La lunga storia d'amore con l'arpa
di Francesco Altavista
Viggiano – E’ un vero maestro di arte, dalla musica
al teatro, passando per la ricerca e lo
studio; è una leggenda nata nel sud, nella Napoli grandiosa capitale europea
della cultura, fa parte di quella storia comune al meridione che a tutti piace
ricordare. E’ il maestro Peppe Barra che
questa ( domenica 5 agosto) sera riceverà il premio “ Arpa Popolare
Viggianese”, a Viggiano nell’ambito della “Rassegna dell’arpa” . L’artista di
Procida dopo la consegna del premio concederà a tutti i presenti il suo
spettacolo musicale, un concerto imperdibile, una perla da custodire nel
ricordo. Peppe Barra dimostrando ancora una volta la sua gentilezza ed umiltà
si concede per una chiacchierata con “ Il quotidiano della Basilicata”.
Maestro, le
consegneranno il premio “ Arpa Popolare Viggianese”. Quale è il suo rapporto
con questo strumento di tradizione viggianese e lucana ? Cosa ricambierà
artisticamente ai presenti?
La motivazione del premio non la so. Per quanto riguarda il
mio amore per Viggiano , i viggianese e l’arpa risale a molti anni fa, quando
adottammo nella Nuova Compagnia di Canto Popolare l’arpa viggianese. Ed è stato
sempre un ricordo bellissimo della mia memoria, quando studiavamo ed
analizzavamo l’arpa e tutte le musiche che si potevano fare e strumentare
sull’arpa viggianese. Vengo da poco dal “festival della Magna Grecia” , per cui
nel concerto che farò a Viggiano ci saranno anche questi pezzi e poi non so
cosa succederà perché quando faccio i concerti adotto sempre un
atteggiamento sperimentale con il pubblico ed escono delle
belle cose, mi diverto sempre perché il mio concerto non è mai fine a sé
stesso, è sempre in funzione del pubblico, sempre in rapporto con il pubblico.
Secondo lei maestro ,
quale è il posto oggi della musica e della cultura di tradizione popolare?
Mi è sempre piaciuto soffermarmi sulle tradizioni, sulle
canzoni e su tutto quello che è cultura
popolare. Ieri sono stato a fare una conferenza sul costume popolare procidano.Una mia amica che è una brava costumista del cinema e non
solo Elisabetta Montaldo, figlia del
regista Giuliano Montaldo, ha fatto questo studio ed ha realizzato questo
vestito di tradizione procidano. Mi
piace studiare ed analizzare ancora il
mondo popolare, attraverso scoperte, per esempio questo costume, che è il
vestito di mia madre e mi piace ricordarla in questo modo così intenso. Devo
ammettere che la cultura popolare nel sud non esiste più. Mi piace però pensare
a questi giovani viggianesi che recuperano la tradizione dell’arpa, mi piace
pensare che in Calabria organizzano concerti di tarantelle, a Procida vedo che
si organizzano per tenere viva una tradizione. Ma la devono reinventare, perché
non c’è.
La Nuova compagnia di
Canto Popolare, ha fatto davvero tanto artisticamente per reinventare una
cultura popolare, facendo sviluppare anche delle attività economiche,perché
l’ha dovuta lasciare nel 1978?
Per me la compagnia si è estinta quando sono andato via io
e tutti gli elementi che avevano creato
la compagnia, tra cui Roberto De Simone. E’ un discorso difficile, quando si è
giovani non si pensa al futuro, la NCCP non pensava al futuro ma al successo immediato ed aveva dimenticato la
ricerca, aveva un po’ abbandonato e
viveva sugli allori, questa cosa non è piaciuta a me ed ad altri. Per cui sono
andato via ed ho seguito Roberto in un discorso teatrale, perché la NCCP doveva
sfociare in un discorso teatrale. Doveva
seguire quella strada, quello studio, hanno ritenuto di fare un discorso
narcisista e non mi piaceva.
Nel 1995 lei ha partecipato al progetto del disco “
Canti randagi “, ha cantato “ Bocca di Rosa“
nella lingua da lei molto amata, il napoletano. Come è nata questa partecipazione e questo
lavoro sul brano?
Come tutte le cose
che io faccio, feci questa collaborazione con amore. Ho avuto una telefonata da
Fabrizio, ci conoscevamo è stato sempre il mio cantautore preferito, ha voluto
propormi di tradurre una delle sue canzoni per il disco “ Canti randagi”.Un
disco che si faceva per ricordare i pezzi di De Andrè, quando era ancora in
vita. Ogni gruppo italiano e straniero ha scelto un pezzo, io ho scelto “ Bocca
di Rosa”,la traduzione fatta Vincenzo
Salemme, devo dire fu molto interessante
come linguaggio.
Peppe Barra è anche
grande teatro. A che punto è il teatro oggi, specie nella città della cultura
Napoli?
Napoli è all’insegna del cattivo gusto e della cattiva
politica, non sono sensibili alla cultura.. Governare Napoli non è facile,
specie quando ha avuto un mal governo per tanti anni. Io cito sempre questa
canzone dei Sanfedisti sempre, te la traduco : “ Napoli è come un leccalecca,
ognuno viene lecca, prende e se ne va” .
Così è stato e cosi sarà Napoli. Non ci sono più autori italiani. Stiamo
vivendo un periodo medievale. Napoli dopo i grandi sta vivendo un periodo
ombroso, speriamo che i giovani prendano in mano la situazione, dando un po’ di gloria a questa città che ne ha
avuta tanta. Stiamo attraversando un
periodo orrendo, sia di cultura che di gusto degli italiani. Vediamo questa
invadenza dei nuovi comici che a me non fanno nemmeno ridere, vediamo che la
gente accorre come pazzi agli spettacoli di questi comici che calpestano il
luogo sacro del palcoscenico, con noncuranza di etica e di buon gusto. Molti
di questi mi fanno piangere.
Maestro ,
concludiamo.Cosa è la Bellezza?
La Bellezza è ciò che va in armonia con il pensiero, è ciò
che rende l’uomo felice ed in armonia con il creato.
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