lunedì 31 ottobre 2011

" Battito stabile" nuovo album dei Babalù

da "Il quotidiano della Basilicata"

Battito Stabile per i Babalù
 di Francesco Altavista 

Potenza – “ Svegliatev’ ca è tard’ guagliù, è arrivat’ Babalù ( Svegliatevi che è tardi ragazzi, è arrivato Babalù)”;   così comincia il primo album della band potentina Babalù  dal titolo “ Battito Stabile”, prodotto da Nello Giudice per l’etichetta “ Officina Recording studio” di Potenza, in uscita in tutt’Italia il 31 ottobre prossimo, distribuito da Egea; la presentazione ufficiale a Roma il prossimo 17 novembre e poi nei maggior megastore della penisola. In effetti ascoltare questo disco è come svegliarsi da un letargo profondo. Dopo il primo ascolto, sarà per le contaminazioni dialettali del “napotentino”, sarà per il mastering effettuato allo Sterling studio di New York da Greg Calbi in persona ma subito   viene da dire: “ finalmente qualcosa di nuovo  nella terra della minestra riscaldata”. Eppure  questo lavoro che mette insieme diversi ritmi dalla musica israeliana, alla reggae, all’Hip Hop  fino al popolare, risulta legato alla terra lucana e al sud in modo profondo tanto da scende  in un pozzo multietnico che diventa una porta nel cielo del mondo, restando legato, per paura di cadere, con una corda spessa alle proprie tradizioni. “ Battito stabile “ è un album apparentemente facile da ascoltare ma che nasconde molte insidie intellettuali  da capire e scoprire: dietro ogni pezzo c’è una storia. I Babalù scrivono con consapevolezza del mondo, guardano negli angoli bui, quelli che i primi della classe con capiscono e non vedono.  Il senso di questo lavoro discografico si mostra subito per quello che è , non si nasconde, non si mostra saccente e non vuole dare lezioni, pur strattonando le idee perbeniste della differenza, partendo da una logica più meticcia. I testi e le musiche scritte dai due frontman Gianluca Sanza e Mariano Caiano, polistrumentista il primo( chitarra battente, chitarra acustica, mandola e Basso) e  percussionista il secondo,  hanno il sapore del nuovo mentre  si lega alle anime come qualcosa da sempre conosciuto che poi nel bel mezzo di una storia di  vita si perde di vista e non si ritrova più. La pubblicazione di questo album  arriva dopo circa tre anni di lavoro, poi l’anno scorso la vittoria con “Mio fratello è Pakistano” del premio miglior testo al prestigiosissimo festival “Musicultura” a Macerata, un pezzo piaciuto tantissimo in particolar modo al presentatore della serata finale Fabrizio Frizzi che a quanto sembra ha manifestato la sua volontà di mettere il pezzo anche come suoneria al suo cellulare personale. “Mio fratello è Pakistano” arriva solo alla seconda traccia nell’album  preceduto dal pezzo che introduce il pensiero del gruppo e che porta il nome della band “ Babalù” nel quale fa la sua incursione il primo ospite con il suo dialetto bernaldese , Big Simone dei “Krikka reggae “.  La terra rossa d’Africa è il tema principale della grafica curata da Mimmo Greco anche regista del video di “ Mio fratello è Pakistano”, ma è solo la copertina del disco, un tessuto suggestivo pieno di trame nel quale dire tanto altro.  Le tre voci dei cantanti Sanza , Caiano e la voce femminile  di Viviana Fatigante, i suoni di Luca De Laurentiis alla chitarra elettrica , Antonello Ruggiero alla batteria e Paola Calbi ai tamburelli   sono incredibilmente intrappolati l’uno nell’altro  ed insieme esprimono  un’energia pura e vera sin dal primo pezzo. “ I Babalù sono capaci di fondere cura e competenza, ai suoni delle radici” scrive il grande Renzo Arbore nella piccola prefazione al disco. Al terzo brano arriva l’unico pezzo più strettamente popolare, dove le esperienze con “I Tarantolati di Tricarico “ di Sanza e Fatigante  prendono il sopravvento. Ma il pezzo non parla retoricamente,si riflette  su carcere  e libertà, un pezzo di un’eleganza peculiare pur rispettando i rudi suoni del sud con i tamburelli di Paola Calbi. Poi arrivano i suoni  di “ Munn” unico pezzo non scritto dai Babalù ma dal regista  Rocco Messina che porta l’ascoltatore nella realtà più becera  sfidandolo al cambiamento   con un ritornello che prende subito spazio con” Vogli ,nu munn fatt p’è criatur”. Al quinto pezzo arriva “ La strega” pezzo suggestivo   di danza e  magia, ispirato come  spiega Gianluca Sanza  a  Maria Anna Nolè danzatrice popolare del gruppo “ Iatrida”e corista in alcuni pezzi dell’album . Arriva poi “ Piglia Tiempo” , “ L’Africa Dentro” e “ Malaluna” che richiamano ancora alla riflessione sull’Africa, sui derelitti, barboni  confinati nell’oscurità  e al bisogno di fermarsi e pensare nell’alienazione della modernità . “ La serpe “    precede la Title Track, “Battito Stabile” nata da una costola di “ Mare e sole” .Quest’ultima è cantata insieme Shaone del gruppo hip hop napoletano “ La Famiglia”. Alla fine il disco regala una versione  dub di “ Piglia tiempo”, come bonus track. "Un disco da ascoltare se non altro per curiosità “ ci spiega Sanza.Naturalmente questo lavoro è da ascoltare per tanti altri motivi ma il desiderio di conoscere un qualcosa di nuovo nato nella terra della polvere deve per forza interessare anche i critici più austeri e gli ascoltatori più superficiali.


