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domenica 24 ottobre 2010

Jazz: Intervista Gegè Telesforo

da " il quotidiano della Basilicata"









E' il primo ospite della rassegna " Winter 2010" promossa dall'Officina del Jazz
GeGè nei Sassi a tutto Soud
Di ritorno dall'Expo di Shangai presenta insieme al suo quintetto il decimo album daa solista " So cool" perfetto mix tra voce e sax.


di Francesco Altavista

Matera – Quando si parla di Gegè Telesforo lo si fa sempre in riferimento alle esperienze che ha avuto nella bella televisione insieme all’amico Renzo Arbore. Telesforo non è solo questo. Polistrumentista, vocalist, conduttore e autore di programmi televisivi e radiofonici ,in sostanza una personalità artistica completa e unica. Il maestro negli ultimi anni si dedica soprattutto alla sua passione: il Jazz. Sarà a Matera insieme al suo Quintet jazz presso l’Auditorium R. Gervasio in piazza Sedile, il prossimo 24 ottobre dopo l’uscita del suo ultimo album “ So Cool” . In un’intervista concessa in anteprima al “ Il quotidiano della Basilicata” di ritorno dall’expo di Shangai, cerchiamo di conoscere meglio una personalità eclettica di spicco del panorama artistico internazionale.
“ So Cool” il tuo decimo album da solista, ci parla di un jazz diverso particolarmente innovativo con venature Latin Jazz, swing , groove e Be-bop. Un album che è uscito anche negli Stati Uniti. Maestro cosa ti ha portato a registrare questo album molto innovativo ?
Questo album è praticamente l’evoluzione di tanti anni di lavoro, di musica , di concerti. Avevo scritto questo nuovo materiale perché volevo fare un ritorno al passato, alla musica che mi è sempre piaciuta e a quello che ho sempre ascoltato. Il disco propone delle sonorità acustiche che si rifanno alle sonorità Hard Pop anni 60. Non volevo però dimenticare quello che avevo fatto negli ultimi anni, la mia passione per il Funky, per le venature latine che hai trovato nell’album. Avvalendomi della collaborazione di musicisti tra i più talentuosi d’Italia, sono riuscito a registrare gli undici brani in una giornata e mezza, tutti insieme, come se stessimo suonando dal vivo. Anche per questo motivo sono contento del risultato, hanno suonato tutti benissimo ma si sente la verità della musica che ci deve sempre essere quando si fa jazz.
Nell’album c’è una simbiosi emozionante e magica soprattutto tra il sax e la voce, questo grazie ad una arte nella quale tu sei considerato il re: lo Scat
E’ un’arte antica che è stata dimenticata , non solo in Italia ma anche negli Stati Uniti dove è stata inventata negli anni 20 e proposta su dischi per la prima volta da Luis Armstrong.Ci sono stati e ci sono dei grandi maestri ma purtroppo tra le nuove generazioni è un’arte che non si è sviluppata, forse perché risulta complicata. Capisco che ci sono molte difficoltà per apprenderla, praticamente si utilizza la voce come uno strumento, la voce per cantare le melodie. Devi però improvvisare e per farlo la musica bisogna conoscerla bene. Non esistono scuole nel mondo saremo una decina ad utilizzare quest’arte, considerando che la metà appartiene ad una generazione prima della mia.
Ben Sidran, un grande della musica ha scritto i testi dell’album e da anni collabora con te. Come vi siente incontrati?
Conosco Ben dal 1987, quando lo invitai a partecipare ad una serie di puntate televisive, andavo in onda con un programma chiamato “ Doc” su Rai Due. Qualche anno dopo Ben mi chiamò per registrare dei dischi per la sua etichetta discografica e quindi mi trasferii negli Stati Uniti dove sono stato un bel po’ di tempo, realizzando dischi per lui ma anche suonando in concerto con tutti gli artisti legati alla sua etichetta. Da allora abbiamo continuato a fare concerti in giro per il mondo e oggi è uno dei miei migliori amici, è un intellettuale del genere, un grande maestro e quando realizzo le mie produzioni gli propongo sempre il mio materiale. E’ il personaggio giusto per descrivere in parole le mie emozioni musicali.
Il jazz è un genere che per molti rappresenta erroneamente un qualcosa di troppo raffinato, tanto da allontanare. Come nasce questa tua passione per il
jazz?
Per me è stato molto naturale, mio padre è appassionato di jazz e di musica. A casa avevamo tutti gli strumenti e quindi io sono cresciuto con il suono del jazz. Era un punto di contatto, il nostro gioco preferito. Se per mio padre il jazz è rimasto un passione invece per me è diventato il motore della vita . Ho continuato a fare musica , ho abbandonato gli studi di economia e commercio a venti anni , per dedicarmi alla musica e poi in seguito come comunicatore in radio e televisione. L’artista deve amare molto quello che fa, quando salì su un palco devi fare l’amore con la musica. Se un giorno mi sveglio e capisco che faccio musica solo per lavoro, smetto e mi metto a vendere francobolli.
Sei anche uno dei padri della televisione- maestra. Da allora la televisione è cambiata molto forse in peggio, secondo te perché questo declino?
Oggi bisogna fare sensazione nel bene e nel male perché si fanno i numeri con cose brutte e con la volgarità, è successo perché la pubblicità ha comprato la televisione o la televisione si è venduta. Lo stesso avviene con la musica in tv. Abbiamo raggiunto il fondo. Io appartengo ad una generazione che voleva fare un disco come punto di arrivo, oggi si parte con il disco. Io ho registrato un disco per la prima volta a 30 anni, era un sogno. Ho fato da allora dieci album da solista e trenta partecipando ad album di amici, ho girato il mondo e sento ancora il bisogno di studiare, non sono ancora soddisfatto di quello che faccio, non mi voglio fermare.
Cosa è la Bellezza?
La Bellezza è un’esperienza soggettiva, quando l’emozione stimola e viene stimolata dalla creatività e fantasia.

