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martedì 29 giugno 2010

Elsa Osorio e i desaparecidos


da "Il Quotidiano della Basilicata"

I desaparecidos , i furtu di bambini e la dittatura argentina nel racocnto della scrittrice

Elsa Osorio

e le identità usurpate

di Francesco Altavista
Brienza - La manifestazione di Brienza “ Notti al castello – Anni Ribelli” pone quest’anno l’attenzione anche sulla storia entusiasmante sia dal punto di vista politico che artistico del sud America. Nella giornata inaugurale sarà presente la scrittrice argentina Elsa Osorio che presenterà il suo ultimo libro “ Sette notti di Insonnia “ e anche il suo libro di maggior successo “ I venti anni di Luz” , tradotto in 13 lingue con mezzo milione di copie vendute in Europa Con lei Serena Nobile docente di Storia della Cultura Ispanica e di Letteratura Spagnola presso l’Università della Calabria nonché di Letteratura Spagnola e di Letterature Sudamericane presso l’Università della Basilicata; non ancora confermata al 100% la presenza di Walter Veltroni, leader politico ma anche attento conoscitore della storia dei desaparecidos , ai tempi della legislatura come sindaco nella capitale in occasione della “giornata del libro” , regalò ai Volontari per la lettura, delle Associazioni Auser, Modavi e Luass, il libro della scrittrice argentina che definì:suo “libro del cuore” . Elsa Osorio è dotata di una spiccata sensibilità per i temi sui desaparecidos e la dittatura argentina come testimoniano i suoi libri . Nasce a Buenos Aires .E' anche autrice di sceneggiature cinematografiche e televisive. Coordina laboratori di narrativa ed è attivista per i diritti umani. Ha ottenuto fra gli altri :il Premio Nacional de Literatura, il Premio per la Migliore Sceneggiatura di Commedie, il Premio Amnistia Internacional, il Premio Acerbi. La scrittrice argentina che vive tra Madrid e Buenos Aires, prima della manifestazione di Brienza, concede un’esclusiva intervista al quotidiano. Con l’aiuto necessario degli interpreti, prima di Pablo Ricciardi e in secondo provvidenziale momento di Lina Da Nazaret qui tradotta dallo spagnolo.
Elsa , “I venti anni di Luz è il suo romando più letto e più tradotto. Cosa di questo mondo si deve ricordare ?
“I venti anni di Luz” è un romanzo contro la dimenticanza. Mi sembra che la letteratura abbia un ruolo importante nel recupero della memoria collettiva. I bambini rubati sono "spariti dalla vita". Hanno una vita ma non sanno chi sono. La loro identità fu usurpata e con questa l'identità di tutta la società. Ci sono oggi molti giovani che hanno trovato ed altri ignorano la propria identità.
Luz va alla ricerca della sua verità, rubata da piccola da un soldato che aveva ucciso la madre, una desaparecidos. E’ una storia inventata ma comune a tanti .
Luz è un personaggio di finzione, basato nella realtà del furto di bambini, non è un caso particolare. “ I venti anni di Luz” è stato pubblicato 11 anni fa. Fino quel momento non si conosceva nessun caso di un giovane che cercasse se stesso .La pubblicazione ha coinciso straordinariamente con il primo giovane che cercò la sua identità. In questo senso la letteratura ha anticipato la realtà.
Luz cerca la verità che sembra coincidere con la Libertà. Esiste questo intreccio ? Il mio personaggio sceglie di conoscere la verità. Le menzogne sull'identità coincidono con la prigione. In Argentina ci fu un lungo dibattito, se dire o non, la verità a questi ragazzi, perché poteva portare inutilmente al dolore. Sono vittime due volte, certo, ma è necessario. Io sostengo che è sempre giusto sapere la verità, anche se dolorosa . E’ un esercizio di libertà. Più che libertà, io , cambierei la relazione con l'amore. Quest’ultimo aiuta i miei personaggi nella ricerca. La verità è l'amore, più che libertà. A Miriam, Eduardo, Luz, i protagonisti delle tre parti del romanzo, è l'amore quello che dà loro forza per cercare la verità.
Quale riflessione si può fare della vivacità politica del Sud America ?
Un chiarimento: in Argentina la maggioranza delle vittime della dittatura non erano comunisti. I militanti popolari erano in maggioranza peronisti, o dell'ERP (Esercito Rivoluzionario del Paese), o di gruppi che si allontanarono dal PC come il PCR, comunismo rivoluzionario, e l'Avanguardia Comunista, molto pochi del PC. Credo che quello che si voleva negli anni settanta si mostra oggi in carne viva: la distribuzione della ricchezza è anche più ingiusta. Le dittature si portarono a termine per imporre un selvaggio modello economico. Tuttavia, in questo momento, l'America latina comincia a vivere un momento interessante, dato che gli attuali governi di vari paesi Venezuela ,Brasile, Argentina, Bolivia, mostrano una volontà di indipendenza degli Stati Uniti. La speranza dell'America Latina sta nella sua unione. Magari.
Esistono dei moderni Desaparecidos e dei moderni dittatori?
I desaparecidos attuali sono quelli che non hanno da mangiare , in un paese dove questo non dovrebbe succedere, è criminale, rispetto allo spazio e alle ricchezze naturali siamo pochi . Finché la distribuzione della ricchezza non sarà più giusta, saranno dei desaparecidos . I grandi padroni economici si possono equiparare in qualche modo con i dittatori. I dittatori, d'altra parte, non arrivarono soli al potere, i colpi furono civili e militari, incoraggiati dalle grandi corporazioni economiche, per applicare un sistema economico iniquo, quest'ultimo ci ha condotti alla situazione che la metà del paese è a livello di povertà estrema .
Luz è figlia di una ribelle comunista. Quale era il ruolo della donna in quella situazione di rivoluzione e di protesta ed in cosa è cambiato nella società attuale?
La donna in Argentina, come in altri posti del mondo, è cambiata, perché i tempi sono cambiati. Luz nasce da una militante che magari non si poneva il problema di avere un bambino, era la vita, l'amore, la rivoluzione. Avevamo figli molto giovani e senza molta riflessione, il mio personaggio lo rimprovera a suo padre e ha ragione. Ora si pensa più coscientemente alle condizioni per avere bambini, ma in una maniera individualista, sono i progetti personali quelli che interessano non i sociali. Nel mio paese, il posto della donna fu speciale, la resistenza alla dittatura la fecero, le madri, le nonne, non dico che gli uomini non abbiano lottato, ma la resistenza e l'organizzazione fu delle donne. C'è oggi una donna nella presidenza, varie in posti politici e sociali di rilevanza.
Il libro consegna una speranza .Quale è la speranza che vuole consegnare al mondo?
La speranza nella giustizia, credo nel gran cambiamento, nella giustizia universale. La Giustizia Universale è la meta come lo fu in altre epoche la rivoluzione.

