A tu per tu con Daniele Vicari
di Francesco Altavista
Rionero - E’ il regista del momento Daniele Vicari con il film pluripremiato in Europa “ Diaz-
non lavate questo sangue”. Sarà presente
questa sera a partire dalle 20
a Rionero in Vulture per partecipare ad un dibattito, a
seguito della proiezione del film, al
cinema “ Vorrasi” con Antonio Placido il sindaco di Rionero, Alessandro
Mantovani autore del libro “ Diaz Processo alla polizia”, Paolo Pesacane assessore provinciale Politiche sociali,
l’onorevole Elettra Deiana ( parlamentare ai tempo del G8 di Genova) e Armando
Lostaglio del “ cineclub “ V. De Sica” di Rionero , organizzatore dell’evento.
In anteprima Daniele Vicari si concede
ad un’intervista per “ Il quotidiano della Basilicata”.
Daniele, hai
conquistato premi un tutta Europa per il tuo film “ Diaz- non lavate questo
sangue”. Ma in Italia a che punto è la discussione?
Il film ha aperto due fronti di discussione importanti: uno
sui fatti di Genova, su cosa è accaduto in quei giorni, la gravità di quei
fatti, il fatto che siano ancora aperti dal punto di vista giudiziario ma anche
politico. Ieri c’è stata una proiezione in parlamento organizzata da alcuni
parlamentari del PD che hanno voluto far vedere il film, per riaprire questa discussione. Pare che ci sia
una proposta di legge per istituire una commissione parlamentare d’inchiesta.
Il film riapre questa questione sul piano politico-storico e poi ci sono i
processi all’ultimo grado di giudizio in cassazione. L’altro fronte di
discussione è relativo al cinema, quanto
e fino a che punto la nostra cinematografia è in grado di raccontare il
paese, le sue difficoltà e contraddizione. Sono due fronti secondo me molto
importanti aperti dal film.
Perché hai scelto questa strada scomoda e ripida per il
tuo cinema?
Perché innanzitutto questi fatti hanno inciso sulla
percezione che la mia generazione ha verso le istituzioni. Io credo che se una
classe dirigente seria non affronta i nodi profondi del nostro paese, questa
classe sarà superata dalla storia. Il fatto di non affrontare mai veramente i
problemi ma lasciarli cadere, di impantanarli questo ci ha portato sull’orlo dell’abisso. Questo vale per
l’economia, vale per le questioni giudiziarie e sociali, vale per la storia
intera del nostro paese.
Dopo aver lavorato a questo film che
riflessione sulla democrazia senti di fare?
La prima cosa che ho pensato è che è un grave sbaglio darla per scontato, le
generazioni che verranno non perdoneranno questo errore. La democrazia va
costruita giorno per giorno, è bella ma fragile. I fatti di Genova lo
dimostrano, il comportamento omogeneo delle forze dell’ordine fa paura. Significa che in ogni momento anche
una tradizione democratica solida come l’Italia può scivolare in situazioni
critiche inaccettabili.
Che spiegazione ti
sei riuscito a dare sulla motivazione
di questi massacri che tu mostri nel
film ?
E’ successo questo per tanti motivi legati al fatto che ad
un certo punto la democrazia non riesce
a fronteggiare i problemi e reagisce con
un attitudine non democratica. Centinaia di migliaia di persone provenienti da
tutto il mondo nel 2001 arrivarono a
Genova per un grido d’allarme verso la
finanziarizzazione dell’economia, queste persone avevano visto lungo. I potenti
della terra non presero in considerazione questo grido, fatto anche da grandi
studiosi d’economia, e hanno risposto
con violenza,. Dopo dieci anni , i due politici
che sono i maggiori responsabili della crisi istituzionale ed economica,
la Merkell e Sarkozy propongono la “
Tobin tax” che era una delle parole d’ordine del movimento no global. E
tristemente ridicola questa cosa. Le classi dirigente europee sono almeno dieci anni in ritardo rispetto
agli eventi e lo stiamo pagando tutti sulla nosta pelle.