venerdì 15 ottobre 2010

"Brigante se more ", intervista a Eugenio Bennato

da " Il quotidiano della Basilicata"



"Brigante se more "di Eugenio Bennato
I FIGLI DIMENTICATI



di Francesco Altavista



---“ Nun ce ne fotte d’o Rre Burbone ma a terra è a nosta e nun s’adda tucca’. Questi sono due versi tra i più famosi e manipolati della famosa ballata “ Brigante se more “ scritta nel marzo del 1979 da Eugenio Bennato e Carlo D’angiò. “Brigante Se more” è anche il titolo del libro di Bennato, con prefazione di D’Angiò in tutte le librerie dal sette ottobre ( coniglio editore), un lavoro che parte proprio dalla consapevolezza che la ballata sui brigati è stata scritta dai due cantautori napoletani. Tante le leggende e le accuse che volevano far risalire “ Brigante se more” ad un secolo prima. Questo indica l’importanza di questo canto che è diventato inno per la Basilicata. Bennato e D’angiò scrivono questo e altri pezzi per le colonne sonore dello sceneggiato Rai del regista Majano sul libro di Carlo Alianello: “ L’eredità della Priora”.Il cantautore ripercorre nel libro la storia e l’ambiente che lo ha portato a scrivere queste ballate e incredibilmente le esperienze personali si intrecciano alla storia dimenticata del sud usando come pretesto ora i racconti di Carlo Alianello , ora le analisi anche stilistiche delle sue ballate. Bennato contrappone la sua visione a quella ufficiale, quella raccontata da chi le guerre le ha vinte. Il libro racconta l’anima degli sconfitti, i figli maledetti degli avvenimenti. Un discorso che si presta bene a rovinare i festeggiamenti per il 150esimo anniversario dell’Unità D’Italia, si presta bene per fare una riflessione su vicende volutamente infangate e dimenticate dal potere dominante: prima dei Savoia e ora da chi probabilmente fa piacere nascondere questa realtà e non vuole chiedere scusa come invece ha fatto il congresso americano nel 2000 nei confronti dei Pelle Rossa, ci spiega l’autore nel capitolo 28.Bennato scava nei suoi ricordi, parte dalla nascita del pezzo “Brigante se more “ e con capitoli brevi ci racconta i timori di un giovane innamorato della musica popolare. Il discorso si evolve passando alle vicende del sud, della Basilicata e dei delitti piemontesi. Parla di musica e di testimonianze che non vengono dalla storia ufficiale, parla di : Carmine Crocco, Ninco Nanco e un capitolo splendido sulla bella brigantessa Michelina De cesare: la sua storia d’amore con il brigante Francesco Guerra e le appassionanti riflessioni sul tentativo di distruggere la dignità dei briganti dopo averli fotografati e poi scannati . Ai capitoli Bennato aggiunge le sue ballate correlate da parte degli spartiti, l’ultima in ordine di tempo proprio quella su Michelina De Cesare : “ Il sorriso di Michela”. Lo scrittore di questo libro è un cantautore e studioso della cultura popolare, parla per conoscenza dei fatti e anche se non è della Basilicata, traspare dal libro l’odore della terra lucana con le su vibrazioni, come nella splendida ballata, “Basilicata” usata nello sceneggiato solo in versione strumentale . Interessante la sua critica agli autori troppo superficiali, (a volte hanno scritto che “Brigate se more “ era un canto sanfedista del 1799) che scrivono sui briganti per moda o perché legati ad uno strano partito filo-borbonico. “ Nun ce ne fotte d’o Rre Burbone” questo il verso esatto e originale della ballata sui briganti, scritto da Bennato ad indicare che nella sua visione i briganti non avevano padroni, lottavano per la propria terra; a suffragare questa visione secondo l’autore, il fatto storico del disarmo del generale borbonico da parte di Carmine Crocco.Bennato fa un viaggio nel passato si