Battito Stabile per i Babalù
di Francesco Altavista
Potenza – “
Svegliatev’ ca è tard’ guagliù, è arrivat’ Babalù ( Svegliatevi che è tardi
ragazzi, è arrivato Babalù)”; così
comincia il primo album della band potentina Babalù dal titolo “ Battito Stabile”, prodotto da
Nello Giudice per l’etichetta “ Officina Recording studio” di Potenza, in uscita
in tutt’Italia il 31 ottobre prossimo, distribuito da Egea; la presentazione
ufficiale a Roma il prossimo 17 novembre e poi nei maggior megastore della
penisola. In effetti ascoltare questo disco è come svegliarsi da un letargo
profondo. Dopo il primo ascolto, sarà per le contaminazioni dialettali del
“napotentino”, sarà per il mastering effettuato allo Sterling studio di New
York da Greg Calbi in persona ma subito viene da dire: “ finalmente qualcosa di
nuovo nella terra della minestra
riscaldata”. Eppure questo lavoro che
mette insieme diversi ritmi dalla musica israeliana, alla reggae, all’Hip Hop fino al popolare, risulta legato alla terra
lucana e al sud in modo profondo tanto da scende in un pozzo multietnico che diventa una porta
nel cielo del mondo, restando legato, per paura di cadere, con una corda spessa
alle proprie tradizioni. “ Battito stabile “ è un album apparentemente facile
da ascoltare ma che nasconde molte insidie intellettuali da capire e scoprire: dietro ogni pezzo c’è
una storia. I Babalù scrivono con consapevolezza del mondo, guardano negli
angoli bui, quelli che i primi della classe con capiscono e non vedono. Il senso di questo lavoro discografico si
mostra subito per quello che è , non si nasconde, non si mostra saccente e non
vuole dare lezioni, pur strattonando le idee perbeniste della differenza,
partendo da una logica più meticcia. I testi e le musiche scritte dai due
frontman Gianluca Sanza e Mariano Caiano, polistrumentista il primo( chitarra
battente, chitarra acustica, mandola e Basso) e percussionista il secondo, hanno il sapore del nuovo mentre si lega alle anime come qualcosa da sempre
conosciuto che poi nel bel mezzo di una storia di vita si perde di vista e non si ritrova più. La
pubblicazione di questo album arriva
dopo circa tre anni di lavoro, poi l’anno scorso la vittoria con “Mio fratello
è Pakistano” del premio miglior testo al prestigiosissimo festival
“Musicultura” a Macerata, un pezzo piaciuto tantissimo in particolar modo al
presentatore della serata finale Fabrizio Frizzi che a quanto sembra ha
manifestato la sua volontà di mettere il pezzo anche come suoneria al suo
cellulare personale. “Mio fratello è Pakistano” arriva solo alla seconda
traccia nell’album preceduto dal pezzo
che introduce il pensiero del gruppo e che porta il nome della band “ Babalù”
nel quale fa la sua incursione il primo ospite con il suo dialetto bernaldese ,
Big Simone dei “Krikka reggae “. La
terra rossa d’Africa è il tema principale della grafica curata da Mimmo Greco
anche regista del video di “ Mio fratello è Pakistano”, ma è solo la copertina
del disco, un tessuto suggestivo pieno di trame nel quale dire tanto altro. Le tre voci dei cantanti Sanza , Caiano e la
voce femminile di Viviana Fatigante, i
suoni di Luca De Laurentiis alla chitarra elettrica , Antonello Ruggiero alla
batteria e Paola Calbi ai tamburelli sono incredibilmente intrappolati l’uno nell’altro ed insieme esprimono un’energia pura e vera sin dal primo pezzo. “
I Babalù sono capaci di fondere cura e competenza, ai suoni delle radici”
scrive il grande Renzo Arbore nella piccola prefazione al disco. Al terzo brano
arriva l’unico pezzo più strettamente popolare, dove le esperienze con “I Tarantolati
di Tricarico “ di Sanza e Fatigante
prendono il sopravvento. Ma il pezzo non parla retoricamente,si riflette
su carcere e libertà, un pezzo di un’eleganza peculiare
pur rispettando i rudi suoni del sud con i tamburelli di Paola Calbi. Poi
arrivano i suoni di “ Munn” unico pezzo
non scritto dai Babalù ma dal regista
Rocco Messina che porta l’ascoltatore nella realtà più becera sfidandolo al cambiamento con un
ritornello che prende subito spazio con” Vogli ,nu munn fatt p’è criatur”. Al
quinto pezzo arriva “ La strega” pezzo suggestivo di danza e
magia, ispirato come spiega
Gianluca Sanza a Maria Anna Nolè danzatrice popolare del
gruppo “ Iatrida”e corista in alcuni pezzi dell’album . Arriva poi “ Piglia
Tiempo” , “ L’Africa Dentro” e “ Malaluna” che richiamano ancora alla
riflessione sull’Africa, sui derelitti, barboni
confinati nell’oscurità e al
bisogno di fermarsi e pensare nell’alienazione della modernità . “ La serpe
“ precede la Title Track, “Battito
Stabile” nata da una costola di “ Mare e sole” .Quest’ultima è cantata insieme
Shaone del gruppo hip hop napoletano “ La Famiglia”. Alla fine il disco regala
una versione dub di “ Piglia tiempo”,
come bonus track. "Un disco da ascoltare se non altro per curiosità “ ci spiega
Sanza.Naturalmente questo lavoro è da ascoltare per tanti altri motivi ma il
desiderio di conoscere un qualcosa di nuovo nato nella terra della polvere deve
per forza interessare anche i critici più austeri e gli ascoltatori più
superficiali.