Tra i fantasmi di Enzo Vetrano
di Francesco Altavista
Potenza – Il
consorzio “ Teatri uniti “ di Basilicata formato da “ Cose di tetro e musica”
di Dino Quaratino e dall’associazione “ Incompagnia” di Francesca Lisbona con i suggerimenti di
Antonio Calbi, questa sera a partire dalle 21:00 al “ Teatro Don Bosco
” di Potenza e domani al tetro “ Duni “
di Matera alla stessa ora, presenta al pubblico quello che è probabilmente il più grande teatro pirandelliano d’Italia,
quello della coppia Enzo Vetrano e Stefano Randisi con lo spettacolo “
Fantasmi” ( già due anni fa in Basilicata per la rassegna “Le valli del
teatro”) che vede anche la partecipazione di Margherita Smedile.La rassegna di
Potenza e di Matera si pregia di un nuovo appuntamento di imperdibile e grande teatro. Di Pirandello e
dello spettacolo “ Fantasmi” ne parliamo in anteprima per “ Il quotidiano della
Basilicata” in un’intervista al
grandissimo Enzo Vetrano.
Maestro “ Fantasmi”
torna in Basilicata. Come si potrebbe presentare uno spettacolo abbastanza
complesso anche nella sua struttura ?
« In questo spettacolo abbiamo affrontato dei monologhi che sono all’interno di questo
trittico che si chiama “ Fantasmi”. Il più noto è “ L’uomo dal fiore in bocca”,
un testo talmente straordinario che da anni pensavamo di farlo. L’abbiamo unito
ad altri due monologhi: uno al
femminile che si chiama “ Sgombero” e un
altro “ Colloquio con i personaggi”
entrambi tratti da “ Novelle per un anno”. Quando è nato questo
spettacolo avevamo però l’esigenza di inserire un brano che parlasse della fine
della vita in maniera leggera come se fosse vita stessa. Abbiamo trovato due
personaggi straordinari di un autore contemporaneo sempre siciliano che si
chiama Franco Scaldati e questi personaggi si chiamano “ Totò e Vicé”. In
questa scenografia che è un binario
abbandonato, camminano e parlano anche
loro della vita e della morte ma con una leggerezza tale da sembrare bambini. Sono
personaggi carichi di grande poesia. “ Fantasmi” sono tanti pezzi che si sono
composti insieme in un unico spettacolo,
sono appunto i fantasmi di Pirandello.»
I fantasmi sono esseri che non appartengono alla vita e neanche alla morte, sono in una terribile condizione di mezzo ma immortali. Perché Pirandello è immortale e di quali fantasmi parlate al pubblico?
« Facciamo riferimento ai fantasmi della vita stessa. Siamo
circondati da storia, da presenza, da letteratura , da cultura; basta afferrare
questi fantasmi che per anni ci girano attorno. In un momento di crisi della
società così forte bisogna tornare a questi classici del passato. Ci parlano
della vita in una maniera così profonda a cui non siamo più abituati. La nostra
società adesso vive solo attraverso le comunicazioni veloci, bisognerebbe
tornare all’essenza della parola, sarebbe una cosa per noi tutti molto importante. I classici non hanno tempo perché
parlano dell’uomo. I grandi autori scavano talmente forte che proprio non c’è
da pensare all’attualità, perché c’è sempre. Viviamo in un mondo di fantasmi.»
Con i clochard “Totò
e Vicè” portate la leggerezza, ma possono essere intesi come una sorta di lieto
fine alle conclusioni sospese delle opere pirandelliane?
«Esatto. Il loro percorso è questo viaggio e alla fine giocano. Forse la conclusione più
bella la danno loro che giocando si trasformano poi in uccelli e in angeli. Loro giocano come dei bambini e
quindi più che una conclusione consegnano una speranza. Attraverso il gioco e la poesia
si può cambiare il mondo. Questi due personaggi ci stanno accompagnando tanto, tra
l’altro da questo spettacolo è nato uno spettacolo intero, cioè tutto il testo
di Franco Scaldati.»
In questo spettacolo forse la parte più violenta ed aggressiva è il monologo di “ Sgombero” della brava Margherita Smedile. Che donna mostra Pirandello?