sofferma su musica e tradizione, ripercorre i suoi anni ribelli del 1979 poi il travaglio artistico e le piccole delusioni originate dalla chiusura mentale dei grossi discografici ma soprattutto le ballate sui Brigati per gridare a suon di taranta la storia dimenticata del meridione. Il tutto senza essere uno storico ma con le emozioni di un uomo del sud. Il Cantautore partenopeo consegna uno spunto e tanti strumenti di indagine al lettore interessato che vuole andare avanti verso una storia ancora per lunghi tratti sconosciuta. Sono i briganti fuori dalla dicotomia giusto o sbagliato, una visione alternativa e quasi sconosciuta per i più realisti ma affascinate per i più romantici che per una volta leggono una storia dove il popolo lucano non abbassa la testa al padrone, il tutto unito ad una bella bibliografia sulla storia del meridione come i riferimenti al libro “ Piemontisi, Briganti e Maccaroni” di Ludovico Greco del 1975 e fuori commercio. Questo è il grande merito di Bennato. Contattiamo quest’ultimo a telefono e gentilmente si presta per un’ intervista esclusiva per “Il quotidiano” .
Maestro Bennato, è stato necessario scrivere un libro per spiegare che “ Brigate se more” è nato dalla sua fantasia artistica insieme a Carlo D’Angiò?
Le leggende che sono nate attorno a questo pezzo, sono interessanti e se vuoi sottolineano la singolarità del pezzo. Avevo, però il dovere di raccontare come è nato il brano e quindi sfatare la leggenda che questo pezzo fosse stato scritto nell’800. Abbiamo scritto una ballata sui briganti ma con i modi anche melodici e strutturali e le consapevolezze di gente del 1970 , forse anche per questo ha avuto questo successo.
Il fatto che sia entrata nella tradizione lucana e del sud, può indicare anche la mancanza di veri canti sui briganti in Basilicata e nel sud?
Secondo me se ci sono stati canti dei brigati sono stati cancellati insieme ai loro volti e alla loro storia. Infatti quando abbiamo accettato di scrivere le colonne sonore per lo sceneggiato ci siamo presi una grande responsabilità, parlare di una storia tagliata e che era stata messa a tacere per sempre.
Ma la storia della nascita del pezzo è solo un pretesto?
Lo spunto è stata quella di raccontare la genesi di un canto poi sono passato a ripercorrere il cammino, il clima , dell’epoca nella quale ho scritto questo ed altri brani sui briganti, andare quindi alla scoperta di una musica e di una storia dimenticata. Diciamo che da una parte la storia dei briganti e d’altra la storia dei briganti della musica popolare.
Per te maestro chi sono i Briganti e perché cantarli?
I Briganti storicamente sono dei personaggi che non sono stati mai nominati ufficialmente e sono finiti dell’anonimato. Ballate come “ Brigante se more” , oppure con la ballata di “ Ninco Nanco” e “ Il sorriso di Michela” hanno il potere di farli venire fuori perché migliaia di ragazzi adesso conoscono i loro nomi e le loro facce. I briganti sono quelli che hanno combattuto per difendere un’etnia , una cultura o meglio per difendere una storia. I briganti della musica poi sono i tanti giovani che imbracciano una chitarra battente o un tamburello, devono avere per forza un pizzico di brigante dentro.
Briganti della storia come la bella Michelina De cesare, donna brigante un’anomalia nella Lucania maschilista ?
Michelina era molto di più che la donna di un brigante. Michelina era un elemento di spicco della banda, uno dei capi riconosciuti. Dalle fotografie traspare però una donna forte, tutta la bellezza di una donna del sud, fiera ritratta con il suo fucile. Una donna che lottò sul serio.
Si Michelina non era semplicemente la donna del capo banda, ma una vera e propria capo brigante.