giovedì 24 giugno 2010

Veronica in arte Noemi , angelo del rock


da " il quotidiano della Basilicata"


Noemi , un angelo rock a Pignola


di Francesco Altavista


Pignola – Le luci da prima soffuse si fanno sempre più chiare la macchina per il fumo crea una coltre misteriosa. I musicisti già sul palco, Claudio Storniolo al piano, Donald Renda alla batteria, Emanuele Fontana alle tastiere, Bernardo Baglioni alla chitarra, Gabriele Greco al Basso partono con un’introduzione rock-psichedelica , una voce profetica annuncia un concerto indimenticabile. Sembra di essere in un concerto di altri tempi ma si è al 22 giugno del 2010 al campo sportivo di Pignola e non negli anni 70 a Los Angeles , anche se sul palco un angelo c’è. Noemi arriva di corsa e parte subito con un pezzo del nuovo album: “ Tutto questo scorre”. Capelli raccolti e Jeans , un giubbotto nero di pelle che resiste solo due pezzi per poi essere buttato in un angolo, una maglietta bianca con un teschio di fiori disegnato e al collo una sciarpa arancione e verde da fricchettona. Noemi supera ogni definizione , la sua esperienza a X Factor è importante ma anche solo un dettaglio. E’ una Nereide , una ninfa della musica che quasi magicamente si divincola sul palcoscenico di Pignola e manda in delirio la folla , circa 600 persone. Veronica Scopelliti in arte Noemi non nasconde la sua ingenuità che diventa tenerezza gli occhi di chi guarda, le parole che rivolge al pubblico divertono anche se alla fine sono sempre le stesse che si ripetono .E una voce , quella sì, davvero divina , le parole diventano una simpatica rifinitura. Quando arriva la prima cover quella serpe del conformismo che gira anche intorno alla parabola nazzarena, deve ai piedi di Noemi scappare , canta “Spendi Spandi Effendi “ di Rino Gaetano in una versione reggae-ska , poi continua con due cover del grande Bob Marley e forse per tendenza psicologica –morale nell’aria si sente il profumo del prodotto tipico jamaicano. Noemi riesce a capovolgere le definizioni, strappa la cravatta dal rock di nicchia, passa al reggae e poi si permette anche di fare un pezzo blues; chiude il concerto con un omaggio a Morgan , con “ Altrove” anche se il cilindro che mette in testa evidentemente gli va stretto perché lo toglie dopo poche note del pezzo. L’altrove grazie all’arte di Noemi a Pignola è sembrato vicinissimo, quasi a baciarlo, è la prima volta in Basilicata per la giovane e bella Veronica che sta scrivendo la sua pagina nel mondo della musica. Un concerto che ha tutti gli elementi per essere definito storico.

