domenica 23 dicembre 2012

Nannipieri nella città dei senza nome

da "Il quotidiano della Basilicata"

Nannipieri nella città dei senza nome

di Francesco Altavista 



Potenza –  Luca Nannipieri è un uomo di cultura, un opinionista, saggista, scrittore e critico d’arte  di fama nazionale che non ha certo paura di dire quello che pensa. Interessanti sono le sue intuizioni su come interpretare la cultura e la sua crisi e su come parlare di arte in una visione inedita e meno d’èlite. Oggi alle 19 e 30 parte il suo tour di presentazione della sua ultima fatica “ La cattedrale d’Europa” e parte proprio da Matera dalla “ Parrocchia Santa Famiglia”. Domani alle 18 e 30 al Palazzo dell’Annunziata presenterà il libro in un incontro dal titolo “ Beni culturali e futuro del paese con  :  Don David Mannarella (delegato per i beni culturali ecclesiastici della Diocesi di Matera),  Paolo Tritto (redattore del periodico diocesano LOGOS), Nunzio  Lionetti (curatore dell'iniziativa e presidente dell'ass. "Umana  Dimora Basilicata") e Marco Pelosi (responsabile Cooperativa "Oltre l'Arte"). Concluderà il suo breve tour materano sabato 15 per le scuole al teatro “ Duni” : dalle 9 e 30 per il Liceo Classico e dalle 11 per L’istituto tecnico industriale “Pentasuglia”. In anteprima Luca Nannipieri si concede ad un’intervista sul suo lavoro e su Matera  per “ Il quotidiano della Basilicata”.       
Nel suo libro “ La cattedrale d’Europa”,  la riflessione parte dalla  “ Sagrada Famìlia” di Barcellona. In che modo  questa cattedrale diventa il principio della sua intuizione?
«La “Sagrada Famìlia” è l’esempio massimo di quanto possono fare le comunità, le associazioni  e le libere aggregazioni di persone intorno ad un territorio. C’è una grandissima chiesa, costruita non perché un pontefice, un imperatore, un potente , un faraone l’ha voluta. All’inizio era una piccola associazione di devoti di San Giuseppe. Dopo un primo architetto che fece un disegno che non piacque, arrivò Gaudì. Da allora si innescò una spirale di condivisione, di partecipazione, di emozione collettiva che faceva sì che la “Sagrada Famìlia “ proseguisse  grazie alle  libere donazioni delle persone. Non stiamo parlando di principi o di re ma di persone comuni che misero insieme le proprie forze e con il genio di Gaudì innalzarono una delle più grandi cattedrali d’Europa, tutt’ora in costruzione ma il cui disegno originale è un qualcosa che non ha paragoni.»
La condivisione, la partecipazione e l’arte che viene dal popolo  sono temi di tanti sui articoli e libri. A che punto della sua personale battaglia  arriva “ La cattedrale d’Europa“?
«Arriva ad in un  momento critico. Io giro tutt’Italia per dibattiti e conferenze, vedo tutte queste comunità e associazioni che lavorano attorno al patrimonio storico artistico, a cui ho dedicato il libro precedente “ La Bellezza inutile”. Vedo che sono tutte comunità ed associazioni chiuse in sé stesse, tutte forse incapaci di fare forza aggregandosi tra di loro. Allora ho voluto, di fronte ad uno scenario così difficile, dare un esempio massimo e  inaudito:  come in un altro periodo della storia si è costruita una grandissima cattedrale nonostante ci fosse la guerra e  una dittatura, cioè   momenti drammatici difficilissimi. Vorrei che questo  fosse da sprono per tutte queste comunità e comitati volontari che incontro.»
Ha voluto partire da Matera per il suo tour di presentazione. Questa città come si colloca nel suo ragionamento sull’arte ?
«Matera è la città per eccellenza che rappresenta la mia situazione. Un luogo non costruito da un grandissimo artista, ma realizzato in generazioni di persone che hanno modellato il loro essere cittadini erigendo quell’esempio di bellezza urbana che tutti ammirano nel mondo.Questa città poi ha una densità di patrimonio artistico che è impareggiabile, fin ora ahimè poco valorizzato, se si pensa all’annosa questione del Duomo di Matera chiuso. Quello è un mio motivo di rimpianto.»