Un brigante della musica può essere il lucano Antonio Infantino a cui sei legato molto?

Antonio Infantino per me è stato straordinariamente importate, ho avuto tanti maestri ma lui è stato fondamentale. Infantino è un maestro , nella sua stravaganza per non dire follia è un vero artista. Quando ero ragazzo mi ha colpito la sua personalità, fui colpito in un concerto , andai insieme a Carlo D’Angiò anche lui affascinato, prima di scrivere “ Brigante se more” . Infantino apri il concerto con un pezzo che durò un’ora , poi una pausa e poi un altro pezzo di cinque minuti e chiuse il concerto. Rimanemmo rapiti da Infantino che era riuscito a far sentire le vibrazioni della sua terra arida e sconosciuta, la terra lucana.
Questo libro può essere inteso anche come un manifesto per un partito del sud ?
Questo lo dovrà dire il lettore .Ho raccontato la storia come l’ho percepita e appresa, poi sicuramente è il mio percorso che mi ha portato a formulare un atto di accusa ad una retorica risorgimentale che ha messo a tacere la tradizione e la storia del sud . Oggi l’Italia nel 150esimo anniversario ha il dovere di dare delle risposte.
Nel libro usi le parole di Crocco e fai una riflessione sulla libertà. Oggi la Basilicata è dominata dalle sue tante contraddizioni , tra petrolio, bellezze naturali e tradizione. Quale è una possibile libertà per questa terra?
La libertà è quella di vivere un futuro in armonia con la propria ricchezza, con le proprie tradizioni e vocazioni. La libertà è l’equilibrio tra innovazioni e la grandezza che ci viene dal passato ma anche fare una scelta.

