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domenica 31 luglio 2011

Lolli. L'anarchico della canzone in trio per cantare l'amore

da " Il quotidiano della Basilicata"
Claudio Lolli, voce controcorrente
L'anarchico della canzone in trio per cantare l'amore





di Francesco Altavista

Brienza –“Collegato d'amore alle masse ,più cultura, più lotta di classe”. Sono alcuni versi della canzone “ Autobiografia Industriale” di Claudio Lolli.Il cantautore nato a Bologna il 28 marzo del 1950 sarà in concerto in trio con Paolo Capodacqua e Nicola Alessini a Brienza il prossimo 5 agosto nell’ambito della manifestazione “ Notti al castello-anni ribelli”. E’ il settimo e penultimo appuntamento della rassegna burgentina che ripercorre gli anni dal 1967 al 1977, con Claudio Lolli si ripercorre quel fermento culturale politico di cui si parla tanto a volte anche in modo ambiguo. In anteprima il cantautore ribelle si concede per un’intervista per “ Il quotidiano della Basilicata”.

Maestro, il suo ultimo disco è “ Love Songs” del 2009, una raccolta delle sue più belle canzoni d’amore arrangiate proprio in trio. Perché un cantautore controcorrente come lei canta l’amore? Perché oggi c’è bisogno di farlo?

Intanto c’è un motivo pratico. In tutti i miei dischi c’era la canzone d’amore che non era stata molto ascoltata e valutata perché avevano avuto più spazio altre cose. Risentendole mi sembravano belle e stimolanti. Parlare d’amore oggi credo sia la cosa di cui c’è più bisogno, nell’introduzione dell’album si legge che è un corpo politico – culturale contro l’odio organizzato di oggi. Di amore politico si tratta non di amore mistico.

In questa raccolta c’è anche “ Quello che mi resta “ del suo primo album “ Aspettando Godot” del 1972. Il Godot di Samuel Beckett è stato sempre al centro delle sue riflessioni anche per esempio in “ Autobiografia Industriale “. Per l’autore di Dublino non è mai arrivato, lei lo sta ancora aspettando ?

Se arriva è peggio, bisogna sempre aspettare per avere desideri. Quando tutto si chiude è la fine, la storia deve continuare , è l’unica situazione gradevole, di gioia dell’uomo: la condizione di aspettare. Sono passati 40 anni avevo ripreso, banalizzato e politicizzato lo spunto di Beckett. Oggi tutto è cambiato, prima era il bisogno di agire. Oggi invece è l’attesa di qualcosa che è una forza propulsiva più profonda addirittura più determinante dell’azione in se stessa.

Se Godot non è arrivato allora e non arriva oggi, ha ancora senso fare musica ribelle?

Io dico che ha sempre senso fare musica ribelle, forse oggi più di prima. Negli ultimi mesi e giorni vediamo dei segnali interessanti ma abbiamo passato una ventina d’anni di sonno. Ci sono delle ragioni che hanno generato dei mostri. Musica ribelle chiaramente è una semplificazione, significa musica che abbia dei spunti critici, delle riflessioni politiche, che metta dei dubbi, dei sogni che modifichino l’emotività di chi ascolta, non semplicemente una colonna sonora della noia dell’esistenza.

Tra alcuni cantautori del suo periodo ma anche tra alcuni intellettuali di sinistra serpeggia quasi un rinnegare del periodo degli “ anni di piombo” .Quale riflessione si può fare su quel periodo?

Io penso che quel periodo sia stato molto banalizzato sotto la sigla anni di piombo, perché non era solamente quello; era un periodo molto creativo dal punto di vista culturale, molto vivo molto vivace. Si sono elaborate teorie e comportamenti molto moderni che hanno sprovincializzato l’Italia. Il fatto poi che sia andata a finire male è innegabile,il fatto che sia prevalso nel movimento la parte militare si è capito quando si è trovato il cadavere di Moro, si capì in quel momento che era finito tutto.

Considerando il fermento di quel periodo, oggi a cosa siamo arrivati?

Per il momento mi sembra che finalmente questo regime fascista che ci governa da venti anni abbia delle difficoltà. Spero che crolli e che si aprano dei movimenti più energici, più vitali che la società sia meno soffocata. In questo io credo che per esempio la capacità di usare i nuovi mezzi di comunicazione dei ragazzi serva molto. Come i ragazzi non comprano più il cd così non guardano più la televisione. Guardano quello che vogliono sul computer e questo dà una grande possibilità di avere informazioni alternative e quindi un’occasione di vedere il mondo in modo più sfumato, più articolato, meno imposto, meno strutturato dal potere.

“Ho visto anche degli zingari Felici “ è un altro suo grande successo, ripreso da Luca Carboni nell’album del 2009 “ Musiche ribelli”. Che senso ha questo pezzo per la generazione di oggi?

Il suo tempo era 1976 e si rivolgeva a quella generazione. Certo un po’ di nomadismo culturale è sempre auspicabile e mi sembra che questa ultima generazione lo stia praticando. Potrebbe essere dedicato benissimo anche a loro. Esiste questo “zingaraggio” della rete che ha questa sua indipendenza dal potere e consegna sicuramente gioia.

Maestro, nella penultima domanda vorrei una sua breve riflessione su queste tre parole trattate moltissimo nei suoi pezzi: Socialdemocrazia, Anarchia e Borghesia?

Socialdemocrazia, a questo punto magari! L’Anarchia rimane sempre lì, come Godot , la cosa che non arriva mai e che si aspetta sempre, crea un movimento, delle tensioni positive, è la cosa a cui crederò sempre. La borghesia, se fosse intelligente ce la teniamo ma di certo non è quella che abbiamo adesso.

Cosa è la Bellezza?

La Bellezza è lo splendore femminile. Se esistesse Dio sarebbe donna ma come disse qualcuno grazie a Dio sono ateo.

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