giovedì 9 agosto 2012

Peppe Barra e la lunga storia d'amore con l'arpa

da "il quotidiano della Basilicata"


La lunga storia d'amore con l'arpa 



di Francesco Altavista 







Viggiano –   E’ un vero maestro di arte, dalla musica al teatro, passando per la ricerca  e lo studio; è una leggenda nata nel sud, nella Napoli grandiosa capitale europea della cultura, fa parte di quella storia comune al meridione che a tutti piace ricordare. E’ il maestro Peppe Barra  che questa ( domenica 5 agosto) sera riceverà il premio “ Arpa Popolare Viggianese”, a Viggiano nell’ambito della “Rassegna dell’arpa” . L’artista di Procida dopo la consegna del premio concederà a tutti i presenti il suo spettacolo musicale, un concerto imperdibile, una perla da custodire nel ricordo. Peppe Barra dimostrando ancora una volta la sua gentilezza ed umiltà si concede per una chiacchierata con “ Il quotidiano della Basilicata”.  
Maestro, le consegneranno il premio “ Arpa Popolare Viggianese”. Quale è il suo rapporto con questo strumento di tradizione viggianese e lucana ? Cosa ricambierà artisticamente ai presenti?
La motivazione del premio non la so. Per quanto riguarda il mio amore per Viggiano , i viggianese e l’arpa risale a molti anni fa, quando adottammo nella Nuova Compagnia di Canto Popolare l’arpa viggianese. Ed è stato sempre un ricordo bellissimo della mia memoria, quando studiavamo ed analizzavamo l’arpa e tutte le musiche che si potevano fare e strumentare sull’arpa viggianese. Vengo da poco dal “festival della Magna Grecia” , per cui nel concerto che farò a Viggiano ci saranno anche questi pezzi e poi non so cosa succederà perché quando faccio i concerti adotto sempre un atteggiamento   sperimentale con il pubblico ed escono delle belle cose, mi diverto sempre perché il mio concerto non è mai fine a sé stesso, è sempre in funzione del pubblico, sempre in rapporto  con il pubblico.
Secondo lei maestro , quale è il posto oggi della musica e della cultura di tradizione popolare?
Mi è sempre piaciuto soffermarmi sulle tradizioni, sulle canzoni e  su tutto quello che è cultura popolare. Ieri sono stato a fare una conferenza sul costume  popolare procidano.Una mia amica  che è una brava costumista del cinema e non solo  Elisabetta Montaldo, figlia del regista  Giuliano Montaldo,  ha fatto questo studio ed ha realizzato questo vestito di tradizione  procidano. Mi piace studiare ed analizzare ancora  il mondo popolare, attraverso scoperte, per esempio questo costume, che è il vestito di mia madre e mi piace ricordarla in questo modo così intenso. Devo ammettere che la cultura popolare nel sud non esiste più. Mi piace però pensare a questi giovani viggianesi che recuperano la tradizione dell’arpa, mi piace pensare che in Calabria organizzano concerti di tarantelle, a Procida vedo che si organizzano per tenere viva una tradizione. Ma la devono reinventare, perché non c’è.



La Nuova compagnia di Canto Popolare, ha fatto davvero tanto artisticamente per reinventare una cultura popolare, facendo sviluppare anche delle attività economiche,perché l’ha dovuta lasciare nel 1978?
Per me la compagnia si è estinta quando sono andato via io e  tutti gli elementi che avevano creato la compagnia, tra cui Roberto De Simone. E’ un discorso difficile, quando si è giovani non si pensa al futuro, la NCCP non pensava al futuro ma  al successo immediato ed aveva dimenticato la ricerca, aveva un po’ abbandonato  e viveva sugli allori, questa cosa non è piaciuta a me ed ad altri. Per cui sono andato via ed ho seguito Roberto in un discorso teatrale, perché la NCCP doveva sfociare in un discorso  teatrale. Doveva seguire quella strada, quello studio, hanno ritenuto di fare un discorso narcisista e non mi piaceva.
Nel 1995  lei ha partecipato al progetto del disco “ Canti randagi “, ha cantato “ Bocca di Rosa“  nella lingua da lei molto amata, il napoletano.  Come è nata questa partecipazione e questo lavoro sul brano?
 Come tutte le cose che io faccio, feci questa collaborazione  con amore. Ho avuto una telefonata da Fabrizio, ci conoscevamo è stato sempre il mio cantautore preferito, ha voluto propormi di tradurre una delle sue canzoni per il disco “ Canti randagi”.Un disco che si faceva per ricordare i pezzi di De Andrè, quando era ancora in vita. Ogni gruppo italiano e straniero ha scelto un pezzo, io ho scelto “ Bocca di Rosa”,la traduzione  fatta Vincenzo Salemme, devo dire fu  molto interessante come linguaggio.
Peppe Barra è anche grande teatro. A che punto è il teatro oggi, specie nella città della cultura Napoli?
Napoli  è  all’insegna del cattivo gusto e della cattiva politica, non sono sensibili alla cultura.. Governare Napoli non è facile, specie quando ha avuto un mal governo per tanti anni. Io cito sempre questa canzone dei Sanfedisti sempre, te la traduco : “ Napoli è come un leccalecca, ognuno viene lecca, prende  e se ne va” . Così è stato e cosi sarà Napoli. Non ci sono più autori italiani. Stiamo vivendo un periodo medievale. Napoli dopo i grandi sta vivendo un periodo ombroso, speriamo che i giovani prendano in mano la situazione, dando  un po’ di gloria a questa città che ne ha avuta tanta.  Stiamo attraversando un periodo orrendo, sia di cultura che di gusto degli italiani. Vediamo questa invadenza dei nuovi comici che a me non fanno nemmeno ridere, vediamo che la gente accorre come pazzi agli spettacoli di questi comici che calpestano il luogo sacro del palcoscenico, con noncuranza di etica e di buon gusto. Molti di questi mi fanno piangere.
Maestro , concludiamo.Cosa è la Bellezza?
La Bellezza è ciò che va in armonia con il pensiero, è ciò che rende l’uomo felice ed in armonia con il creato.

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