venerdì 8 ottobre 2010

Una vittoria a Poker

Lui sapeva che le regole del Poker sono diametralmente opposte a quelle della vita. Il sorriso o la battuta o magari l’abbraccio amico in un tavolo di confratelli copriva il silenzio della meditazione con le due carte in mano e le cinque a terra. Il rumore delle fiches copriva quello macchinoso dei pensieri e perché no dei sogni. Non era la ricchezza di quei pochi spiccioli chiusi nel cassetto del premio ma era la gloria ad interessare. Quella che ti fa piangere l’anima ma poi ti esalta quando ad alzarsi dal tavolo verde è un altro. Lui rimase lì seduto, giro di roulette, ed ecco una coppia tra le dita della mano sinistra. Una coppia, sintesi dell’organizzazione mondo, l’unica cosa che conta dal tramonto all’alba della vita, lì due donne. Un cuore non si può dividere tra due donne, al massimo due donne si dividono un cuore. Per storica frustrazione maschilista per un momento lui si sentì padrone di due donne, due volti statici ma che comunque chiamavano sacrificio e fedeltà. Le due donne non parlavano ma si guardavano con invidia, erano in coppia ma allo stesso tempo padrone solitarie del proprio destino sia che fossero scappate sia che coraggiosamente avessero intrapreso la strada della gloria per il proprio padrone. Padrone per una malefica finzione ma schiavo di quel sorriso beffardo disegnato su due pezzi di carta. Come in un grande romanzo maledetto il destino inevitabilmente era affidato alle due donne eppure altrettanto ineluttabilmente affiancato ad una decisione maschile e maschilista. Lui pensò alle tante analogie tra quei pensieri e la realtà beffarda di questa terra maledetta. Aveva sete, aveva caldo, perdere pochi soldi o tentate la gloria; accontentarsi o accrescere il proprio potere sul tavolo verde. Occhi puntati per assistere alla terribile commedia di due uomini in cerca di gloria, uno contro l’altro, non è tempo di sciocche velleità solidali, è tempo di lotta. Come la vita non può alimentare la morte e la morte invece alimenta la vita così un sorriso non può portare il pianto ma un pianto può portare ad un sorriso. Quanti sorrisi in questa terra nascono dalla morte e quante lacrime dalla vita. Due donne, due strade del destino, vita o morte, lacrime o sorriso, giusto o sbagliato. Il suo pensiero si arrovellava come al pensatore che cresce la pianta dell’opinione politica di un popolo. Due carte, solo una decisione tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, mai così facile e catastroficamente immediato e realizzabile. Guardando le due carte gemelle si accorse che giusto aveva la stessa forma di sbagliato, forse anche la vita e la morte , forse anche il sorriso e le lacrime, uguali come identiche erano le carte che aveva nella mano sinistra.. Una terribile metafora della felicità quella delle due carte gemelle, per una volta insieme nella mano di un unico padrone o despoti dell’anima del proprio possessore. E se fossero in realtà una carta sola come l’amore, quello eterno ed indivisibile oppure un sogno diviso a metà dove entrambe le parti avevano la stessa faccia. Un qualcosa di diviso eppure indivisibile, come l’essere e l’esserci. Ma come si fa ad affidare il proprio destino o quello della propria terra o magari del proprio popolo ad un così unicamente confuso orizzonte, dove tutto era una cosa sola? E allora corpo e pensiero, essere centrico e eccentrico e persino Apollo e Dioniso erano un’unica cosa, unico Dio burlescamente deriso da un pernicioso giullare che ubriacato d’arte aveva bisogno di due sbarre e non una per reggersi mentre barcollava sulla linea dell’epilogo di un’esistenza. La stessa scelta allora diventava una contraddizione; all’orizzonte c’era la nebbia ma la ragione diceva che lì dietro c’era un’unica strada ben determinata. Mentre filosofeggiava, il vento della curiosità spinse la mano destra verso le fiches e poi verso il centro del tavolo verde. “Dissapata la nebbia”pensò! L’altro fino ad ora escluso dal vagheggiare, girò le sue carte. Il paradosso si arricchiva, anche lui con due carte gemelle, due fanti. Due fanti contro due donne. In un dibattito politico o magari sociale in questa terra maledetta, probabilmente le donne avrebbero perso ma le regole del gioco dicono altro, la donna sbatte il Fante, il re sbatte la donna! L’epilogo vale la vittoria ma alla luce dei fatti la sorte sbatte il pensiero, la finzione sbatte la realtà, il sogno sbatte il desiderio. Anche Vittoria e sconfitta sono due carte gemelle, a dare i nomi la sorte ma a distinguere l’una dall’altra , c’è sempre lo smarrimento dell’uno a vantaggio dell’altro. Per la Vittoria è necessaria la sconfitta, così le fiches che erano prima del suo avversario divennero suoi e chi perde abbandona il gioco. Ma questo è solo Poker e fu felice della vittoria.

sabato 2 ottobre 2010

Nino D'angelo a Sant'Angelo le Fratte

da " il quotidiano della Basilicata"