sabato 29 ottobre 2011

Intervista ad Ernesto Mahieux


da "Il quotidiano della Basilicata"

La domenica notte di Ernesto Mahieux



di Francesco Altavista 


Bernalda – Sono finite lo scorso otto ottobre le riprese del primo lungometraggio del talentuoso regista di Bernalda,  Giuseppe Marco Albano. “ Una domenica notte” questo il titolo del film, girato interamente in Basilicata. Nel cast un attore d’eccezione, la vera raffinatezza del film, il grande Ernesto Mahieux. L’attore partenopeo con una carriera lunghissima sia in cinema,che in teatro e in televisione in questo periodo sta preparando gli stage di 15 giorni per attori professionisti a Napoli,girando un film in Calabria con Maria Grazia Cucinotta, preparando la tournée teatrale con lo spettacolo “ Gomorra” e accingendosi alle riprese della fiction “ Squadra anti Mafia” , in tutto questo il grandioso Mahieux si concede per un’intervista per “Il quotidiano della Basilicata”.   
Maestro, dall’alto della sua favolosa e lunga esperienza, cinema e teatro con Pupella Maggio, Giannini, Tato Russo,Merola,Nino D’angelo, Garrone, Ettore Scola, Marco Risi, Mastroianni, Jack Lemmon  e tanti altri, come è arrivato in Basilicata  e in  un’ottica di pubblico importante  come le è sembrata la sceneggiatura del film?
La sceneggiatura  mi è piaciuta. Io non conoscevo per mia ignoranza né Albano né il corto che ha avuto le nomination ai David di Donatello. Lui mi ha contatto su facebook, chiedendomi di partecipare al suo lungometraggio e mi ha mandato la sceneggiatura, a questo punto io dopo aver attentamente letto la sceneggiatura, gli ho detto di contattare la mia agenzia. Diciamo che si erano create tutte le premesse perchè io non partecipassi al film, poi grazie ad una serie di coincidenze e io credo nel destino, sono riuscito con gran piacere a partecipare a questo film e ne sono contento. Marco Albano  è un ragazzo molto umile che sa quel che vuole, fa delle immagini molto belle e credo che farà molto parlare di sé nei prossimi anni.
Cosa ci può dire del personaggio che ha interpretato nel film di Marco Giuseppe Albano, “ Una domenica notte”?
Il mio personaggio diciamo che è molto all’avanguardia, nel senso che è un personaggio  di oggi: il solito produttore cinematografico  che praticamente capisce poco e niente di cinema. Conosce un regista alla sua prima esperienza e gli promette di produrre il suo film. Questo personaggio pero è soprattutto un puttaniere, quindi siamo in linea con dei protagonisti della cronaca giornaliera. Un uomo che quando vede una donna non capisce più niente, risultando schiavo di ciò che c’è sotto la cintura.
Perché un attore di così grande valore come lei, accetta spesso di lavorare con giovani più o meno conosciuti e comunque alla prima esperienza?          
Io nei giovani riscontro sempre qualcosa di nuovo. Mi piace lavorare con loro perché  non sono uno che vuole invecchiare. Bisogna aiutare i giovani, dare dei consigli ma sempre tra pari. Inoltre io imparo più dai giovani che dai vecchi .Se poi tu non ascolti i giovani non puoi poi avere per esempio la fortuna di scoprire uno come Matteo Garrone oppure Zampaglione o lo stesso Papasso non giovanissimo ma alla sua prima esperienza, bisogna dare la possibilità ai giovani di mostrare il loro talento. Noi dobbiamo  aiutarli affinché loro creino condizioni di vita migliori di quelle che la mia generazione e qualche altra prima hanno consegnato a loro, quindi largo ai giovani.