A proposito di rimpianti e di valorizzazioni mancate. Cosa manca a  Matera per diventare una città della cultura?
«Innanzitutto la mentalità chiarissima che un Duomo non può restare chiuso. La cattedrale di una città non può essere chiusa. Se i ragazzi crescendo considerano il maggior punto focale di una città chiuso, a quei ragazzi manca qualcosa. E’ chiaro che per essere capitale del cultura e non solo del patrimonio storico- artistico occorre diventare una fucina di produzione culturale  moderna. Questo significa essere capitale della cultura, altrimenti sei capitale del patrimonio artistico. Per esempio  Pompei è capitale del patrimonio archeologico ma non può certo  diventare capitale della cultura.» 
Tra i punti a favore però Matera ha certamente quella che lei definisce arte collettiva – aggiungo- degli sconfitti. Potrebbe essere un fascino unico da cui partire per credere  in questa candidatura?
 «La Bellezza collettiva è pur sempre la bellezza di chi non ha nome, di chi non ha avuto peso  nel corso dei secoli. Di chi alla regie non ha potuto contrapporre una bellezza altrettanto fulgida ma appunto si è dovuto ritrarre in costruzioni più dimesse, più espugnabili. Matera è sicuramente la città per eccellenza dei senza nome. Matera non si lega ad un nome fortissimo della cultura, ma come città dei senza nome è  regina assoluta. Matera è già capitale del patrimonio storico- artistico può diventare capitale della cultura,  per adesso però  mi rimane difficile pensarlo. Quante persone dalla Toscana, dal Lazio, dalla Lombardia vengono a lavorare a Matera, ci sono quelle ossigenazioni che fanno sì che una persona da fuori venga a lavorare  nella città dei Sassi?»
In un suo interessantissimo  articolo lei spiega che riavviare la cultura non è una questione di fondi, anzi nella sua provocazione lei chiede di togliere i fondi parlando del procurare un infarto alla cultura. Perché una idea così forte per riavviare il mondo dell’arte e della cultura?
«Le politiche culturali oggi in Italia si indirizzano soltanto ad uno strettissimo target di persone. Bisogna creare un infarto alla cultura perché non respira, perché questa cultura qui butta fuori i giovani.. Tanti soldi ai teatri per vedere i cartelloni che sono uguali in tutta l’Italia, con i soliti nomi noti come:  Proietti, Albertazzi. Mostri sacri certo,  ma poi uno che ha trent'anni dove li trova i soldi per sperimentare e per costruire. Nelle primarie del PD sia Bersani che Renzi non hanno detto parola  sulla cultura e non parlo si Berlusconi. Solo Vendola  ma poi è stato scartato. Credo che la Puglia sia diventata un grande laboratorio  dopo la sua presidenza, però non è stato accettato. La cultura ha bisogno di una scossa. Non c’è sperimentazione, non c’è l’avanguardia, non c’è rabbia né grinta.»
Come continuerà la sua battaglia verso un’arte di popolo che possa salvaguardare la ricerca e la sperimentazione?
«Sia in scrittura che in azione. Nell'azione vorrei federare tutte queste associazioni e comitati che incontro in giro per l’Italia, chiuse in sé stesse per unirle affinché la loro voce sia più forte. Continuerò a scrivere libri per questa battaglia:  l’Italia da salvare che non è quella dei monumenti ma delle persone che danno vita a questi monumenti. Continuerò a  dare spazio a chi non ha un nome  famoso, a quelle persone non titolate che fanno cultura come per esempio maestre di piccole comunità.»
Cosa è la Bellezza?
 «La Bellezza è uno dei più grandi  misteri che si annidino negli occhi e davanti agli occhi degli uomini. La Bellezza mostra all’uomo, essere finito, il fatto di essere “quasi nulla” come diceva Leopardi. La Bellezza consegna la  consapevolezza  del  “ quasi nulla”. Credo sia  un’ottima riflessione sulla bellezza:  La bellezza salva l’uomo  dalla finitezza  con quel “ quasi”.»

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