Emozioni in note

Nino canta l'amore, il sud e la tradizione
di Francesco Altavista


Sant’Angelo Le Fratte – Anche quando ricevi una multa o un predica perché manca il parcheggio e sei costretto ad inventarlo, ha una sapore diverso se a farla è una stupenda miss vigile. Ad accogliere il pubblico del concerto di Nino D’angelo è lei con il suo sguardo dolce ed avvenente. E’ lei in uniforme vicino all’area transennata, ad evitare i disagi in una piazza inadeguata per un concerto. Se non altro è la sua bellezza a mettere di buon umore chi avrebbe preferito il concerto in un'altra zona del paese più sicura e grande. Alle 21 e 50 circa Nino D’angelo spunta al secondo piano del suo palco abbondante scendendo le scale in un modo così rozzo e impalato da sembrare artistico, canta “O’ schiavo e O’ re “. Saluta tutto il pubblico: poco rispetto ai numeri a cui è abituato Nino D’angelo. Continua con “ Mentecuore” e il pubblico in delirio non può fare a meno di cantare. Quelle parole in vernacolo partenopeo suonano così vere da raggiungere il cuore di tutti. Nino D’Angelo è in forma pochi cali di voce, grazie al propedeutico aiuto della brava corista Stefania Lai e del fonico Catello Celentano. Il terzo pezzo è “A storia e nisciuno” , a pezzi lenti si alternano pezzi più movimentati, gran parte sullo stile neomelodico del primo periodo di Nino D’angelo. Come “ Si ce stai tu” e “ Nun me scurda maie” dove in particolar modo donne e ragazze giovani e meno giovani vanno in autentica esaltazione artistica. Poche parole ma efficaci tra i pezzi, qualche “ Ti amo “ gridato verso il nulla e più opportuni inni al sud e a Napoli. Nino D’Angelo non è un cantante comune cambia registro durante il concerto con pezzi come “Iesce Sole“ per poi tornare a “Marì” o alla splendida “Chiara”. Fa in tutto ventisette pezzi per circa due ore di concerto. Dopo “Nu Napolitano” e il successivo “ viva il sud” urlato con la complicità commossa del pubblico parte un medley straordinario sulle canzoni napoletane storiche tanto per ricordare i pezzi partenopei di una volta. Nel Medley pezzi come: “Maruzella “, “O Sarracino” e “Tu fa L’americano” dove il primo pianista Massimo Cargiulo si esalta negli assoli che furono del grande Renato Carosone. Straordinario l’ambiente creato dalla “ Tammurriata nera” con la chitarra battente suonata da Franco Ponzo. Dopo i suoni della Napoli che è stata si passa quasi tragicamente ai pezzi neomelodici dei famosi film di Nino D’angelo messi in un medley, da segnalare solo la fine con uno splendido assolo di batteria da parte di Agostino Mennella con la complicità del bassista Guido Russo. Si avvicina la fine con “ Nu Jeans e na Maglietta” con un assolo di chitarra elettrica di Mimmo Langella. Arriva poi “Jamma Ja “ ad accompagnarlo sul palco la bravissima Stefania Lai e alla fisarmonica il maestro Enzo Grimaldi. L’inno del sud precede “ Vita Mia “ pezzo straordinario e poi “ Un Ragazzo e una ragazza” , “ T’amo” e per finire “ Quel ragazzo della curva B” dove anche a Sant’Angelo sventolano bandiere del Napoli.

venerdì 1 ottobre 2010

Il Mondo di Patty: Intervista a Ambra Lo Faro detta Mafy


da " Il quotidiano della Basilicata"