Un episodio particolare della sua carriera  forse segna una sorta di sparti acque. Le chiedo è vero il litigio con Giancarlo Giannini ai tempi di “ Terno secco”?
Ho litigato con lui perché vedeva in me sin dal 1985 un attore cinematografico. All’epoca lavoravo in teatro con la straordinaria Pupella Maggio. Per giare il film con Giannini partivo alle sei da Napoli però esigevo di tornare alle quattro e mezza di pomeriggio per fare le prove a teatro, perché nel teatro puoi assentarti  solo se sei morto. Ad un certo punto Giannini esasperato si arrabbiò e mi disse “ Mi hai rotto, vai a fare il teatro e farai la fame per tutta la vita,tu sei nato per il cinema, stronzo”. Poi quando ho vinto il David, Giannini era seduto vicino a me e mi disse: “ Stronzo, hai visto che avevo ragione”.
Prendendo come esempio i personaggi interpretati e soprattutto il personaggio di Peppino Profeta ne “ L’imbalsamatore”, viene da pensare che lei interpreta principalmente personaggi “cattivi”o che comunque hanno una personalità molto oscura e particolare. Come mai?
Io amo i personaggi  lontani dalla mia realtà, perché così posso divertirmi a crearli. Pensa che io inizialmente avevo rifiutato la proposta di Garrone, perché Peppino Profeta in un certo senso spoetizzava il mio recitare. Poi ho capito che la bravura dell’attore sta proprio in questo, scavare in se stessi e contemporaneamente nel personaggio. Cerco di mettere sempre un po’ di cuore in questi personaggi :come per l’oscurità del  portiere del film di Zampaglione, così per Peppino Profeta che alla fine conquista le simpatie del pubblico. Pensa che questo film ha vinto in Belgio un festival del cinema d’amore, perché quello di Peppino è un amore puro.
Lei è considerato un grande maestro, sia di teatro che di cinema e televisione, ma non ha mai frequentato accademie, si è formato per strada . Quale riflessione si può fare sulle accademie e quando ci si può considerare attori?
  Sono abbastanza contrario alle scuole di teatro, perché vedi , io considero queste scuole come delle banche. Se tu porti un capitale , loro riescono a farlo fruttare  e ti fanno diventare ricco d’arte. Se però tu porti un capitale zero, non si possono fare miracoli. Se ci sono banche o  scuole che promettono questo sono degli imbroglioni.. Devi sapere che la malattia la conosce solo l’ammalato. Il medico può chiedere e darti una cura, ma i sintomi, il sentirsi una patologia lo sa solo l’ammalato. L’attore deve sentire una vocazione, fare l’attore è una missione e ti confesso una cosa, se io avessi avuto un solo dissenso nel mio recitare, io avrei lasciato il giorno dopo.
Concludiamo. Per lei cos’è la Bellezza?
Si potrebbe rispondere con na banalità, ma non lo è. Non è un qualcosa che deve essere riconi scuto dalle masse, ma dall’uomo in quanto singolo, in quanto animo singolo.