Secondo te, dopo il tuo film, è cambiato il rapporto tra i cittadini e le forze
dell’ordine?
Non lo so. Non so misurarlo.
Credo che il fatto che la portavoce della polizia a Genova, abbia
raccontato delle balle colossali a tutti gli italiani, il fatto che la polizia
abbia nascosto la catastrofica gestione
dei fatti di Bolzaneto, certo non fa onore ai dirigenti nazionali. Torture per
giorni e giorni non fanno onore a chi porta la divisa, centinaia di messaggi
che mi arrivano ogni giorno da persone delle forze dell’ordine che mi ringraziano per il
film, stanno a dimostrarlo.
Tra le torture di
“Bolzaneto” mostrate nel film c’è anche
quella verso una ragazza che ha le mestruazioni e viene costretta proprio da
una donna poliziotto a pulirsi con un giornale vecchio. Siamo all’annientamento dell’umano, sia nelle
vittime che nei carnefici ?
Queste cose qui terrificanti nei bagni sono state fatte a
decine di ragazze. Il fatto che dei poliziotti si comportino in quel modo sta
fuori dalla civiltà, non solo dal codice penale. In un certo senso è
l’annientamento dell’umano, per le torture di “Bolzaneto” ho dovuto fare
riferimento ad un immaginario cinematografico che non è il nostro, quello dei
campi di concentramento, essere umani ridotti a nulla. Questa cosa è accaduta a
“Bolzaneto”, è una crepa terrificante, un rimorso del passato nella storia di un paese che si illudeva di
aver superato la propria storia. Invece mi sembra evidente non l’abbiamo
elaborata,questo rapporto folle tra istituzioni e cittadini può dare luogo a queste tragedie, ecco perché
sarebbe importante avere una legge contro la tortura, il fatto che il parlamento italiano non la ratifichi dal 1984, è molto significativo.
Tutto questo significa anche condannare una stato a criminale ?
Io credo che se
continua questo silenzio e questa copertura di questi comportamenti
inaccertabili sono le istituzioni stesse che si auto accusano. Il mio è un
racconto non un processo, non c’è dubbio che lo Stato ha mostrato una faccia
che con la democrazia non ha nulla a che
fare. Lo Stato deve muoversi, deve chiedere scusa ai cittadini italiani, perché
sono stati calpestati i diritti. Deve esistere un rapporto limpido tra Stato e cittadini.
Alla fine del tuo
film, c’è una panoramica che fa respirare ma poi c’è la scena del pullman che
porta gli arrestati di Diaz mentre entra in un tunnel . E’ una speranza spezzata a metà?
Quella scena sembra una liberazione ma poi si infilano in un
tunnel buio che sono tutti gli anni venuti dopo. Da una parte la speranza non
muore perché è stato possibile fare dei processi, parlare di questi fatti.
Dall’altra parte questi processi rischiano di non arrivare da nessuna parte.
Questa immagine come hai detto è un’immagine contrastata, un desiderio di
futuro ma anche una paura di un tunnel in cui tutti ci siamo infilati. Se
qualcuno non fa qualcosa non possiamo essere sicuri che una cosa del genere non
ricapiti.
Andiamo in
conclusione. Hai in mente un prossimo film?
Sto lavorando ad un documentario intitolato “ La nave dolce”
è quasi finito. La storia di una nave “ Flora” che portò ventimila albanesi l’8
agosto del 1991 , da Valona al porto di Bari, la prima immigrazione di massa in
Italia che ha dato vita ad una nuova era.
Cosa è la Bellezza?
La Bellezza è un qualcosa che parte da due elementi
fondamentali , la chiarezza della sua
rappresentazione e il suo senso profondo che viene verso di te e non ti lascia
solo.