Sergio Rubini "a cuore aperto"
di Francesco Altavista
Matera – Tutti
pronti ai nastri di partenza per la stagione teatrale 2011-2012 a Matera che renderà la
città dei sassi un rifugio di lusso per il teatro che conta. Al teatro
Duni si comincia sabato alle 21:00 con
uno spettacolo davvero imperdibile, il ritorno a teatro di Sergio Rubini con la
pièce da lui scritta ed interpretata, “ A cuore aperto- voci del novecento da
Neruda a Sanguineti”, nella sezione della rassegna “ teatro e musica”. Ad
accompagnare questa speciale lettura di opere dello scorso secolo, oltre ai
racconti di Rubini, i suoni del
contrabbasso, del pianoforte e
della batteria con i maestri Michele
Fazio, Emanuele Smimmo e Marco Loddo che rendono tutto indimenticabilmente
emozionante. In anteprima Sergio Rubini si concede per un’intervista per “ Il
quotidiano della Basilicata” sacrificando alcuni minuti prima di cena dopo una giornata piena di impegni
passata anche sul set del nuovo film di Susanna Nicchiarelli.
Maestro Rubini,
perché il suo ritorno a teatro è “ A
cuore aperto” ?
Non è la bizzarria di un cardiochirurgo impazzito. Un po’ ho
voluto citare l’emozione con cui lavorano i poeti. E poi perché la
recitazione della lettura a voce alta è
una mia passione da sempre che ho coltivato come se si trattasse di una cosa che non facesse parte
del mio mestiere di attore. Un po’ come un hobby , ho sempre letto a voce alta
per me stesso approfondendo poeti e scrittori. Da qualche anno volendo tornare
sul palcoscenico ma non avendo voglia di fare uno spettacolo con trucchi e parrucche, ho messo in scena questa
mia intima pratica della lettura a voce alta, ecco: “a cuore aperto”, perché autenticamente
mia.
Neruda, Eduardo De
filippo, Shakespeare, Prévert,Leopardi, Sanguineti sono alcuni degli autori
delle opere che lei leggerà. Come lei mette insieme storie dissimili, concepite
in modo disparato, in un epoca diversa?
Io direi che ciò che unisce queste opere d’arte è il
mestiere dell’attore. E’ una serata nella quale faccio tante cose abbastanza diverse. Leggo
queste opere in diversi momenti della
serata, è non sono unite da un
approfondimento di tipo storiografico o filologico, ma uniti dall’idea della
poliedricità del mestiere dell’attore.
Una poesia è già
opera d’arte a sé, quando la poesia o un racconto diventa teatro?
Il passaggio sta sempre nella capacità dell’attore e
dell’autore di uscire in teatro a far diventare simbolo ciò che si compie.
Riuscire a conferire ad un gesto ed una azione la caratteristica di happening,
ciò che avviene in quel momento e di
assolutamente irripetibile. In quel momento stesso nasce secondo me il teatro.
Questo spettacolo rappresenta un po’ come ha
detto lei le sue passioni, un po’ come
il protagonista del suo ultimo film “L’uomo nero”….
In quel film racconto
che ci sono delle persone della strada, cosiddetti uomini grigi che coltivano
una passione e che con quella passione si elevano dalla loro condizione e che
spesso ci sono degli altri uomini che sono pronti a tappare le ali. I sogni di
quel ferroviere si infrangevano contro un mondo fatto di meschinità, di
incapacità di sognare. Quel ferroviere fa un quadro e lo fa bene e quei critici
non se ne accorgono perché animati da pregiudizi, danno più valore ad altro,
all’apparenza. Non sanno approfondire. Il mio problema era di raccontare una
cosa vera e reale, la sua voglia di
affrancarsi dalla condizione osteggiata da un sud retrivo, bigotto e povero di
sentimenti.
Riferendosi allo spettacolo
“ A cuore aperto”, ha detto una frase, “ se in Francia ti dicono che sei un
poeta è un complimento, se in Italia ti dicono che sei artista è un’offesa”,
perché succede questo?