mercoledì 23 giugno 2010

Intervista esclusiva allo scrittore inglese Howard Sounes

da " il quotidiano della Basilicata"





Aspettabdo " Anni Ribelli" lo scrittore parla di sè e dei suoi eroi Dylan e Solzhenitsyn

Howard Sounes e i mitici Settanta

Di Francesco Altavista


Si sta formando il nuovo cartellone della manifestazione di Brienza “ Anni Ribelli” di fine luglio , inizio agosto. Cominciano a circolare i nomi degli ospiti , quest’anno tanti internazionali tra cui lo scrittore inglese Howard Sounes presentato da un giornalista del calibro di Raffaele Cascone. Conosciuto per una delle biografie più importanti di Bob Dylan, presenterà a Brienza il prossimo 31 luglio , il suo nuovo libro “Anni Settanta”. Dalla sua casa di Londra appena tornato da un viaggio negli Stati Uniti, lo scrittore inglese concede in anteprima esclusiva un’intervista a “Il Quotidiano”, qui tradotta dall’inglese.
Signor Howard Sounes , il suo ultimo libro si intitola “ Anni Settanta” . Come sono visti questi anni e quale idea esce fuori dal libro ?
Gli anni settanta sono visti spesso come “il tempo che dimenticò il buon gusto”, cioè come un’era fatta da terribile pop music, da un modo di vestire terrificante e di orribili edifici. Nel mio libro “ Anni Settanta” ho cercato di correggere questa percezione. Per me la cultura di quegli anni è molto ricca e infinitamente forte. E’ una decade che ci ha consegnato: una televisione innovativa come, per esempio, “Monty Python’s Flying circus” (nel 1969 ma in Italia trasmesso i primi anni novanta) ; film classici da “Annie Hall”( Io e Annie) a “Apocalypse Now”; tanta musica nuova e meravigliosa da autori come :Bob Marley, Bob Dylan, David Bowie, Joni Mitchell e The Clash; la grande arte come i dipinti di David Hockney ;libri di grande valenza come “The Sea, the Sea” di Iris Murdoch ; erigendo moderni edifici come il “Pompidou Center” progettato anche dall’Italiano Renzo Piano.
Gli anni Settanta sono stati anche anni di distruzione, di violenza e di nichilismo. Come risponde ai critici che l’accusano di non aver dato spazio a questi temi nel libro?
Certo gli anni settanta sono stati anche un periodo di tumulto economico e politico. Ma questo non è interessante come l’arte. Io ho messo fuori dal libro questi temi per scrivere una celebrazione della parte migliore della cultura di quella decade, piuttosto che un libro di storia.
Uno degli eroi del libro è lo scrittore Solzhenitsyn ( premio nobel nel 1970). Questa scelta è un modo per fare una riflessione politica degli anni settanta ?
Anche se io non sono molto interessato alla politica degli anni settanta, guardo ad una o due persone creative che sono anche figure politiche, in particolare al grande scrittore russo Alexander Solzhenitsyn. I suoi libri sono innanzitutto importanti opere della letteratura. È anche una personalità ispirata ed ispiratrice la cui storia è il paradigma dell’esperienza della guerra fredda che ha dominato gli anni settanta. Questo era il tempo in cui l’URSS veniva considerata il nemico giurato dell’occidente e tutti noi vivevamo nella paura della terza guerra mondiale. Solzhenitsyn mise in mostra un regime sovietico repressivo, corrotto , inefficiente e anche un sistema inattuabile. Leggendo Solzhenitsyn ci rendemmo conto che non esisteva un reale pericolo dall’est, perché il sistema sovietico era così assurdo che le persone dell’est oppresse sarebbero state da compatire. A questo punto come eravamo fortunati a vivere nell’occidente!
Lei è un biografo di Bob Dylan che anche uno degli eroi del suo libro. Come mai si è dedicato spesso alla sua storia e alla sua musica ?
Alcune personalità che sono molto pesanti nel mio libro vengono distintamente dagli anni settanta. In particolare per quanto concerne il Rock : Bob Dylan e i Rolling Stone. Questi chiaramente erano i grandi nomi degli anni ‘60 ma per me, il loro lavoro divenne più divertente ed interessante negli anni settanta. L’album “Blood “ del 1974 di Dylan che fu ideato sulla scia della fine della relazione con Sara Dylan , è uno dei più belli ed importanti dischi , forse il più grande. Dylan è una figura incredibile degli anni settanta. Si è indebolito negli anni 80 ma negli ultimi anni con il disco “Time Out of Mind” sembra che sia tornato ai suoi livelli. Non c’è una figura musicale più importante di lui . Dylan è lo Shakespeare del Rock
Bob Marley interpretò il salmo 16 dicendo che anche Dio fumava Marijuana. Gli anni settanta sono anche questo ?
Bob Marley è un altro carattere chiave degli anni ’70. E’ importante per aver divulgato la musica reggae, come la prima stella internazionale proveniente dal mondo sottosviluppato e come un poeta-compositore di grande livello. Parte della cultura di Bob Marley era rappresentata “put-smoking “cioè dal fumare marijuana , c’era un uso comune e generalizzato di questa droga negli anni settanta. Era comunque la cocaina la droga privilegiata dal rock e gli attori dei film anni settanta. Il cinema era pieno di cocaina .Come si diceva in tv “ Coke is it “!
Cosa degli “ Anni settanta “ si dovrebbe ricostruire oggi ?
Guardando indietro dal 2010 al 1970 vediamo un tempo in cui i libri erano più importanti nella società , quando si aveva una società più istruita. I libri lunghi e seri di Solzhenitsyn erano dei Best seller. Ora vengono letti poco, sembra che ci sia meno tempo per leggere. Come scrittore innamorato dei libri io rimpiango questo. Gli anni 70 era anche il tempo in cui Hollywood produceva film molto intelligenti evitando macchine che si inseguono e lotte con le pistole, era più verso una tradizione d’arte europea, sto pensando a film come “ Five Easy Pieces “( cinque pezzi facili). Sembra essere scomparsa la volontà di Hollywood di produrre film del genere. Siamo inondati dall’ American junk films. L’industria della musica ha sofferto l’era digitale e non si fanno i grandi dischi come una volta.