venerdì 28 ottobre 2011

Sergio Rubini "a cuore aperto"

da " Il quotidiano della Basilicata"

Sergio Rubini "a cuore aperto"

di Francesco Altavista

  


Matera – Tutti pronti ai nastri di partenza per la stagione teatrale 2011-2012 a Matera che renderà la città dei sassi un rifugio di lusso per il teatro che conta. Al teatro Duni  si comincia sabato alle 21:00 con uno spettacolo davvero imperdibile, il ritorno a teatro di Sergio Rubini con la pièce da lui scritta ed interpretata, “ A cuore aperto- voci del novecento da Neruda a Sanguineti”, nella sezione della rassegna “ teatro e musica”. Ad accompagnare questa speciale lettura di opere dello scorso secolo, oltre ai racconti di Rubini, i suoni del  contrabbasso, del pianoforte  e della  batteria con i maestri Michele Fazio, Emanuele Smimmo e Marco Loddo che rendono tutto indimenticabilmente emozionante. In anteprima Sergio Rubini si concede per un’intervista per “ Il quotidiano della Basilicata” sacrificando alcuni minuti  prima di cena dopo una giornata piena di impegni passata anche sul set del nuovo film di Susanna Nicchiarelli.   
Maestro Rubini, perché il suo ritorno a teatro  è “ A cuore aperto” ?
Non è la bizzarria di un cardiochirurgo impazzito. Un po’ ho voluto citare l’emozione con cui  lavorano i poeti. E poi perché la recitazione  della lettura a voce alta è una mia passione da sempre che ho coltivato come se si  trattasse di una cosa che non facesse parte del mio mestiere di attore. Un po’ come un hobby , ho sempre letto a voce alta per me stesso approfondendo poeti e scrittori. Da qualche anno volendo tornare sul palcoscenico ma non avendo voglia di fare uno spettacolo con  trucchi e parrucche, ho messo in scena questa mia intima pratica della lettura a voce alta, ecco: “a cuore aperto”, perché autenticamente mia.
Neruda, Eduardo De filippo, Shakespeare, Prévert,Leopardi, Sanguineti sono alcuni degli autori delle opere che lei leggerà. Come lei mette insieme storie dissimili, concepite in modo disparato, in un epoca diversa?
Io direi che ciò che unisce queste opere d’arte è il mestiere dell’attore. E’ una serata nella quale  faccio tante cose abbastanza diverse. Leggo queste opere  in diversi momenti della serata, è non sono unite  da un approfondimento di tipo storiografico o filologico, ma uniti dall’idea della poliedricità del mestiere dell’attore.
Una poesia è già opera d’arte a sé, quando la poesia o un racconto diventa teatro?
Il passaggio sta sempre nella capacità dell’attore e dell’autore di uscire in teatro a far diventare simbolo ciò che si compie. Riuscire a conferire ad un gesto ed una azione la caratteristica di happening, ciò che avviene in quel momento  e di assolutamente irripetibile. In quel momento stesso nasce secondo me il teatro.
 Questo spettacolo rappresenta un po’ come ha detto lei  le sue passioni, un po’ come il protagonista del suo ultimo film “L’uomo nero”….
In quel film  racconto che ci sono delle persone della strada, cosiddetti uomini grigi che coltivano una passione e che con quella passione si elevano dalla loro condizione e che spesso ci sono degli altri uomini che sono pronti a tappare le ali. I sogni di quel ferroviere si infrangevano contro un mondo fatto di meschinità, di incapacità di sognare. Quel ferroviere fa un quadro e lo fa bene e quei critici non se ne accorgono perché animati da pregiudizi, danno più valore ad altro, all’apparenza. Non sanno approfondire. Il mio problema era di raccontare una cosa vera e reale,  la sua voglia di affrancarsi dalla condizione osteggiata da un sud retrivo, bigotto e povero di sentimenti. 
