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lunedì 28 maggio 2012

Diaz, intervista Daniele Vicari

da " Il quotidiano della Basilicata"
A tu per tu con Daniele Vicari 


di Francesco Altavista





Rionero  -  E’ il regista del momento Daniele Vicari  con il film pluripremiato in Europa “ Diaz- non lavate questo sangue”.  Sarà presente questa sera a partire dalle 20 a Rionero in Vulture per partecipare ad un dibattito, a seguito della proiezione del film,  al cinema “ Vorrasi” con Antonio Placido il sindaco di Rionero, Alessandro Mantovani autore del libro “ Diaz Processo alla polizia”, Paolo Pesacane  assessore provinciale Politiche sociali, l’onorevole Elettra Deiana ( parlamentare ai tempo del G8 di Genova) e Armando Lostaglio del “ cineclub “ V. De Sica” di Rionero , organizzatore dell’evento. In anteprima Daniele Vicari  si concede ad un’intervista per “ Il quotidiano della Basilicata”.  



Daniele, hai conquistato premi un tutta Europa per il tuo film “ Diaz- non lavate questo sangue”. Ma in Italia a che punto è la discussione?
Il film ha aperto due fronti di discussione importanti: uno sui fatti di Genova, su cosa è accaduto in quei giorni, la gravità di quei fatti, il fatto che siano ancora aperti dal punto di vista giudiziario ma anche politico. Ieri c’è stata una proiezione in parlamento organizzata da alcuni parlamentari del PD che hanno voluto far vedere il film, per  riaprire questa discussione. Pare che ci sia una proposta di legge per istituire una commissione parlamentare d’inchiesta. Il film riapre questa questione sul piano politico-storico e poi ci sono i processi all’ultimo grado di giudizio in cassazione. L’altro fronte di discussione è relativo al cinema, quanto  e fino a che punto la nostra cinematografia è in grado di raccontare il paese, le sue difficoltà e contraddizione. Sono due fronti secondo me molto importanti aperti dal film.
Perché hai  scelto questa strada scomoda e ripida per il tuo  cinema?   
Perché innanzitutto questi fatti hanno inciso sulla percezione che la mia generazione ha verso le istituzioni. Io credo che se una classe dirigente seria non affronta i nodi profondi del nostro paese, questa classe sarà superata dalla storia. Il fatto di non affrontare mai veramente i problemi ma lasciarli cadere, di impantanarli questo ci ha portato  sull’orlo dell’abisso. Questo vale per l’economia, vale per le questioni giudiziarie e sociali, vale per la storia intera del nostro paese.
 Dopo aver lavorato a questo film che riflessione sulla democrazia senti di fare?
La prima cosa che ho pensato è  che è un grave sbaglio darla per scontato, le generazioni che verranno non perdoneranno questo errore. La democrazia va costruita giorno per giorno, è bella ma fragile. I fatti di Genova lo dimostrano, il comportamento omogeneo delle forze dell’ordine  fa paura. Significa che in ogni momento anche una tradizione democratica solida come l’Italia può scivolare in situazioni critiche inaccettabili.