martedì 15 giugno 2010

Inti illimani: Intervista a Jorge Coulon

da " Il quotidiano della Basilicata"























Coulon racconta l'esilio e 40 anni di musica aspettando il live di Brienza a luglio

Gli Inti illimani dentro la rivoluzione
di Francesco Altavista


Brienza – “El pueblo unido jamàs serà vencido”; solo leggendo questa frase si sente il sentimento di rivoluzione e di libertà tipico del sud America.Ai nostalgici ricorderà le rivoluzioni “mancate” della penisola italiana , dove tutto si cambia affinché tutto rimanga uguale ; ai romantici arriverà come la visita di un fratello che non si vede da anni, con la testimonianza di una terra oltre oceano ma vicina con i sogni e le speranze. La canzone da cui ha origine la frase è stata composta nel 1970 da Sergio Ortega membro dei Quilapayun ma arrivata a diffusione mondiale grazie all’interpretazione degli Inti Illimani . Questi ultimi nascono dalla ricerca delle canzoni popolari cilene con un matrimonio artistico e spirituale con la mai dimenticata poetessa cilena Violetta Parra. Gli Inti Illimani sono considerati anche grandi musicisti , capaci di miscelare diverse sonorità usando una pluralità di tecniche imparate sul campo, talmente particolari da ricevere l’attenzione di austeri maestri di musica classica. Il gruppo sarà in tournée in Italia e la sera del 31 luglio ,aprirà la manifestazione di Brienza “ Notti al castello- Anni Ribelli”. Grazie all’interessamento di Manuela Da ponte (PINDARO" AGENZIA DI ORGNIZZAZIONE EVENTI”), l’unico fondatore presente nella formazione attuale del gruppo, Jorge Coulon si presta ad un’intervista esclusiva con Il Quotidiano.
Maestro, nel 2006 avete inciso il disco di inediti, “Pequeño mundo”,l’ultimo dopo 39 anni di storia di intensa attività discografica . Cosa hanno da dire dopo tanti anni gli Inti-Illimani?
E’ una domanda a cui è difficile rispondere, perchè gli Inti Illimani sono un gruppo che da sempre suona e canta per motivazione profonde che hanno a che fare con la musica. In modo particolare con il canto popolare. Questo nasce dalla vita di tutti i giorni. Siamo essere umani, abbiamo molto da dire ma in verità cantiamo perchè ci piace farlo, perchè c’è ancora tanto da conoscere, da mescolare, da tirar fuori dalla musica. Per cantare non si deve avere una ragione, ma essere vivi tra i vivi.
Diversi artisti tra cui cantautori e gruppi italiani si sono ispirati e si ispirano agli Inti-Illimani. Nell’ultimo disco c’è anche una cover di De Gregori. Cosa secondo lei gli Inti-illimani hanno portato in Italia e cosa il mondo italiano ha dato artisticamente al gruppo?
L’Italia ha dato moltissimo al gruppo, prima di tutto ci ha accolto in un momento in cui eravamo stati banditi dalla nostra terra. Questo è per noi motivo di eterna gratitudine.
Musicalmente l’Italia ci ha messo in contatto diretto con una tradizione di musica popolare tra le più ricche ed illustri al mondo, con un mondo artistico e intellettuale serio, profondo ed interessantissimo. L’Italia ha accolto e capito cose essenziali del nostro fare musica ed il fatto di sentirlo ci ha sostenuto in momenti complicati. Speriamo e crediamo di aver apportato freschezza, un avvicinamento ad una tradizione popolare priva di pregiudizi. una certa innocenza o mancanza di freni intellettuali o accademici nel appropriarsi di questi materiali per fare musica. Abbiamo dimostrato che si poteva tirar fuori dal museo e dai suoi guardiani tutta quella ricchezza per farla vivere per le strade. Come ha detto qualcuno: dare un futuro al nostro passato.