Riferendosi allo spettacolo “ A cuore aperto”, ha detto una frase, “ se in Francia ti dicono che sei un poeta è un complimento, se in Italia ti dicono che sei artista è un’offesa”, perché succede questo?
E’ vero  in Francia il più grande complimento che ti possano fare è “ sei un poeta”. Vuol dire sei un visionario. Da noi  dire : “ sei un artista” vuol dire che sei uno che campa alla giornata, magari un po’truffaldino oppure che sei un povero sognatore. E’ la nostra italianità, non è solo un problema culturale ma anche politico, infatti ha un riverbero e anche l’origine nel mondo della politica. Noi dovremmo vivere in Italia sul divulgare la nostra storia, invece quella che viviamo  è sotto cultura.
Lei è un attore che non ha mai rinnegato il sud e il suo dialetto, ma come ha fatto ad abbattere il cliché caricaturale innescato per esempio da Lino Banfi nel cinema?
La Puglia era un pezzo del sud che coincideva, a differenza per esempio della Sicilia e le sue tante storie, con la maschera di Banfi, una faccia comica grottesca molto particolare che non abbracciava tutta la complessità del sud e della Puglia. All’inizio quando abbiamo fatto con Procacci , “ La Stazione”, in qualche modo non sapevamo come sarebbe stato preso questo pugliese non comico ma con i suoi suoni. La cosa poi ha funzionato per quanto mi riguarda e la Puglia è riuscita a costruire una potente credibilità culturale ma anche un modello economico, quest’anno ha avuto  un picco nel turismo. E’ avvenuta una certa sinergia tra gente e istituzioni, queste ultime hanno avuto la capacità di credere nel cinema. L’Apulia film Commission è una di quelle organizzazioni che funziona di più in Italia, tanti anni fa certamente era diverso.   
Staccare la caricatura, la farsa dal dialetto è  un po’ come ha fatto Eduardo nel teatro?
Io mi sono formato con dei film che mettevano in scena protagonisti della strada con eventi della strada. Più visi normali, come se i caratteristi di una volta avessero preso il posto di protagonisti. Con le persone con cui lavoravo all’inizio capimmo che era la stessa lezione di Eduardo e del neorealismo ma che in Italia in qualche modo si era interrotta. Nel teatro il realismo si era fermato alle sue grandi commedie.  Con questi amici abbiamo riflettuto ed abbiamo deciso di mettere insieme le due lezioni e di coniugarle nella regione da cui venivamo e la cosa ha funzionato.
Lei è legato sin dall’infanzia alla Basilicata ed aprirà la stagione teatrale a Matera, che consiglio si può dare ad una regione ancora senza film commission?
Ho un rapporto fantastico  con la Basilicata. Per mio nonno e mio padre che hanno lavorato  in questa regione, trascorrevo lunghi periodi nella terra lucana, amo i suoi territori e la sua gente. Il consiglio che voglio dare è quello di studiarsi come mai la film commission ha funzionato dove ha raggiunto i suoi obiettivi  e come non ha funzionato invece dove ha fallito. Poi tutto questo non va abdicato meccanicamente , ogni territorio ha la sua peculiarità, tutto questo va adattato, ci vogliono le persone giuste e capaci in sinergia istituzionale.
Lei ha frequentato per due anni la più prestigiosa  accademia di teatro d’Italia che raccoglie ogni anno nelle selezioni iniziali migliaia di aspiranti attori,  la “ Silvio D’amico”. Perché poi ha lasciato?
L'ho abbandonata perché vivevo sulle spalle dei miei genitori ed ebbi subito una scrittura , del mio primo spettacolo estivo a cui se ne unì una invernale mi posi la questione se finire la scuola o cominciare a lavorare.  Pensai  considerando il fattore economico, che vivevo sulle spalle dei miei genitori decisi che poteva andar bene andare a lavorare
Cosa è la Bellezza?
 La Bellezza è la metà. In un mondo in oscurità è la stella polare.