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venerdì 5 ottobre 2012

Daniele Sepe e il suo disco proletario

da " Il quotidiano della Basilicata"


Materadio 2 apre con Sepe 


di Francesco Altavista 



Matera – Torna per il secondo anno consecutivo a Matera la festa di Radio Tre “ Materadio”, per tre giorni dal 21  al 23  settembre. A chiudere la prima giornata di eventi il concertone del maestro Daniele Sepe che porterà nella città dei Sassi, il suo ultimo straordinario lavoro “ Canzoniere Illustrato”.  Se tema di quest’anno è la contaminazione tra culture e tra città,  non  ci poteva essere scelta migliore, il musicista, cantautore e compositore napoletano ha dedicato tutta la sua carriera, ad oggi 23 dischi più varie opere anche teatrali e colonne sonore per il cinema, ad una musica  volgarmente detta “internazionale”, un tornato di sonorità  con venature popolari mediterranee, di world music  e naturalmente di jazz.  Conosciuto come uno dei migliori sassofonisti del mondo, è un contestatore, un comunista della vecchia guardia, uno squisito osservatore del mondo, uno che ha sempre da dire specie con la  sua musica. “ Canzoniere illustrato” è l’ultima fatica in ordine di tempo, un album unito ad un libro di fumetti che riprendono i dodici brani del disco, pezzi che riguardano le tradizioni del mediterraneo e non solo, senza dimenticare il solito omaggio a Raffaele Viviani, autore amatissimo da Daniele  Sepe. Il maestro partenopeo, tra le poche personalità artistiche di livello mondiale che l’Italia e il sud possono offrire, si concede per un’intervista in anteprima per “ Il quotidiano della Basilicata”.         
Maestro, sarà a Matera per la festa di Radio Tre, quasi per obbligo le devo fare questa domanda: Matera può essere capitale della cultura europea ?
Matera la conosco benissimo. Sicuramente può concorrere come capitale della cultura europea e non sono solo i Sassi, Matera è di più. E’ una delle più belle città del sud Italia. Io sponsorizzo Matera per questa carica, sicuramente.
Passiamo al suo ultimo lavoro .Non ci sono solo sapori mediterranei ma c’è anche un po’ di sud America. L’aggettivo “popolare” spesso significa troppe cose, si può dire che lei più che un disco popolare ha fato un disco “proletario”?
Sono pezzi che vengono da una maniera di pensare al lavoro e alla vita  che ha poco a che vedere con quello che vediamo oggi. Oggi il termine “popolare” come hai detto,  è un po’ difficile da capire, molte cose dette popolari  hanno un sapore che è quello della cartolina, la musica tradizionale popolare  è una condizione differente da quella del banchiere, popolare non  è Marchionne per intenderci. La cosa importante è tenere vita la ragione prima dell’interesse della musica tradizionale, dove il mondo viene visto al contrario. In genere  se compriamo un giornale la proprietà è sempre di Berlusconi o di De Benedetti, Caltagirone , il mondo ci viene raccontato con gli occhi di chi ha i miliardi. La musica popolare tradizionale da l’occasione di vedere il mondo da una prospettiva dal basso.