Come si spiega il successo di tutti questi anni del gruppo, successo evidente nei live ma non dal punto di vista delle grandi case discografiche? Il progetto Inti-Illimani quanto è legato al mercato discografico ?
Il successo ha molte spiegazioni, ma ha sempre una dose di mistero. Io spero che il nostro sia prodotto della nostra onestà. Credo che la gente senta , quando assiste ad un nostro concerto che quello che vede e sente è genuino, fatto con passione e con verità oltre che con qualità e serietà professionale.Niente di più lontano al mercato discografico ed in generale al mercato. In materia di “marketing” siamo un disastro. D’altra parte le case discografiche come le abbiamo conosciute sono completamente in crisi e ancora non appare chiara la forma che prenderà il mercato della musica nel futuro. Comunque sono sicuro che i mercanti torneranno ad avere la padella per il manico,trovano sempre il modo.
Il gruppo nasce da un grande movimento culturale che è quello della “Nueva Canción Chilena”. Lotta e musica popolare che si univano.
Credo che questa sia stata una felice intuizione del nostro movimento. Abbiamo cominciato a difenderci della globalizzazione ancora prima che questa fosse proclamata.Da noi questo sodalizio tra lotta sociale e cultura popolare si è mostrato perchè il dominio e la sottomissione dei più deboli è passata anche dal annientamento culturale, dallo spogliare le popolazioni della propria identità culturale che comportava forti legami di solidarietà. Prima è successo con i conquistadores spagnoli nel confronto delle popolazioni native, dopo con gli schiavi portati dall’Africa e in tempi più recenti con le popolazioni fatte emigrare dalle campagne nei centri industriali, nelle miniere.
Dopo il 1973 , lei è stato in esilio. Come ha vissuto artisticamente e moralmente questa situazione ?
Questa è una domanda a cui difficilmente si può rispondere brevemente. Tocca anche la contraddizione principale che ha il vivere in esilio in Italia. Se dico che ho avuto la fortuna di vivere il mio esilio in Italia si può pensare all’esilio come una cosa positiva e non lo è. Ma d’altra parte è vero che vivere parte della propria vita in Italia è una esperienza straordinaria per qualsiasi artista, intellettuale o persona sensibile al mondo. Ho cercato di vivere in Italia con le finestre aperte, ho cercato di capire, ho cercato di avvicinarmi all’Italia ed agli italiani, di essere uno di loro, non uno straniero, uno che guarda da fuori.. Non sempre è stato possibile e sicuramente non sempre sono stato all’altezza, ma il fatto è che oggi in Cile mi sento un po’ in esilio dall’Italia, ma questa è una condizione del esilio, chi ha vissuto l’esilio non cessa più di essere un alieno, anche se ritorna in patria, uno che si muove in modo asincrono rispetto alla realtà. Moralmente l’esilio si vive a denti stretti, con rabbia, con impotenza. L’esilio è un sopruso, un’imposizione, una violenza morale inaccettabile.
Concludiamo . Il Cile è terra di poeti e di poetesse e le chiedo per lei cosa è la Bellezza?

Che domanda! Forse è armonia dei rapporti.. Definizione che lascia aperte tutte le strade perchè sia l’armonia che i rapporti sono immagini che dipendono dai soggetti e legati alla cultura che è in permanente movimento