«Questo monologo era stato composto per Marta Abba, la donna
di Pirandello. E’ un monologo molto
violento. E’ un discorso crudo nei confronti
del padre, parla delle violenze subite,
dell’abbandono sulla strada e a quei
tempi a Marta Abba parse troppo violento e non l’ha mai messo in
scena. E’ una donna siciliana, molto forte a cui noi siciliani e noi del sud
siamo abituati. Una donna avvezza ad una condizione difficile: la vita al sud è
più dura sia da un punto di vista strettamente economico ma anche come discorso
sulla parità tra i sessi. Questa figura di donna che traccia Pirandello è
veramente una figura di ribellione ed è di una modernità assoluta. A quei tempi
una donna non poteva reagire così, anche alla violenza. Pirandello la fa
diventare un’eroina.»
Quando lo spettatore
entra in teatro, lei è in platea con i panni dell’”uomo dal fiore in bocca”.
L’attore si confronta direttamente con il pubblico e viceversa, l’opera è come
se si muovesse con e tra il pubblico. L’attore pirandelliano in questa ricerca di verità scenica riesce a
fine spettacolo a liberarsi dal personaggio?
« Il personaggio è una vita che si vive in tutta la sua
profondità. E’ bello immergersi totalmente in questo fantasma, di dimenticare
un po’ di essere Enzo Vetrano, anche se non puoi farlo totalmente. E’
bellissimo. Il cervello sa che è finto se no morirei d’infarto ad ogni replica. Però un po’ te lo devi
dimenticare. Anche Pirandello dava questa indicazione, quella di rompere - ed è modernissimo ancora - questa
barriera tra palcoscenico e spettatore, mischiare come se in ognuno ci potesse essere “ L’uomo
dal fiore in bocca”.»
Una particolarità incredibile è la grande amicizia che lega lei a Stefano Randisi, più di trent’anni insieme. Come vive un legame così forte? Vi sentite un po’ come i vostri personaggi “ Totò e Vicè”?
«Certo non è tanto comune un legame del genere nel nostro
mondo. Abbiamo iniziato insieme questa avventura. Questo binomio è diventato
assoluto. Abbiamo la stessa idea di teatro, la stessa vocazione e la stessa
meta. Fare una regia in due è come se a farla , fosse un’unica persona con due facce. Siamo
anche profondamente diversi io e Stefano. Io
sono più folle, lui più razionale. Le sue idee con le mie danno la
possibilità di uno spettacolo folle che si riesce a capire. Tutti e due amiamo
lo stesso tipo di poesia, ecco perché dura anche il nostro lavoro insieme. E’ una grande storia di creazione insieme.
Nel dialogo tra “ Totò e Vicè” c’è un
po’ anche la nostra storia di amicizia molto forte che è sicuramente un altro
tema di questo spettacolo.»
Maestro, avete
collaborato con la compagnia “ Le Belle Bandiere” di Elena Bucci e Marco Sgrosso ( il primo febbraio in scena allo “Stabile” e il 7 al Duni) in passato ed
avete fatto cose indimenticabili. Collaborerete ancora insieme? Quali sono i vostri prossimi progetti?
Con “ Le belle bandiere” per ora non è previsto niente,
stiamo facendo dei percorsi diversi e paralleli. Per ora progetti separati.
Abbiamo un progetto di tornare a Goldoni che ebbe un grande successo e sono
anni che lavoriamo al “ Tartufo” ma in
questi ultimi anni troviamo difficoltà a livello produttivo, perché per quanto
abbiano grande successo, le risorse tendono a diminuire. Per quanto riguarda noi
: abbiamo realizzato diversi frammenti
di Pirandello per un documentario della
Rai da mandare in tv. C’è “ Fantasmi”, “
Totò e Vicè” ma anche altri personaggi di Pirandello, l’abbiamo consegnato
venti giorni fa. Il documentario si chiama “ Per mosse d’anima”,richiamando
proprio la ricerca della verità scenica che Pirandello voleva dai suoi attori. Ci
sono poi nuovi spettacoli in programma e
vorremo fare un lavoro su Sciascia che pochi conoscono come autore ma è
straordinario.»
Cosa è la Bellezza?
«La Bellezza è qualche cosa che fa vibrare in maniera forte,
un qualcosa che incanta.»
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