Daniele Sepe c’era prima di Manu Chao.  La lotta all’intolleranza  è un principio che da tempo esiste nel suo modo di fare musica. Dopo tutta questa carriera, i messaggi sono serviti a combattere l’intolleranza?
Se servisse a qualcosa ascoltando ogni giorno “ Imagine” di Lennon il mondo sarebbe migliore. Il problema è che la musica è una cosa assolutamente accessoria. Faccio un esempio: quando l’Italia ha bombardato il Kosovo e la Jugoslavia, c’era Bregovic in tournée nelle città italiane, la gente ballava, si divertiva ma la guerra non è finita, il giorno dopo tutta quella gente dei concerti  non ha manifestato contro la guerra e quei bombardamenti. Io penso che in questo momento il mondo è affamato di fame, più che di cultura si sente bisogno di salario, di lavoro, di prendere quel qualcosa in più per comprare un disco o un libro, andare al cinema.
Come questo disco anche il precedente prende spunto da facebook. Ha un buon legame con la tecnologia. Da comunista, ci vuole dire che non bisogna aver paura della tecnologia?
Penso che semplicemente è come  avere una radio libera, è un contatto con la gente. A volte lo puoi usare bene a volte male, ti tiene in contatto con la gente. Io avevo un blog, oggi facebook magari fra tre anni uscirà altro. E’ una maniera per comunicare. Dobbiamo imparare ad usare quello che viene dalla tecnologia. Bisogna aver paura degli uomini che vendono la tecnologia che deve essere libera e disponibile a tutti. Il braccio armato del capitalismo  non è la tecnologia da sempre è stata la legge, l’esercito, il processo, la polizia, tutti quelli che armati lo sono davvero.
Nel disco precedente ha innescato anche una sorta di polemica a distanza con Saviano suo conterraneo, sull’idea di  camorra. E’ riuscito ad attaccare anche l’intoccabile della sinistra nobile?
Semplicemente vedo in Saviano un personaggio  strumentale  ad una visione della politica  e delle esigenze della  vita contraria alla mia. Io penso che uno va a rubare semplicemente perché non ha la possibilità di vivere in altra maniera. Brecht si chiedeva se era più ignobile rapinare una banca o fondare una banca,  io credo che sia ignobile fondarla. Oggi gli operai si suicidano per la perdita del lavoro, per me sono omicidi identici ad altri che lo fanno ignobilmente per procurarsi dei soldi. Io vedo tanti giornalisti che si interessano ai problemi della mafia, della camorra fanno benissimo ma non c’è nessuno che si infiltra nei consigli di amministrazioni. Non credo ci sia tanta differenza, per esempio, tra la camorra e il consiglio di amministrazione della Fiat.
Maestro lei è venuto a contatto con la camorra?  Si narra che per molti artisti  sia stata fondamentale per far carriera?
Anche sta storia della camorra che si mangia gli artisti, è falso. La camorra fa mangiare  indirettamente gli artisti, cioè scrittori, registi, musicisti, attori napoletani non potrebbero vivere se non parlassero di camorra. E’ un vero elemento di marketing, in realtà dicono un mondo di puttanate su queste storie. Si sposano pure i camorristi che sono quelli che hanno più soldi, uno va a suonare perché pagato. Non capisco perché attaccare un cantante che è andato a cantare ad un matrimonio di un camorrista, allora anche il ristorante, il camorrista si è sposato in chiesa e perché il prete  l’ha sposato. Una volta io dovevo battezzare un bambino e il mio parroco mi ha detto di no perché ero un comunista riconosciuto, lo stesso parroco ha fatto matrimoni e feste per i camorristi a non finire.  Perché a questo punto non si parla anche di questo intrecci? Anche Frank Sinatra si dice fosse finanziato dalla mafia, però “cant  buon  Frank Sinatra“.
Maestro le ha dato problemi questo suo definirsi sempre comunista?
Mi ha dato problemi ma anche un sacco di soddisfazioni. Non è una cosa così difficile fare il comunista. E’ facile quanto fare il cattolico per bene, ho un sacco di amici credenti che aiutano immigrati e persone che hanno bisogno e non lì vedo tristi anche se è un lavoro che non viene riconosciuto. Fino quando ci saranno ingiustizie ci sarà sempre spazio per il comunismo. Io prima di andare al conservatorio già ero comunista.  Diciamo che è stato un vizio di famiglia “ papà era accussì” . Prima comunista e poi musicista. All’epoca mia si iniziava giovani.
Da grande osservatore quale lei è, in conclusione verso quel direzione stiamo andando?
L’anno prossimo ci saranno le elezioni, una bagarre di promesse e tutto il resto che già conosciamo, ci servirà per farci due risate. Non c’è speranza con questi politici, tutti, la speranza c’è  verso la gente che deve cominciare a ribellarsi. Non ho più vent’anni se li avessi , comprerei dieci litri di benzina , scenderei in piazza e brucerei qualcosa, come ho fatto quando  vent’anni li avevo.        
Cosa è la Bellezza?
La Bellezza è la semplicità.

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