Nannipieri nella città dei senza nome
di Francesco Altavista
Potenza – Luca Nannipieri è un uomo di cultura, un opinionista,
saggista, scrittore e critico d’arte di
fama nazionale che non ha certo paura di dire quello che pensa. Interessanti
sono le sue intuizioni su come interpretare la cultura e la sua crisi e su come
parlare di arte in una visione inedita e meno d’èlite. Oggi alle 19 e 30 parte
il suo tour di presentazione della sua ultima fatica “ La cattedrale d’Europa”
e parte proprio da Matera dalla “ Parrocchia Santa Famiglia”. Domani alle 18 e
30 al Palazzo dell’Annunziata presenterà il libro in un incontro dal titolo “
Beni culturali e futuro del paese con : Don David Mannarella (delegato
per i beni culturali ecclesiastici della Diocesi di Matera), Paolo Tritto (redattore del periodico
diocesano LOGOS), Nunzio
Lionetti (curatore dell'iniziativa e presidente dell'ass. "Umana Dimora Basilicata") e Marco
Pelosi (responsabile Cooperativa "Oltre l'Arte").
Concluderà il suo breve tour materano sabato 15 per le scuole al teatro “ Duni”
: dalle 9 e 30 per il Liceo Classico e dalle 11 per L’istituto tecnico
industriale “Pentasuglia”. In anteprima Luca Nannipieri si concede ad
un’intervista sul suo lavoro e su Matera
per “ Il quotidiano della Basilicata”.
Nel suo libro “ La
cattedrale d’Europa”, la riflessione
parte dalla “ Sagrada Famìlia” di
Barcellona. In che modo questa
cattedrale diventa il principio della sua intuizione?
«La “Sagrada Famìlia” è l’esempio massimo di quanto possono
fare le comunità, le associazioni e le
libere aggregazioni di persone intorno ad un territorio. C’è una grandissima
chiesa, costruita non perché un pontefice, un imperatore, un potente , un
faraone l’ha voluta. All’inizio era una piccola associazione di devoti di San
Giuseppe. Dopo un primo architetto che fece un disegno che non piacque, arrivò
Gaudì. Da allora si innescò una spirale di condivisione, di partecipazione, di
emozione collettiva che faceva sì che la “Sagrada Famìlia “ proseguisse grazie alle libere donazioni delle persone. Non stiamo
parlando di principi o di re ma di persone comuni che misero insieme le proprie
forze e con il genio di Gaudì innalzarono una delle più grandi cattedrali d’Europa,
tutt’ora in costruzione ma il cui disegno originale è un qualcosa che non ha
paragoni.»
La condivisione, la
partecipazione e l’arte che viene dal popolo
sono temi di tanti sui articoli e libri. A che punto della sua personale
battaglia arriva “ La cattedrale
d’Europa“?
«Arriva ad in un momento critico. Io giro tutt’Italia per
dibattiti e conferenze, vedo tutte queste comunità e associazioni che lavorano
attorno al patrimonio storico artistico, a cui ho dedicato il libro precedente
“ La Bellezza inutile”. Vedo che sono tutte comunità ed associazioni chiuse in
sé stesse, tutte forse incapaci di fare forza aggregandosi tra di loro. Allora
ho voluto, di fronte ad uno scenario così difficile, dare un esempio massimo e inaudito: come in un altro periodo della storia si è
costruita una grandissima cattedrale nonostante ci fosse la guerra e una dittatura, cioè momenti
drammatici difficilissimi. Vorrei che questo fosse da sprono per tutte queste comunità e comitati
volontari che incontro.»
Ha voluto partire da Matera
per il suo tour di presentazione. Questa città come si colloca nel suo
ragionamento sull’arte ?
«Matera è la città per eccellenza che rappresenta la mia
situazione. Un luogo non costruito da un grandissimo artista, ma realizzato in
generazioni di persone che hanno modellato il loro essere cittadini erigendo
quell’esempio di bellezza urbana che tutti ammirano nel mondo.Questa città poi
ha una densità di patrimonio artistico che è impareggiabile, fin ora ahimè poco
valorizzato, se si pensa all’annosa questione del Duomo di Matera chiuso.
