Potenza – “Mimì è o’ me! Mimì è o’ me!” : con questa cantilena in ferrandinese, dotata di una sonorità pungente e disarmante, Maria Barbella si ripete una consapevolezza sbagliata, un sogno irrealizzabile, un gesto d’amore ripetuto ma in ogni caso non reale, quello di essere amata. Il teatro “F. Stabile” di Potenza viene invaso da queste parole, portante in scena dalla Compagnia “ Senza Teatro” per la rassegna “Cantieri d’arte” organizzata da “Cose di teatro e musica” lo scorso venerdì. In scena un solo attore il bravissimo Francesco Evangelista, in sala poco più di una ventina di eletti, fortunati per aver goduto in un’intimità surreale uno spettacolo incredibile. Non è semplicemente una storia contro la pena di morte ma è Maria Barbella. Lo spettacolo “ Maria Barbella, dal braccio della morte alla vita” , scritto dallo stesso Evangelista insieme a Davide Di Prima e Adriano Nubile realizza negli occhi dello spettatore immagini di cose: visibili, come un baule , una sedia, una valigia qualche vestito e sullo sfondo un telo bianco messo in modo da disegnare una vela, a rappresentare ben illuminato la distanza e la nave dei desideri; non visibili, quelli che Evangelista usa e mima con le mani, a riprendere le tradizioni della terra di Basilicata; entusiasmante e carico di pietà quando mima la mietitura e la fatica dei contadini. L’attore ferrandinese mette in scena emozioni: le parole , i fatti e gli oggetti sono solo cornice ad una quadro della realtà incredibilmente gravido di nostalgia, verità,amore e bellezza. Il testo tratto dal libro di Idanna Pucci, “ La signora di Sing Sing no alla pena di morte” entra nel sangue ed attraversa tutto il corpo dei presenti, pulsa verso il cuore che diventa una gabbia troppo stretta per trattenere le lacrime. La regia affidata a Di Prima e Nubile rasenta la perfezione, Evangelista si muove sulle importanti tavole dello “Stabile” ma contemporaneamente si muove sbattendo qua e là nella testa dello spettatore. Violento come uno schiaffo e delicato come un soffio all’orecchio il canto popolare in ferrandinese di Domenica Lisanti che come altri elementi di tradizione lucana, vengono mostrati non più sul tempo come retta dritta divisa tra passato e presente ma su un’entità sferica, dove tutto si confonde e non c’è punto né di origine , né di divisione, solo un precario posto di appoggio che è motivo e non destino della realtà. Maria Barbella viene messa in scena da un uomo che ne riprende sensibilità, movimenti e paure, Evangelista è eccezionale, mette in scena tutti i protagonisti di questa storia, ci racconta in movimenti e sensazioni, gli anni delle emigrazioni verso gli Stati Uniti, il 1895. “ Come il grano tolto dalla terra durante la mietitura“, così viene descritto chi emigra, chi vive nella totale nostalgia della sua terra alla ricerca di una lavoro, alla ricerca di dignità. Persone esiliate dalla propria terra e marchiate con una croce nera sulle spalle: dei delinquenti, dei ruba lavoro per gli americani, questi ultimi stupidi inconsapevoli della ricchezza delle vite donate ad una terra che non è propria. La scelta delle musiche da parte di Di Prima sono incredibilmente centrate sull’azione come lo sono le luci gestite da Nubile. Da brividi a metà faccia illuminata, il rimprovero della madre di Maria, un richiamo tutto riconoscibilmente lucano. Maria Barbella viene salvata dalla sedia elettrica grazie alla prima campagna contro la pena di morte avviata dalla Contessa di Brazzà , nonostante abbia ucciso l’uomo che amava dopo essere stata sedotta e poi costretta alla schiavitù fisica e morale con la promessa non mantenuta del matrimonio. Questa storia nella Basilicata dominata del maschilismo sarebbe finita in modo diverso, per fortuna Maria Barbella era emigrata in America.
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