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venerdì 28 ottobre 2011

Sergio Rubini "a cuore aperto"

da " Il quotidiano della Basilicata"

Sergio Rubini "a cuore aperto"

di Francesco Altavista

  


Matera – Tutti pronti ai nastri di partenza per la stagione teatrale 2011-2012 a Matera che renderà la città dei sassi un rifugio di lusso per il teatro che conta. Al teatro Duni  si comincia sabato alle 21:00 con uno spettacolo davvero imperdibile, il ritorno a teatro di Sergio Rubini con la pièce da lui scritta ed interpretata, “ A cuore aperto- voci del novecento da Neruda a Sanguineti”, nella sezione della rassegna “ teatro e musica”. Ad accompagnare questa speciale lettura di opere dello scorso secolo, oltre ai racconti di Rubini, i suoni del  contrabbasso, del pianoforte  e della  batteria con i maestri Michele Fazio, Emanuele Smimmo e Marco Loddo che rendono tutto indimenticabilmente emozionante. In anteprima Sergio Rubini si concede per un’intervista per “ Il quotidiano della Basilicata” sacrificando alcuni minuti  prima di cena dopo una giornata piena di impegni passata anche sul set del nuovo film di Susanna Nicchiarelli.   
Maestro Rubini, perché il suo ritorno a teatro  è “ A cuore aperto” ?
Non è la bizzarria di un cardiochirurgo impazzito. Un po’ ho voluto citare l’emozione con cui  lavorano i poeti. E poi perché la recitazione  della lettura a voce alta è una mia passione da sempre che ho coltivato come se si  trattasse di una cosa che non facesse parte del mio mestiere di attore. Un po’ come un hobby , ho sempre letto a voce alta per me stesso approfondendo poeti e scrittori. Da qualche anno volendo tornare sul palcoscenico ma non avendo voglia di fare uno spettacolo con  trucchi e parrucche, ho messo in scena questa mia intima pratica della lettura a voce alta, ecco: “a cuore aperto”, perché autenticamente mia.
Neruda, Eduardo De filippo, Shakespeare, Prévert,Leopardi, Sanguineti sono alcuni degli autori delle opere che lei leggerà. Come lei mette insieme storie dissimili, concepite in modo disparato, in un epoca diversa?
Io direi che ciò che unisce queste opere d’arte è il mestiere dell’attore. E’ una serata nella quale  faccio tante cose abbastanza diverse. Leggo queste opere  in diversi momenti della serata, è non sono unite  da un approfondimento di tipo storiografico o filologico, ma uniti dall’idea della poliedricità del mestiere dell’attore.
Una poesia è già opera d’arte a sé, quando la poesia o un racconto diventa teatro?
Il passaggio sta sempre nella capacità dell’attore e dell’autore di uscire in teatro a far diventare simbolo ciò che si compie. Riuscire a conferire ad un gesto ed una azione la caratteristica di happening, ciò che avviene in quel momento  e di assolutamente irripetibile. In quel momento stesso nasce secondo me il teatro.
 Questo spettacolo rappresenta un po’ come ha detto lei  le sue passioni, un po’ come il protagonista del suo ultimo film “L’uomo nero”….
In quel film  racconto che ci sono delle persone della strada, cosiddetti uomini grigi che coltivano una passione e che con quella passione si elevano dalla loro condizione e che spesso ci sono degli altri uomini che sono pronti a tappare le ali. I sogni di quel ferroviere si infrangevano contro un mondo fatto di meschinità, di incapacità di sognare. Quel ferroviere fa un quadro e lo fa bene e quei critici non se ne accorgono perché animati da pregiudizi, danno più valore ad altro, all’apparenza. Non sanno approfondire. Il mio problema era di raccontare una cosa vera e reale,  la sua voglia di affrancarsi dalla condizione osteggiata da un sud retrivo, bigotto e povero di sentimenti. 