Quello è un mio motivo di rimpianto.»
A proposito di
rimpianti e di valorizzazioni mancate. Cosa manca a Matera per diventare una città della cultura?
«Innanzitutto la mentalità chiarissima che un Duomo non può
restare chiuso. La cattedrale di una città non può essere chiusa. Se i ragazzi
crescendo considerano il maggior punto focale di una città chiuso, a quei
ragazzi manca qualcosa. E’ chiaro che per essere capitale del cultura e non
solo del patrimonio storico- artistico occorre diventare una fucina di
produzione culturale moderna. Questo
significa essere capitale della cultura, altrimenti sei capitale del patrimonio
artistico. Per esempio Pompei è capitale
del patrimonio archeologico ma non può certo
diventare capitale della cultura.»
Tra i punti a favore
però Matera ha certamente quella che lei definisce arte collettiva – aggiungo-
degli sconfitti. Potrebbe essere un fascino unico da cui partire per
credere in questa candidatura?
«La Bellezza
collettiva è pur sempre la bellezza di chi non ha nome, di chi non ha avuto
peso nel corso dei secoli. Di chi alla
regie non ha potuto contrapporre una bellezza altrettanto fulgida ma appunto si
è dovuto ritrarre in costruzioni più dimesse, più espugnabili. Matera è
sicuramente la città per eccellenza dei senza nome. Matera non si lega ad un
nome fortissimo della cultura, ma come città dei senza nome è regina assoluta. Matera è già capitale del
patrimonio storico- artistico può diventare capitale della cultura, per adesso però mi rimane difficile pensarlo. Quante persone
dalla Toscana, dal Lazio, dalla Lombardia vengono a lavorare a Matera, ci sono
quelle ossigenazioni che fanno sì che una persona da fuori venga a
lavorare nella città dei Sassi?»
In un suo interessantissimo
articolo lei spiega che riavviare la
cultura non è una questione di fondi, anzi nella sua provocazione lei chiede di
togliere i fondi parlando del procurare un infarto alla cultura. Perché una
idea così forte per riavviare il mondo dell’arte e della cultura?
«Le politiche culturali oggi in Italia si indirizzano
soltanto ad uno strettissimo target di persone. Bisogna creare un infarto alla
cultura perché non respira, perché questa cultura qui butta fuori i giovani..
Tanti soldi ai teatri per vedere i cartelloni che sono uguali in tutta l’Italia,
con i soliti nomi noti come: Proietti,
Albertazzi. Mostri sacri certo, ma poi
uno che ha trent'anni dove li trova i soldi per sperimentare e per costruire. Nelle
primarie del PD sia Bersani che Renzi non hanno detto parola sulla cultura e non parlo si Berlusconi. Solo
Vendola ma poi è stato scartato. Credo
che la Puglia sia diventata un grande laboratorio dopo la sua presidenza, però non è stato
accettato. La cultura ha bisogno di una scossa. Non c’è sperimentazione, non
c’è l’avanguardia, non c’è rabbia né grinta.»
Come continuerà la
sua battaglia verso un’arte di popolo che possa salvaguardare la ricerca e la
sperimentazione?
«Sia in scrittura che in azione. Nell'azione vorrei federare
tutte queste associazioni e comitati che incontro in giro per l’Italia, chiuse
in sé stesse per unirle affinché la loro voce sia più forte. Continuerò a
scrivere libri per questa battaglia: l’Italia da salvare che non è quella dei
monumenti ma delle persone che danno vita a questi monumenti. Continuerò a dare spazio a chi non ha un nome famoso, a quelle persone non titolate che
fanno cultura come per esempio maestre di piccole comunità.»
Cosa è la Bellezza?
«La Bellezza è uno
dei più grandi misteri che si annidino
negli occhi e davanti agli occhi degli uomini. La Bellezza mostra all’uomo,
essere finito, il fatto di essere “quasi nulla” come diceva Leopardi. La
Bellezza consegna la consapevolezza del “
quasi nulla”. Credo sia un’ottima
riflessione sulla bellezza: La bellezza
salva l’uomo dalla finitezza con quel “ quasi”.»
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