martedì 19 luglio 2011

Intervista Maria Letizia Gorga, semplicemente donna


da " Il quotidiano della Basilicata"


Maria Letizia Gorga, semplicemente donna

di Francesco Altavista

Brienza – E’ uno dei momenti più attesi del programma di “ Notti al castello-Anni Ribelli” di Brienza, lo spettacolo dell’incantatrice di emozioni Maria Letizia Gorga.Il 3 agosto presenterà nella cittadina burgentina, il terzo spettacolo della trilogia sulle donne scritta e diretta dal grande Pino Ammendola: “ 40 anni e sono ancora mia”. Una viaggio divertente nell’universo femminile del 1968, con musica e canzoni eseguite dal vivo dall’attrice –cantante con una band Pop Rock nello stile dell’epoca, formata dai maestri: Stefano De Meo ( arrangiamenti e tastiere), Pino Iodice ( Chitarra), Andrea Pintucci ( Basso)e Paola Cariddi ( batteria). In anteprima la bellissima Maria Letizia Gorga concede un’intervista a “ Il quotidiano della Basilicata”

Maria Letizia metterà in scena a Brienza lo spettacolo-concerto “ Quaranta anni e sono ancora mia “.A che punto della riflessione sulla donna raccontata prima dagli spettacoli “ Osceno Novecento “ poi da “ Avec le temps , Dalidà”si pone questa pièce?

E’ una trilogia sulla dignità femminile, per rivendicare un po’ di quello che è lo spazio che la donna con difficoltà ha tentato di riprendersi specie nel nostro secolo. ”Osceno Novecento “è uno spettacolo nel quale racconto cantando le canzoni censurate, ciò che produceva un sentimento di libertà e rivoluzione sui costumi sessuali all’inizio del secolo. Poi ho raccontato la storia di una grande artista, la nostra artista, Dalidà.Mi piaceva ricordare una donna coraggiosa, determinata e protagonista. L’ultimo spettacolo di questa trilogia è “ 40 anni e sono ancora mia” che è il racconto di un periodo storico il 1968, , un periodo di suggestioni, di battaglie, di giustizia sociale contro un politica considerata vecchia. E’ anche il passaggio dalla donna del focolare , quella della famiglia ad una donna lottatrice, emancipata , protagonista nelle decisioni. Questa trilogia è un percorso della memoria, quello che mi piace fare è mostrare dei racconti, anche attraverso il canto e la musica. Raccontare donne che anche nella loro fragilità sono protagoniste della loro storia.

Porta in scena quindi il protagonismo femminile. Ma cosa è la femminilità?

Per me la femminilità è il diritto di essere femminili senza essere suddite. Non bisogna scambiare il valore aggiunto della nostra sensualità con una merce di scambio. Credo comunque che oggi non dobbiamo rivendicare un diritto alla femminilità, ma un diritto all’essere degli individui che possono essere protagoniste. Non bisogna creare sempre un contrasto tra maschile e femminile, sono due universi meravigliosi che marciano verso la libertà in un percorso di dignità personale. Non bisogna più parlare di femminile ma parlare di persone.

Una donna bella come lei nel mondo di oggi avrebbe potuto scegliere anche una strada più corta e meno faticosa per lavorare nello show business. Nel mondo dello spettacolo quando è difficile mantenere la dignità femminile?

Io dico sempre che si è passati dalla beat generation alla velina generation. Credo che si debba fare il proprio percorso, quello che si è sognato di fare, scegliendolo in modo coerente. Io ho voluto raccontare delle storie, se hai una buona storia c’è sempre qualcuno che è pronto all’ascolto. Questo è un po’ il fascino del teatro, l’unico mezzo in cui l’ascolto è sempre possibile e sempre diverso. Come dice sempre il mio maestro Giorgio Albertazzi : “L’attore è colui che si affaccia alla finestra ed ha l’esigenza, la voglia, la necessità di raccontare tutto quello che vede a chi non può affacciarsi o a chi non riesce a vedere”.Ho scelto questa strada per l’urgenza di raccontare, è un rito di condivisione.

Lei porta in scena diverse donne. In quale ruolo si riconosce di più? Che tipo di donna è Maria Letizia Gorga ?

Io credo che la donna sia un vivere molto complesso che comprende tutto. Essere madre, essere figlia, amante; è un essere che ha la possibilità di espandersi. Io credo di essere una donna che conserva ancora la voglia di sognare, la voglia di credere in un mondo migliore. Una donna che vuole fare arte come momento di armonia e pace, cerco di fare sempre la mia parte, come direbbe Dalidà “ A ma maniere!” . A modo mio ! Attraverso il mio specifico, il raccontare storie coraggiose in spettacoli ironici, anche con leggerezza e attraverso il pensare in musica.

Non bisogna perdere la propria specificità, ma la grande Dalidà che lei ricorda con un favoloso spettacolo, diceva che la sua immagine era più amata di lei come persona, come donna. E’ il male di un attore?

E’ il prezzo della fama, Dalidà era più amata di Iolanda Cristina Gigliotti, ha pagato la sua grande popolarità. Vivere gli affetti, la semplicità, gli anni della vita per Dalidà non era facile perché doveva essere perfetta. Il fratello mi ha detto in un incontro a Parigi che lei attraverso la sua morte si è ripresa parte di Iolanda Cristina, almeno nella morte ha voluto decidere lei. Sembra eccessivo, ma Iolanda si è fatta carico del diritto di morire, nel non essere più ha ripreso il suo essere persona.

Cosa è la Bellezza?

La Bellezza è essere in armonia con l’universo. E’ il centro delle energie buone, elevazione dello spirito in uno straordinario stato di grazia.

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