Che spiegazione ti sei riuscito a dare  sulla motivazione di  questi massacri che tu mostri nel film ?
E’ successo questo per tanti motivi legati al fatto che ad un certo punto  la democrazia non riesce a fronteggiare i problemi  e reagisce con un attitudine non democratica. Centinaia di migliaia di persone provenienti da tutto il mondo nel 2001  arrivarono a Genova per  un grido d’allarme verso la finanziarizzazione dell’economia, queste persone avevano visto lungo. I potenti della terra non presero in considerazione questo grido, fatto anche da grandi studiosi d’economia, e  hanno risposto con violenza,. Dopo dieci anni , i due politici  che sono i maggiori responsabili della crisi istituzionale ed economica, la Merkell e Sarkozy propongono la  “ Tobin tax” che era una delle parole d’ordine del movimento no global. E tristemente ridicola questa cosa. Le classi dirigente europee  sono almeno dieci anni in ritardo rispetto agli eventi e lo stiamo pagando tutti sulla nosta pelle.
Secondo te, dopo  il tuo film, è cambiato il  rapporto tra i cittadini e le forze dell’ordine?
Non lo so. Non so misurarlo.  Credo che il fatto che la portavoce della polizia a Genova, abbia raccontato delle balle colossali a tutti gli italiani, il fatto che la polizia abbia nascosto la  catastrofica gestione dei fatti di Bolzaneto, certo non fa onore ai dirigenti nazionali. Torture per giorni e giorni non fanno onore a chi porta la divisa, centinaia di messaggi che mi arrivano ogni giorno da persone delle  forze dell’ordine che mi ringraziano per il film, stanno a dimostrarlo.
Tra le torture di “Bolzaneto”  mostrate nel film c’è anche quella verso una ragazza che ha le mestruazioni e viene costretta proprio da una donna poliziotto a pulirsi con un giornale vecchio. Siamo  all’annientamento dell’umano, sia nelle vittime che nei carnefici ?
Queste cose qui terrificanti nei bagni sono state fatte a decine di ragazze. Il fatto che dei poliziotti si comportino in quel modo sta fuori dalla civiltà, non solo dal codice penale. In un certo senso è l’annientamento dell’umano, per le torture di “Bolzaneto” ho dovuto fare riferimento ad un immaginario cinematografico che non è il nostro, quello dei campi di concentramento, essere umani ridotti a nulla. Questa cosa è accaduta a “Bolzaneto”, è una crepa terrificante, un rimorso del passato  nella storia di un paese che si illudeva di aver superato la propria storia. Invece mi sembra evidente non l’abbiamo elaborata,questo rapporto folle tra istituzioni e cittadini  può dare luogo a queste tragedie, ecco perché sarebbe importante avere una legge contro la tortura, il fatto che il  parlamento italiano non la ratifichi  dal 1984, è molto significativo.
 Tutto questo significa anche condannare una stato a  criminale ?         
 Io credo che se continua questo silenzio e questa copertura di questi comportamenti inaccertabili sono le istituzioni stesse che si auto accusano. Il mio è un racconto non un processo, non c’è dubbio che lo Stato ha mostrato una faccia che con la democrazia non ha nulla  a che fare. Lo Stato deve muoversi, deve chiedere scusa ai cittadini italiani, perché sono stati calpestati i diritti. Deve esistere  un rapporto limpido tra Stato e cittadini.
Alla fine del tuo film, c’è una panoramica che fa respirare ma poi c’è la scena del pullman che porta gli arrestati di Diaz mentre entra in un tunnel  . E’ una speranza spezzata a metà?
Quella scena sembra una liberazione ma poi si infilano in un tunnel buio che sono tutti gli anni venuti dopo. Da una parte la speranza non muore perché è stato possibile fare dei processi, parlare di questi fatti. Dall’altra parte questi processi rischiano di non arrivare da nessuna parte. Questa immagine come hai detto è un’immagine contrastata, un desiderio di futuro ma anche una paura di un tunnel in cui tutti ci siamo infilati. Se qualcuno non fa qualcosa non possiamo essere sicuri che una cosa del genere non ricapiti.
Andiamo in conclusione. Hai in mente un prossimo film?
Sto lavorando ad un documentario intitolato “ La nave dolce” è quasi finito. La storia di una nave “ Flora” che portò ventimila albanesi l’8 agosto del 1991 , da Valona al porto di Bari, la prima immigrazione di massa in Italia che ha dato vita ad una nuova era.
Cosa è la Bellezza?
La Bellezza è un qualcosa che parte da due elementi fondamentali , la chiarezza  della sua rappresentazione e il suo senso profondo che viene verso di te e non ti lascia solo.


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