa, poi sicuramente è il mio percorso che mi ha portato a formulare un atto di accusa ad una retorica risorgimentale che ha messo a tacere la tradizione e la storia del sud . Oggi l’Italia nel 150esimo anniversario ha il dovere di dare delle risposte.
Nel libro usi le parole di Crocco e fai una riflessione sulla libertà. Oggi la Basilicata è dominata dalle sue tante contraddizioni , tra petrolio, bellezze naturali e tradizione. Quale è una possibile libertà per questa terra?
La libertà è quella di vivere un futuro in armonia con la propria ricchezza, con le proprie tradizioni e vocazioni. La libertà è l’equilibrio tra innovazioni e la grandezza che ci viene dal passato ma anche fare una scelta.
1 commento:
cazzate mio nonno la conosceva prima del 79 e la cantava quando ero piccolo
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