Il vero successo è lavorare per migliorarsi"
Con Mafy aspettando il Mondo di Patty al Cinema



di Francesco Altavista



----- Nell’ambito all’iniziativa “ La festa di Patty” il musical “ Il Mondo Di Patty” versione italiana sarà proiettato in 187 sale tra cui, Il cineteatro Duni a Matera e all’Iris di Lagonegro.Il fortunato musical sarà proposto nelle sale cinematografiche per tre giorni a fila: 5 , 6 e 7 ottobre. IL musical è fatto da giovani professionisti tra i quali la 19ennne Ambra Lo Faro nata il 23 aprile del 1991. Quest’ultima detta Mafy in esclusiva si concede per qualche parola con “ Il quotidiano”.
Mafy, come è iniziata questa tua avventura con “ Il Mondo Di Patty”?
Io ho iniziato a recitare con Disney Channel sette anni fa. L’incontro con “ Mondo di Patty” è nato, appunto quando il telefilm è arrivato in Italia e Disney Channel mi ha scelto come voce della sigla italiana. Poi c’è stato l’entusiasmo dei ragazzi che mi ha fatto molto piacere. Resterà in stretto contatto con loro grazie alla mia rubrica personale, sul sito del “ Mondo Di Patty”.
Hai cominciato sette anni fa con Disney Channel eri giovanissima …..
Si giovanissima , in realtà comincio da molto prima canto da quando avevo 4 anni e sono approdata in televisione quando ne avevo 8. La possibilità di lavorare con Disney channel mi ha dato la possibilità di lavorare negli Stati Uniti è quello che ha fatto la differenza , fino ad adesso. Io continuo a studiare ora mi sono iscritta alla Facoltà di Ingegneria Meccanica a Politecnico di Milano, continuo a fare la mia vita normale anche se è un po’ complicato fare tutto perché studio anche al conservatorio.
Ingegneria Meccanica , uno studio forse un po’ distate da quello che fai come lavoro, una strana concezione del successo?
Si è distante dal lavoro che faccio anche se in realtà non lo è tanto. La matematica è la musica sono molto compatibili, hanno più o meno le stesse regole. Sono due cose che vanno parallelamente. Non cerco il successo. Tempo fa ho fatto un’intervista ad Alessandra Ferri, lavoravo in radio, io le ho chiesto se si aspettava questo successo e lei : “il successo è qualcosa che arriva con sforzo e impegno”. E lì mi ha un po’ demolito la domanda, come dire se nella vita si cerca il successo e come se non lo si ottenesse, se invece si cerca di perfezionarsi giorno dopo giorno il successo magari arriva. L’artista comunque secondo me non deve cercare il successo ma la perfezione, ispirandosi a coloro che sono più grandi e migliorare sempre di più.
Hai partecipato anche ad un tour con Jesse McCartney …
Si , mi piace molto parlare di questa cosa, perché lui è da sempre il mio idolo, quindi nel momento in cui la Emi Virgin mi ha chiesto di essere la sua supporter nel suo tour estivo nel 2007, ero contentissima. Avevo 16 anni e lui era ed è il mio idolo. Mangiammo a cena insieme e io puntualmente non mangiavo perché presa dall’emozione, ero esattamente come le ragazzine che erano sotto il palco con la differenza che io ho fatto tutto il tour con lui. Ora la cosa si è evoluta, sua madre è diventata mia manager. Adesso a Los Angeles abbiamo un team molto bello fatto da persone interessanti e valide.
Hai realizzato i sogni di tanti ragazzi, quale è il tuo sogno ora ? Ci aspettiamo una Mafy cantautrice?
Sarebbe molto bello fare la cantautrice, anche perché adesso sto lavorando ad un album autobiografico, continuo a scrivere canzoni e continuo a cercare la strada da seguire.
Parteciperò ad un progetto per la fondazione Umberto Veronesi,per quando riguarda l’informazione per far sapere ai ragazzi dei danni del fumo della sigaretta.
Non bisogna soffermarsi solo su una cosa, se si ha la testa per farne tante bisogna farle, fin quanto si riesce a farlo. Il mio sogno oggi è quello di realizzarmi anche in America e bisogna studiare tanto perchè lì c’è tanta competizione e poi voglio laurearmi.
Concludiamo. Cosa è la Bellezza ?
Per quanto mi riguarda la bellezza della persona si vede nella sua unicità, in quello che la caratterizza ed è anche il segreto del musical di cui sono tra i protagonisti. La Bellezza sta nella passione e nell’unicità.