Riferendosi allo spettacolo “ A cuore aperto”, ha detto una frase, “ se in Francia ti dicono che sei un poeta è un complimento, se in Italia ti dicono che sei artista è un’offesa”, perché succede questo?
E’ vero  in Francia il più grande complimento che ti possano fare è “ sei un poeta”. Vuol dire sei un visionario. Da noi  dire : “ sei un artista” vuol dire che sei uno che campa alla giornata, magari un po’truffaldino oppure che sei un povero sognatore. E’ la nostra italianità, non è solo un problema culturale ma anche politico, infatti ha un riverbero e anche l’origine nel mondo della politica. Noi dovremmo vivere in Italia sul divulgare la nostra storia, invece quella che viviamo  è sotto cultura.
Lei è un attore che non ha mai rinnegato il sud e il suo dialetto, ma come ha fatto ad abbattere il cliché caricaturale innescato per esempio da Lino Banfi nel cinema?
La Puglia era un pezzo del sud che coincideva, a differenza per esempio della Sicilia e le sue tante storie, con la maschera di Banfi, una faccia comica grottesca molto particolare che non abbracciava tutta la complessità del sud e della Puglia. All’inizio quando abbiamo fatto con Procacci , “ La Stazione”, in qualche modo non sapevamo come sarebbe stato preso questo pugliese non comico ma con i suoi suoni. La cosa poi ha funzionato per quanto mi riguarda e la Puglia è riuscita a costruire una potente credibilità culturale ma anche un modello economico, quest’anno ha avuto  un picco nel turismo. E’ avvenuta una certa sinergia tra gente e istituzioni, queste ultime hanno avuto la capacità di credere nel cinema. L’Apulia film Commission è una di quelle organizzazioni che funziona di più in Italia, tanti anni fa certamente era diverso.   
Staccare la caricatura, la farsa dal dialetto è  un po’ come ha fatto Eduardo nel teatro?
Io mi sono formato con dei film che mettevano in scena protagonisti della strada con eventi della strada. Più visi normali, come se i caratteristi di una volta avessero preso il posto di protagonisti. Con le persone con cui lavoravo all’inizio capimmo che era la stessa lezione di Eduardo e del neorealismo ma che in Italia in qualche modo si era interrotta. Nel teatro il realismo si era fermato alle sue grandi commedie.  Con questi amici abbiamo riflettuto ed abbiamo deciso di mettere insieme le due lezioni e di coniugarle nella regione da cui venivamo e la cosa ha funzionato.
Lei è legato sin dall’infanzia alla Basilicata ed aprirà la stagione teatrale a Matera, che consiglio si può dare ad una regione ancora senza film commission?
Ho un rapporto fantastico  con la Basilicata. Per mio nonno e mio padre che hanno lavorato  in questa regione, trascorrevo lunghi periodi nella terra lucana, amo i suoi territori e la sua gente. Il consiglio che voglio dare è quello di studiarsi come mai la film commission ha funzionato dove ha raggiunto i suoi obiettivi  e come non ha funzionato invece dove ha fallito. Poi tutto questo non va abdicato meccanicamente , ogni territorio ha la sua peculiarità, tutto questo va adattato, ci vogliono le persone giuste e capaci in sinergia istituzionale.
Lei ha frequentato per due anni la più prestigiosa  accademia di teatro d’Italia che raccoglie ogni anno nelle selezioni iniziali migliaia di aspiranti attori,  la “ Silvio D’amico”. Perché poi ha lasciato?
L'ho abbandonata perché vivevo sulle spalle dei miei genitori ed ebbi subito una scrittura , del mio primo spettacolo estivo a cui se ne unì una invernale mi posi la questione se finire la scuola o cominciare a lavorare.  Pensai  considerando il fattore economico, che vivevo sulle spalle dei miei genitori decisi che poteva andar bene andare a lavorare
Cosa è la Bellezza?
 La Bellezza è la metà. In un mondo in oscurità è la stella polare.





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