E’ vero in Francia il
più grande complimento che ti possano fare è “ sei un poeta”. Vuol dire sei un
visionario. Da noi dire : “ sei un
artista” vuol dire che sei uno che campa alla giornata, magari un
po’truffaldino oppure che sei un povero sognatore. E’ la nostra italianità, non
è solo un problema culturale ma anche politico, infatti ha un riverbero e anche
l’origine nel mondo della politica. Noi dovremmo vivere in Italia sul divulgare
la nostra storia, invece quella che viviamo è sotto cultura.
Lei è un attore che
non ha mai rinnegato il sud e il suo dialetto, ma come ha fatto ad abbattere il
cliché caricaturale innescato per esempio da Lino Banfi nel cinema?
La Puglia era un pezzo del sud che coincideva, a differenza
per esempio della Sicilia e le sue tante storie, con la maschera di Banfi, una
faccia comica grottesca molto particolare che non abbracciava tutta la
complessità del sud e della Puglia. All’inizio quando abbiamo fatto con
Procacci , “ La Stazione”, in qualche modo non sapevamo come sarebbe stato
preso questo pugliese non comico ma con i suoi suoni. La cosa poi ha funzionato
per quanto mi riguarda e la Puglia è riuscita a costruire una potente
credibilità culturale ma anche un modello economico, quest’anno ha avuto un
picco nel turismo. E’ avvenuta una certa sinergia tra gente e istituzioni, queste
ultime hanno avuto la capacità di credere nel cinema. L’Apulia film Commission
è una di quelle organizzazioni che funziona di più in Italia, tanti anni fa certamente
era diverso.
Staccare la
caricatura, la farsa dal dialetto è un
po’ come ha fatto Eduardo nel teatro?
Io mi sono formato con dei film che mettevano in scena
protagonisti della strada con eventi della strada. Più visi normali, come se i
caratteristi di una volta avessero preso il posto di protagonisti. Con le
persone con cui lavoravo all’inizio capimmo che era la stessa lezione di
Eduardo e del neorealismo ma che in Italia in qualche modo si era interrotta. Nel
teatro il realismo si era fermato alle sue grandi commedie. Con questi amici abbiamo riflettuto ed
abbiamo deciso di mettere insieme le due lezioni e di coniugarle nella regione
da cui venivamo e la cosa ha funzionato.
Lei è legato sin
dall’infanzia alla Basilicata ed aprirà la stagione teatrale a Matera, che
consiglio si può dare ad una regione ancora senza film commission?
Ho un rapporto fantastico
con la Basilicata. Per mio nonno e mio padre che hanno lavorato in questa regione, trascorrevo lunghi periodi
nella terra lucana, amo i suoi territori e la sua gente. Il consiglio che
voglio dare è quello di studiarsi come mai la film commission ha funzionato dove
ha raggiunto i suoi obiettivi e come non
ha funzionato invece dove ha fallito. Poi tutto questo non va abdicato
meccanicamente , ogni territorio ha la sua peculiarità, tutto questo va
adattato, ci vogliono le persone giuste e capaci in sinergia istituzionale.
Lei ha frequentato
per due anni la più prestigiosa
accademia di teatro d’Italia che raccoglie ogni anno nelle selezioni
iniziali migliaia di aspiranti attori, la “ Silvio D’amico”. Perché poi ha lasciato?
L'ho abbandonata perché vivevo sulle spalle dei miei genitori
ed ebbi subito una scrittura , del mio primo spettacolo estivo a cui se ne unì
una invernale mi posi la questione se finire la scuola o cominciare a lavorare. Pensai
considerando il fattore economico, che vivevo sulle spalle dei miei genitori
decisi che poteva andar bene andare a lavorare
Cosa è la Bellezza?
La Bellezza è la
metà. In un mondo in oscurità è la stella polare.
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